I Galati di San Paolo, la Galazia e la sua capitale Ancira (l'odierna Ankara), di Armando Rolla

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /06 /2010 - 12:49 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal volume Sulle orme di Paolo, IV, pp. 76-81, allegato alla rivista “Jesus”2009, un articolo di Armando Rolla, apparso con il titolo originario “Galazia, antico regno dei celti. Paolo e i Galati”. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti su San Paolo ed i Galati e la questione dell'identificazione della Galazia con le due teorie nord-galatica e sud-galatica, vedi la meditazione tenuta ad Ankara da Andrea Lonardo Ankara e la regione della Galazia: la lettera ai Galati.

Il Centro culturale Gli scritti (5/6/2010)

Paolo visita due volte i Galati e scrive loro la famosissima lettera, ricca anche di particolari autobiografici. C'è da domandarsi chi sono i destinatari della lettera e qual è la loro storia come popolo.

I Galati sono Celti: appartengono cioè a un'antica popolazione indoeuropea che dapprima si stanziò nell'Europa occidentale e di qui prese a influire di continuo nelle regioni vicine, specialmente in Italia ma non solo in Italia. Gli storici antichi, primo fra tutti Polibio (II secolo a.C.), li chiamarono anche Galati e, più tardivamente, Galli. Cosicché quei soldati e predoni che, al comando del leggendario Brenno, s'impadronirono di Roma nel 390 a.C., erano antenati di coloro che Paolo fece cristiani in Asia Minore. Lo storico Diodoro Siculo (I secolo a.C.) descrive gli antichi Celti come uomini di aspetto imponente e di terribile grinta con le chiome bionde e irsute, spesso con baffoni spioventi, che indossano 'brache" e mantelli a vivaci colori e in battaglia portano elmi di bronzo muniti di corna, proteggendosi poi con corazze fatte di catene intrecciate. Ma non tutti: altri Celti, dice ancora Diodoro, combattono assolutamente nudi.

Già nel IV secolo a.C., tribù celtiche erano arrivate fino alla Grecia attraverso l'Illiria (attuale Croazia e Bosnia Erzegovina). Verso il 279 a.C., poi, attraversarono l'Ellesponto, cioè lo stretto dei Dardanelli, penetrando nell'Asia Minore a caccia di bottino. Combattenti sempre temibili e anche accorti politici, riuscirono a raggiungere l'interno della vasta regione ora alleandosi con i principi locali (sempre divisi tra loro), ora sconfiggendoli in battaglia. Sembravano destinati a impadronirsi di tutta l'Asia Minore, ma trovarono poi un duro avversario in Attalo I re di Pergamo (241-197 a.C.), il quale riuscì a batterli e poi a confinarli in un preciso territorio, cioè in quella parte della Frigia che dal loro nome si chiamò poi Galazia. Cioè la cosiddetta regione galatica, molto meno ampia dell'omonima provincia romana, che è chiamata in causa nel dibattito sui destinatari della Lettera di Paolo ai Galati.

Questa regione era situata tra la Cappadocia e il Ponto a oriente, la Paflagonia e la Bitinia a nord, la Licaonia a sud e la Frigia a sud e a ovest. Essa venne ripartita tra le tre tribù che costituivano la popolazione galatica in Asia Minore: i Trocmi a nord-est con capitale Tavio; i Tolistobogi a ovest con capitale Pessinunte, e i Tectosagi collocati tra le altre due tribù, con capitale Ancira.

Pressappoco nella stessa epoca si può ricordare che i gruppi di Celti insediati in Italia parteciparono in varia maniera alla spedizione del cartaginese Annibale contro Roma: gli Insubri e i Boi si allearono con lui, anche se non sempre gli furono realmente utili, mentre i Taurini gli si opposero e ne furono duramente sconfitti.

Verso l'anno 189 a.C. i Galati si allearono con il re di Siria Antioco III il Grande, contro il re di Pergamo e i Romani, ma vennero con lui sconfitti da questi ultimi, che erano comandati da Lucio Cornelio Scipione detto l’Asiatico (fratello di Scipione l'Africano). Nonostante la disfatta, però, non perdettero l'indipendenza politica.

Nel I secolo a.C., poi, troviamo i Galati alleati di Roma. Pompeo il Grande sta combattendo la dura guerra contro Mitridate re del Ponto e riceve l'aiuto di Deiotaro, un principe dei Galati, al quale, dopo la vittoria, assegnerà nuovi territori e il titolo di re. Sovrano della Galazia, dell' Armenia Minore e di una parte del Ponto, Deiotaro si schierò poi al fianco di Pompeo contro Cesare durante la guerra civile, per passare più tardi dalla parte di Cesare. Questo mutamento non gli evitò una denuncia per cospirazione contro il nuovo padrone di Roma, ma assunse le sue difese Cicerone, con la famosa orazione Pro rege Deiotaro, e lo fece assolvere.

Dopo la morte di Deiotaro, nell'anno 40 a.C., la Galazia (senza l'Armenia Minore e una parte del Ponto) fu donata dal triumviro Marco Antonio a un altro principe dei Galati, Castore, passando poi sotto il dominio di Aminta (36 a.c.), ex cancelliere di Deiotaro, che già fin dal 39 era re della Pisidia. In quel occasione, oltre alla regione della Galazia, Aminta ottenne pure la Licaonia e una parte della Panfilia, a cui si aggiunsero in seguito una parte della Frigia con la città di Antiochia di Pisidia, l'Isauria e la Cilicia Trachea.

Un vasto regno, dunque, che rimase nelle mani di Aminta anche dopo la sconfitta di Marco Antonio: il vincitore - Giulio Cesare Ottaviano, futuro Augusto - gli confermò infatti la sovranità nell'anno 31. Ma sei anni dopo, venuto a morte re Aminta, tutto il territorio venne trasformato nella provincia romana della Galazia: ed ecco spiegato perché la provincia con quel nome includeva molte altre regioni oltre alla Galazia propriamente detta.

Il governatore romano di questo territorio risiedeva nella città di Ancira, che corrisponde all'attuale Ankara, la capitale della repubblica turca. Situata a 848 metri sul livello del mare su un colle scosceso di natura vulcanica, essa conserva i resti dell'Augusteum, che era un tempio innalzato dai principi galati in onore di Augusto. Sulle pareti di questo magnifico tempio, è incisa in greco e in latino l'unica copia quasi completa del cosiddetto "testamento di Augusto" (N.d.R. più noto come Res gestae Divi Augusti); cioè la relazione dell'imperatore sulla propria opera, che alla morte di lui fu letta in senato dal suo successore Tiberio: un importantissimo documento, noto agli studiosi come Monumentum Ancyranum.

Il nome della città, Ancira, era collegato con la parola greca "àncora" e ad una leggenda secondo cui il re Mida, immaginato fondatore della città, avrebbe trovato nel suo territorio appunto un'àncora. Lo storico Pausania riferisce che anche ai suoi tempi (metà del II secolo d.C.) nel tempio di Giove ad Ancira si mostrava ai visitatori un' àncora "trovata dal re Mida".

Della storia più antica della città non sappiamo nulla. Tuttavia è certo che essa fu occupata dalla tribù celtica dei Tectosagi, i quali ne fecero la loro capitale. Soltanto in epoca romana, però, essa raggiunse notorietà e floridezza. Le iscrizioni greche giunte fino a noi la definiscono "metropoli della Galazia". Ci informano pure che ad Ancira, anche dopo l'instaurazione del dominio romano, continuava a riunirsi la "dieta dei Galati". Ma probabilmente essa era solo un'istituzione dell'antica regione dei Galati strettamente intesa, e non dell'intera provincia romana.

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