Omaggio a sant’Agostino amante della verità. Lettura di testi agostiniani proposta da Giuseppe Bolis

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 13 /06 /2010 - 15:11 pm | Permalink | Homepage
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Presentiamo on-line l'Omaggio a sant'Agostino amante della verità proposto da d. Giuseppe Bolis e da un gruppo di giovani universitari della Cattolica di Milano presso la basilica dei SS. Quattro Coronati in Roma, l'8 maggio 2010, in occasione della Mostra “Sant'Agostino. Si conosce solo ciò che si ama”, in collaborazione con l'Ufficio catechistico della diocesi di Roma. Le foto dell'Arca di Sant'Agostino della basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro, proiettate nel corso dell'Omaggio, sono on-line al link Arca di Sant'Agostino della basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro. Altri testi su Sant'Agostino sono disponibili su questo sito al link Maestri dello Spirito.

Il Centro culturale Gli scritti (12/6/2010)

Introduzione di d. Giuseppe Bolis

Quello che stiamo per iniziare vuole essere un omaggio ad Agostino uomo amante della Verità: perché attraverso la sua umanità quella di tutti noi viene riverberata; e perché la sua testimonianza di Cristo - Verità della vita - ci raggiunge e ci travolge, ancora oggi, come acqua fresca per la nostra sete di significato.

Anche dopo 1600 anni le sue parole e il suo cuore sono vivi. Oggi attraverso il nostro cuore e le nostre parole. Infatti questa lettura di testi agostiniani è proposta non da attori professionisti né da cultori accademici di studi agostiniani ma da uomini e donne, per lo più giovani, che si sono imbattuti nella grande domanda della Verità della vita e che hanno incontrato l’esperienza di Agostino sentendola consona a sé. Tanto da proporla a tutti come momento di incontro.

Alla sua morte Agostino, come ci ricorda il suo primo biografo Possidio, “lasciò alla chiesa un clero più che sufficiente e monasteri maschili e femminili pieni di asceti coi loro superiori, insieme con le loro biblioteche fornite di libri e prediche sue e di altri santi, da cui si conosce quale fu per dono di Dio la sua grandezza nella Chiesa, e in cui i fedeli lo ritrovano sempre vivo […] Infatti i suoi scritti rivelano, come si può constatare alla luce della verità, che egli fu un vescovo gradito e caro a Dio, vissuto correttamente e integramente nella fede, nella speranza e nella carità della Chiesa Cattolica: lo riconoscono tutti quanti traggono profitto dalla lettura dei suoi scritti religiosi. Ma, io penso, ottennero maggior profitto coloro che poterono anche vederlo presente nella chiesa e l’udirono parlare, e soprattutto chi conobbe il suo modo di vita tra gli uomini”1.

“Anche per noi sarebbe stato bello poterlo sentire vivo” ha detto Papa Benedetto XVI presentando la figura di Agostino in una sua catechesi. “Ma egli è realmente vivo nei suoi scritti, è presente in noi” ha concluso. Ecco: questa è stata ed è l’esperienza di coloro che questa sera vi presentano questa lettura di testi agostiniani che è nata idealmente nei chiostri dell’Università Cattolica di Milano ed è poi approdata nella Fiera di Rimini nel Meeting per l’amicizia dei popoli. Davanti ai testi di Agostino la sua testimonianza e la sua presenza riprendono vigore e concretezza attraverso le nostre vite e le nostre voci che nel tempo sono cresciute con lui e alla sua compagnia amicale. Gli scritti di Agostino infatti non videro la luce per essere studiati bensì furono dettati o predicati per essere ascoltati o letti ad alta voce. Ovvero per essere vivi e vissuti. Quest’oggi attraverso le nostre vite e le nostre voci.

Per questo questo gesto vuole essere innanzitutto un omaggio: un gesto di gratitudine. In questo modo, crediamo, anche l’ardore del cuore e della ragione di Agostino rivivono perché anche noi – dopo diversi secoli – possiamo goderne e fare esperienza di quell’attrattiva amorosa che ha appassionato e reso unico Agostino. Unico perché amante dell’Unico che compie la vita!

1/ Il grido dell’umano

(Guida) La passione per la verità in Agostino all’inizio non fu per nulla tematizzata. Ma espressa - come una voce inarticolata - attraverso i più svariati modi: dall’amore per i piaceri carnali alla passione per il teatro – finzione della vita reale - fino al gusto per lo studio e la carriera al fine di affermare se stesso e la propria vanità… Il ricordo di quegli anni traspare nella memoria dell’adulto convertito come un rimpianto amaro ma nello stesso tempo come un grido – già allora indirizzato verso la verità di sé e della realtà… una verità però ancora sconosciuta…

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(Lettore) Voglio ricordare il mio sudicio passato e le devastazioni della carne nella mia anima non perché le ami, ma per amare te, Dio mio. Per amore del tuo amore m’induco a tanto, a ripercorrere le vie dei miei gravi delitti. Vorrei sentire nell’amarezza del mio ripensamento la tua dolcezza, o dolcezza non fallace, dolcezza felice e sicura, che mi ricomponi dopo il dissipamento ove mi lacerai a brano a brano. Separandomi da te, dall’unità, svanii nel molteplice quando, durante l’adolescenza, fui riarso dalla brama di saziarmi delle cose più basse e non ebbi ritegno a imbestialirmi in diversi e tenebrosi amori. La mia bella forma si deturpò e divenni putrido marciume ai tuoi occhi, mentre piacevo a me stesso e desideravo piacere agli occhi degli uomini.

(Lettore) Che altro mi dilettava allora, se non amare e sentirmi amato? Ma non mi tenevo nei limiti della devozione di anima ad anima, fino al confine luminoso dell’amicizia. Esalavo invece dalla paludosa concupiscenza della carne e dalle polle della pubertà un vapore, che obnubilava e offuscava il mio cuore. Non si distingueva più l'azzurro dell'affetto dalla foschia della libidine. L’uno e l’altra ribollivano confusamente nel mio intimo e la fragile età era trascinata fra i dirupi delle passioni, sprofondata nel gorgo dei vizi. La tua collera si era aggravata su di me senza che me ne avvedessi. Assordato dallo stridore della catena della mia mortalità, con cui era punita la superbia della mia anima, procedevo sempre più lontano da te, ove mi lasciavi andare, e mi agitavo, mi sperdevo, mi spandevo, smaniavo tra le mie fornicazioni; e tu tacevi. O mia gioia tardiva, tacevi allora, mentre procedevo ancora più lontano da te moltiplicando gli sterili semi delle sofferenze, altero della mia abiezione e insoddisfatto della mia spossatezza2.

(Lettore) A 17 anni giunsi a Cartagine, e dovunque intorno a me rombava la voragine degli amori peccaminosi. Non amavo ancora, ma amavo di amare e con più profonda miseria mi odiavo perché non ero abbastanza misero. (…) Amare ed essere amato mi riusciva più dolce se anche del corpo della persona amata potevo godere. Così inquinavo la polla dell’amicizia con le immondizie della concupiscenza, ne offuscavo il chiarore con il Tartaro della libidine. Sgraziato, volgare, smaniavo tuttavia, nella mia straripante vanità, di essere elegante e raffinato. Quindi mi gettai nelle reti dell'amore, bramoso di esservi preso. Dio mio, misericordia mia, nella tua infinita bontà di quanto fiele non ne aspergesti la dolcezza! Fui amato, raggiunsi di soppiatto il nodo del piacere e mi avvinsi giocondamente con i suoi dolorosi legami, ma per subire i colpi dei flagelli arroventati della gelosia, dei sospetti, dei timori, dei furori, dei litigi.

(Lettore) Mi attiravano gli spettacoli teatrali, colmi di raffigurazioni delle mie miserie e di esche del mio fuoco. Come avviene che a teatro l’uomo cerca la sofferenza contemplando vicende luttuose e tragiche? e che, se pure non vorrebbe per conto suo patirle, quale spettatore cerca di patirne tutto il dolore, e proprio il dolore costituisce il suo piacere? Strana follia, non altro, è questa. (…) Ma infine, dov’è la misericordia nella finzione delle scene? Là non si è sollecitati a soccorrere, ma soltanto eccitati a soffrire, e si apprezza tanto più l’attore di quelle figurazioni, quanto più si soffre, e se la rappresentazione di sventure remote nel tempo oppure immaginarie non lo fa soffrire, lo spettatore si allontana disgustato e imprecando; se invece soffre, rimane attento e godendo piange.

Io allora, misero, amavo soffrire e cercavo occasioni di sofferenza. Nelle afflizioni altrui, e sia pure le afflizioni fittizie di un mimo, il gesto del commediante mi piaceva e attraeva tanto più violentemente, quante più lacrime mi strappava. (…) Ma quella vita era vita, Dio mio?3.

2/ La scoperta e l’ardore

(Guida) Questo adolescente appassionato alla vita, pur disordinata, improvvisamente vive l’incontro che cambierà la sua esistenza. E lo fa dentro le circostanze normali; non in una modalità eclatante. E’ lui stesso a raccontarlo descrivendo il veemente e vibrante cambiamento in lui accaduto, in un crescendo appassionato. Agostino usa termini che non lasciano alcun dubbio sulla natura dell’esperienza vissuta dal giovane: termini che descrivono un’esperienza diretta e personale – per nulla intellettuale – della Verità. Una Verità che da quel momento diverrà contenuto e metodo dell’uomo Agostino e del suo cuore ardente.

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(Lettore) Nella scuola studiavo i testi di eloquenza. Qui bramavo distinguermi, per uno scopo deplorevole e frivolo quale quello di soddisfare la vanità umana; e fu appunto il corso normale degli studi che mi condusse al libro di un tal Cicerone, ammirato dai più per la lingua, non altrettanto per il cuore. Quel suo libro contiene un incitamento alla filosofia e s'intitola Ortensio. Quel libro, devo ammetterlo, mutò il mio modo di sentire, mutò le preghiere stesse che rivolgevo a te, Signore, suscitò in me nuove aspirazioni e nuovi desideri, svilì d'un tratto ai miei occhi ogni vana speranza e mi fece bramare la sapienza immortale con incredibile ardore di cuore. Così cominciavo ad alzarmi per tornare a te. Non usavo più quel libro per affilarmi la lingua, per il frutto cioè che apparentemente ottenevo con il denaro di mia madre: avevo allora diciotto anni e mio padre era morto da due; non per affilarmi la lingua dunque usavo quel libro, che mi aveva del resto conquistato non per il modo di esporre, ma per ciò che esponeva.

(Lettore) Come ardevo, Dio mio, come ardevo di rivolare dalle cose terrene a te, pur ignorando cosa tu volessi fare di me. La sapienza sta presso di te, ma amore di sapienza ha un nome greco, filosofia. Del suo fuoco mi accendevo in quella lettura. (…) Le sue parole mi stimolavano, mi accendevano, m'infiammavano ad amare, a cercare, a seguire, a raggiungere, ad abbracciare vigorosamente non già l'una o l'altra setta filosofica, ma la sapienza in sé e per sé là dov'era. Così una sola circostanza mi mortificava, entro un incendio tanto grande: l'assenza fra quelle pagine del nome di Cristo. Quel nome per tua misericordia, Signore, quel nome del salvatore mio, del Figlio tuo, nel latte stesso della madre, tenero ancora il mio cuore aveva devotamente succhiato e conservava nel suo profondo. Così qualsiasi opera ne mancasse, fosse pure dotta e forbita e veritiera, non poteva conquistarmi totalmente4.

3/ Il cammino e la ricerca: i tentativi vani

(Guida) Nulla sconcerta un giovane più che la delusione per un’attesa disillusa. Così fu il sentimento di Agostino che, appassionato ardentemente dalla lettura dell’Ortensius, si rivolge alla tradizione cristiana che aveva ricevuto sin da bambino per ricercare la risposta alla propria sete di Verità. Una tradizione però da lui percepita e vissuta - a quel tempo - come lontana e astratta rispetto alle attese del proprio cuore. Una tradizione che gli proponeva di credere ad una Autorità prima di conoscere – con la ragione - la Verità. E’ per questo che tale “adolescente dall’animo bramoso del vero” – come lui stesso si definisce – comincia a cercare altrove la risposta alle proprie attese. E nella sua ricerca vaga passando attraverso le maglie illusorie di promesse facili e prospettive vane. Al punto da mettere in dubbio l’esistenza stessa della Verità e la possibilità per l’uomo di conoscerla. Fino al limitare della soglia intravista, ma non percorsa, della Verità stessa… attraverso i libri di alcuni filosofi…

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(Lettore) Nel nostro cammino noi siamo capitati fra i manichei, unicamente perché promettevano che, messa da parte l’autorità che incute timore, con la pura e semplice ragione avrebbero condotto a Dio e liberato da ogni errore coloro che volessero ascoltarli. Che altro infatti, una volta rifiutata la religione che mi era stata instillata dai miei genitori fin dall'infanzia, mi avrebbe spinto a seguire ed ascoltare diligentemente quegli uomini per quasi nove anni, all'infuori del fatto che dicevano che siamo dominati dalla paura della superstizione e che la fede ci viene imposta prima della ragione, mentre essi non spingono nessuno a credere se la verità non è stata prima discussa e chiarita? Chi non sarebbe allettato da queste promesse, soprattutto essendo un adolescente dall’animo bramoso del vero e reso altresì superbo e loquace dalle discussioni sostenute a scuola con alcuni uomini dotti? Tale allora essi mi trovarono: naturalmente, pieno di disprezzo per quelle che mi parevano favole da vecchierelle e desideroso di possedere, per attingervi, la verità palese e integra da essi promessa. D'altro canto, quale fondato motivo mi tratteneva dall’attaccarmi interamente a loro?5.

(Lettore) (…) Erano uomini orgogliosi e farneticanti, carnali e ciarlieri all’eccesso. Nella loro bocca si celavano i lacci del diavolo e un vischio confezionato mescolando le sillabe del tuo nome con quelle del Signore Gesù Cristo e dello Spirito Santo nostro consolatore. Questi nomi erano sempre sulle loro labbra, ma soltanto come suoni e strepito della lingua; per il resto il loro cuore era vuoto di verità. Ripetevano: verità, verità, e ne facevano un gran parlare con me, eppure mai la possedevano, e dicevano il falso (…) O Verità, Verità, come già allora e dalle intime fibre del mio cuore sospiravo verso di te, mentre quella gente mi stordiva spesso e in vario modo con il solo suono del tuo nome e la moltitudine dei suoi pesanti volumi. Nei vassoi che si offriva alla mia fame di te, invece di te si presentavano il sole e la luna, creature tue, e belle, ma pur sempre creature tue, non te stessa (…) Ma io di te sola, di te, Verità non soggetta a trasformazione né ad ombra di mutamento, avevo fame e sete. Invece mi si presentavano ancora su quei vassoi delle ombre baluginanti. (…) io le ingoiavo, perché le credevo te, ma senza avidità, perché nella mia bocca non avevi il tuo reale sapore, non essendo davvero tu quelle insulse finzioni, e senza trarne un nutrimento, anzi un esaurimento sempre maggiore6 (…) Ma dopo avere esaminato attentamente tali uomini, li abbandonai soprattutto con la traversata del mare Mediterraneo; in quel periodo a lungo gli scettici tennero il mio timone fra i marosi in lotta con tutti i venti 7 (…) Essi affermano che la felicità può appartenere all’uomo per la sola ricerca della verità anche se non la può raggiungere8.

(Lettore) Nel santo Vangelo si legge ciò che afferma il Signore Gesù: Io sono la via, la verità e la vita. Ogni uomo desidera la verità e la vita, ma non ogni uomo trova la via. Anche alcuni filosofi secondo questo mondo hanno riconosciuto che Dio è una certa qual vita eterna, immutabile, intellegibile, intelligente, sapiente, datore agli uomini di sapienza. Senza dubbio riconobbero che la verità è fissa, irremovibile, immutabile, comprensiva di ogni ragione d'essere di tutte le cose create, ma a distanza; l'avvistarono, ma attenendosi a false credenze; e proprio per questo non trovarono la via per la quale giungere a quel così alto, inesprimibile e beatificante possesso. Infatti scoprirono anch'essi (per quanto può essere colto dagli uomini) il creatore attraverso la creatura, il fattore attraverso la fattura, il costruttore del mondo attraverso il mondo (…).

(Lettore) (…) Le sue perfezioni invisibili possono infatti essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute. Interroga il mondo, la magnificenza del cielo, lo splendore e l'armonia degli astri, il sole rispondente alle esigenze del giorno, la luna a moderare l'oscurità della notte; interroga la terra feconda di erbe e di alberi, piena di animali, ordinata per gli uomini; interroga il mare che contiene gran quantità e varietà di animali acquatici; interroga l'atmosfera, cui conferisce vivacità un gran numero di volatili; interroga tutte le cose e vedi se, a loro modo, non ti rispondono: Dio ci ha fatti.

(Lettore) Filosofi nobili hanno fatto di queste ricerche, e dall’opera compiuta hanno conosciuto l’Artefice 9 (…) Essi si impegnarono a cercare il Creatore attraverso le creature. (…) Avevano visto dove bisognava andare, ma, ingrati verso colui che aveva loro concesso questa visione, attribuirono a se stessi ciò che avevano visto; diventati superbi, si smarrirono, e si rivolsero agli idoli, ai simulacri, ai culti demoniaci, giungendo ad adorare la creatura e a disprezzare il Creatore. Giunsero a questo dopo che già erano caduti in basso. Fu l'orgoglio a farli cadere, quell'orgoglio che li aveva portati a ritenersi sapienti. Coloro di cui l'Apostolo dice che conobbero Dio, videro ciò che dice Giovanni, che cioè per mezzo del Verbo di Dio tutto è stato fatto. Infatti, anche nei libri dei filosofi si trovano cose analoghe, perfino che Dio ha un unico Figlio per mezzo del quale furono fatte tutte le cose. Essi riuscirono a vedere ciò che è, ma videro da lontano. Non vollero aggrapparsi all'umiltà di Cristo, cioè a quella nave che poteva condurli sicuri al porto intravisto.

(Lettore) La croce apparve ai loro occhi spregevole. Devi attraversare il mare e disprezzi la nave? Superba sapienza! Irridi al Cristo crocifisso, ed è lui che hai visto da lontano: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio. Ma perché è stato crocifisso? Perché ti era necessario il legno della sua umiltà. Infatti ti eri gonfiato di superbia, ed eri stato cacciato lontano dalla patria; la via era stata interrotta dai flutti di questo secolo, e non c'è altro modo di compiere la traversata e raggiungere la patria che nel lasciarti portare dal legno. Ingrato! Irridi a colui che è venuto per riportarti di là. Egli stesso si è fatto via, una via attraverso il mare.

(Lettore) E’ per questo che ha voluto camminare sul mare (cf. Mt 14,25), per mostrarti che la via è attraverso il mare. Ma tu, che non puoi camminare sul mare come lui, lasciati trasportare da questo vascello, lasciati portare dal legno: credi nel Crocifisso e potrai arrivare. E' per te che si è fatto crocifiggere, per insegnarti l'umiltà; e anche perché, se fosse venuto come Dio, non sarebbe stato riconosciuto. Se fosse venuto come Dio, infatti, non sarebbe venuto per quelli che erano incapaci di vedere Dio. Come Dio, non si può dire che è venuto né che se n’è andato, perché, come Dio, egli è presente ovunque, e non può essere contenuto in alcun luogo. Come è venuto, invece? Nella sua visibile umanità.

4/ la conversione: la verità nell’esperienza

(Guida) 10 anni, 10 lunghi anni… tanto è durata la ricerca appassionata della Verità mossa dalla lettura dell’Ortensius e nello stesso tempo la delusione costruitasi nel passare del tempo inesorabile… e nei tentativi umani vani…

Ad un certo punto la svolta decisiva e definitiva… cosa ha salvato Agostino? cosa lo ha liberato? cosa lo ha spalancato? cosa lo ha convertito? Non una illuminazione interiore, non una riflessione astratta, non un nuovo libro, non una idea… bensì l’osservazione sulla sua esperienza. Dentro un incontro umano e personale con uomini veri come s. Ambrogio e il prete Simpliciano.

Ad un certo punto si è fermato a guardare: innanzitutto a “guardare” la sua ragione in azione. Essa – al di là degli errori in cui può incorrere - è viva e vivace e “fatta” per conoscere la Verità. Se non l’ha ancora conosciuta non è perché non esiste bensì perché non l’ha ancora incontrata. E non ha ancora scoperto il metodo per conoscerla e farne esperienza.

E’ la sorpresa della fede!

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(Lettore) Non appena me ne andai dall’Africa al di là del mare, mi ritrovai indeciso ed esitante su che cosa dovessi tenere e che cosa abbandonare - indecisione che di giorno in giorno aumentava, da quando ho udito il Vescovo manicheo Fausto che, come tu sai, ci era stato promesso che sarebbe venuto quasi dal cielo a chiarirci tutto ciò che ci rendeva inquieti e nel quale invece, a parte una certa eloquenza, ho riconosciuto un uomo come tutti gli altri. Una volta stabilitomi in Italia, mi misi a riflettere dentro di me e ad esaminare seriamente non già se restare in quella setta nella quale mi pentivo di essere capitato, ma in quale modo si dovesse cercare il vero, per il cui amore i miei sospiri a nessuno meglio che a te, amico mio, sono noti. Spesso mi sembrava che fosse impossibile trovarlo e le grandi onde dei miei pensieri mi inducevano a favorire gli scettici. Spesso invece, vedendo, per quanto potevo, la mente umana così vivace, così sagace, così perspicace, ritenevo che la verità le rimaneva nascosta soltanto perché non conosceva il modo secondo cui cercarla e che questo stesso modo doveva riceverlo da qualche autorità divina. Restava da cercare quale mai fosse questa autorità, dal momento che, pur tra tanti dissensi, ciascuno prometteva di darla. Dinanzi a me, dunque, si apriva un'inestricabile selva in cui appunto mi dispiaceva molto di essermi cacciato; e la mia anima si agitava senza alcuna quiete in mezzo a queste cose, spinta dal desiderio di trovare il vero. Tuttavia, mi distaccavo sempre più da costoro che mi ero ormai proposto di abbandonare. In mezzo a tanti pericoli non mi restava altro che implorare l'aiuto della divina Provvidenza con parole accompagnate da lacrime e lamenti, e lo facevo assiduamente. Già alcune prediche del vescovo di Milano mi avevano indotto a desiderare, con qualche speranza, di fare ricerche su molte cose dello stesso Vecchio Testamento, nei confronti delle quali, come sai, avevamo forte avversione, essendoci state male presentate. Avevo deciso di restare catecumeno nella Chiesa a cui i miei genitori mi avevano affidato fino a che non avessi trovato ciò che desideravo oppure non mi fossi convinto che non andava cercato. Se ci fosse stato qualcuno capace di insegnarmi, allora mi avrebbe potuto trovare assai ben disposto e molto docile10.

(Lettore) (…) Sotto il lavorio della tua mano delicatissima e pazientissima, Signore, ora il mio cuore lentamente prendeva forma. Tu mi facesti considerare l'incalcolabile numero dei fatti a cui credevo senza vederli, senza assistere al loro svolgimento, quale la moltitudine degli eventi storici, delle notizie di luoghi e città mai visitate di persona, delle cose per cui necessariamente, se vogliamo agire comunque nella vita, diamo credito agli amici, ai medici, a persone di ogni genere; e infine come ero saldamente certo dell'identità dei miei genitori, benché nulla potessi saperne senza prestare fede a ciò che udivo11.

(Lettore) (…) Tu, chiunque tu sia, tu che non vuoi credere se non ciò che vedi, ecco, tu vedi con gli occhi del corpo i corpi presenti e vedi con l’animo, poiché sono nel tuo animo, le tue volontà e i tuoi pensieri del momento; ora dimmi, ti prego, la buona disposizione del tuo amico verso di te con quali occhi la vedi? Nessuna disposizione, infatti, si può vedere con gli occhi del corpo. O vedi forse con il tuo animo anche ciò che avviene nell’animo altrui? Ma se non lo vedi, come ricambi a tua volta la benevolenza dell’amico, dal momento che non credi ciò che non sei in grado di vedere? O, per caso, stai per dire che vedi la disposizione altrui dalle sue opere? Dunque, vedrai i fatti e sentirai le parole, ma, circa la disposizione dell’amico, tu sarai costretto a credere ciò che non si può né vedere né sentire.

(Lettore) (…) Se questa fede fosse eliminata dalle vicende umane, chi non si avvede di quanto scompiglio si determinerebbe in esse e di quale orrenda confusione ne seguirebbe? Se non devo credere a ciò che non vedo, chi infatti sarà riamato da un altro, dal momento che in se stesso l’amore è invisibile ? Pertanto finirà del tutto l’amicizia, perché essa non consiste in altro che nell’amore reciproco. Quale amore infatti si potrà ricevere da un altro, se non si crede affatto che sia stato dato? Con la fine dell’amicizia poi non resteranno saldi nell’animo né i vincoli matrimoniali né quelli di consanguineità né quelli di parentela, poiché anche in essi vi è senz’altro un comune modo di sentire basato sull’amicizia. I coniugi dunque non potranno amarsi a vicenda, quando, non potendo vedere l’amore come tale, l’uno non crederà di essere amato dall’altro. Essi non desidereranno avere figli, poiché non credono che saranno da essi ricambiati. E costoro, se nascono e crescono, ameranno molto di meno i loro genitori, non vedendo nel loro cuore l’amore verso di sé, dato che è invisibile; naturalmente, però, qualora il credere le cose che non si vedono sia segno di colpevole impudenza e non di lodevole fede.

5/ La verità è un Uomo presente

(Guida) Sin dalla giovinezza la percezione della Verità non fu mai per Agostino un fatto puramente intellettuale. Ma una Presenza. Che coincideva con la felicità della vita tanto agognata da ogni uomo. Per questo la sua ricerca si è svolta e mai fermata finchè tale sete di Verità non si è imbattuta con “la” Verità fatta Persona. L’intuizione iniziale prende un volto: carnale ! e diventa una Presenza cui dare del Tu, un tu amante e amato !

Di fronte a questo Tu Agostino riconosce e legge tutte le sue passate attrattive come segni dell’Attrattiva vincente e definitiva che si è fatta via per guidare l’uomo alla Verità. Non occorre uno sforzo ma solo la semplicità di un riconoscimento. Perché la via alla Verità è venuta lei stessa incontro all’uomo Agostino ardente di desiderio della Verità. Ha avuto pietà di lui: ora all’uomo Agostino - e ad ogni uomo - occorre solo essere umile e semplice nel riconoscimento e nell’adesione a tale via che è nello stesso tempo la Verità.

Perché la Verità è un Uomo presente che coincide con la felicità.

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(Lettore) Non soltanto io, o pochi uomini con me vogliono essere felici, bensì tutti lo vogliono. (…) Chiedi a due persone se vogliono fare il soldato, e può accadere che l'una risponda di sì, l'altra di no; ma chiedi loro se vogliono essere felici, ed ambedue ti risponderanno all'istante, senza ombra di dubbio, che sì; anzi, lo scopo per cui l'una vuole fare il soldato, l'altra no, è soltanto la felicità. Poiché l'una trae godimento da una condizione, l'altra dall'altra. Così tutti concordano nel desiderare la felicità, come concorderebbero nel rispondere a chi chiedesse loro se desiderano godere. Il godimento è appunto ciò che chiamiamo felicità della vita: l'uno lo ricerca bensì da una parte, l'altro dall'altra, ma tutti tendono a un'unica meta, di godere. E siccome il gaudio è un sentimento che nessuno può dire di non avere mai sperimentato, perciò lo si ritrova nella memoria e perciò lo si riconosce all'udire il nome della felicità12.

(Lettore) (…) Chiedo a tutti: “Preferite godere della verità o della menzogna?”. Rispondono di preferire la verità, con la stessa risolutezza con cui affermano di voler essere felici. Già, la felicità della vita è il godimento della verità, cioè il godimento di te, che sei la verità, o Dio, mia luce, salvezza del mio volto, Dio mio. Questa felicità della vita vogliono tutti, questa vita che è l'unica felicità vogliono tutti, il godimento della verità vogliono tutti. Ho conosciuto molte persone desiderose di ingannare; nessuna di essere ingannata. Dove avevano avuto nozione della felicità, se non dove l'avevano anche avuta della verità? Amano la verità, poiché non vogliono essere ingannate; e amando la felicità, che non è se non il godimento della verità, amano certamente ancora la verità, né l'amerebbero senza averne una certa nozione nella memoria13.

Ecco quanto ho spaziato nella mia memoria alla tua ricerca, Signore; e fuori di questa non ti ho trovato. Nulla, di ciò che di te ho trovato dal giorno in cui ti conobbi, non fu un ricordo; perché dal giorno in cui ti conobbi, non ti dimenticai. Dove ho trovato la verità, là ho trovato il mio Dio, la Verità persona; e non ho dimenticato la Verità dal giorno in cui la conobbi. Perciò dal giorno in cui ti conobbi, dimori nella mia memoria, e là ti trovo ogni volta che ti ricordo e mi delizio di te. È questa la mia santa delizia, dono della tua misericordia, che ebbe riguardo per la mia povertà14.

(Lettore) Tardi ti amai, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace15.

(Lettore) (…) Tu, Gesù, dicesti: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Se cerchi la verità segui la via; perché la via è lo stesso che la verità. La meta cui tendi e la via che devi percorrere, sono la stessa cosa. Non puoi giungere alla meta seguendo un'altra via; per altra via non puoi giungere a Cristo: a Cristo puoi giungere solo per mezzo di Cristo. In che senso arrivi a Cristo per mezzo di Cristo? Arrivi a Cristo Dio per mezzo di Cristo uomo; per mezzo del Verbo fatto carne arrivi al Verbo che era in principio Dio presso Dio…16. (…) Ma Cristo che presso il Padre è verità e vita, è il Verbo di Dio del quale è stato detto: La vita era la luce degli uomini. Appunto perché presso il Padre è verità e vita e noi non avevamo una via da seguire per giungere alla verità, il Figlio di Dio, che nel Padre è per l'eternità verità e vita, assumendo la natura dell'uomo si è fatto via. Passa attraverso l'uomo e giungi a Dio. Per lui passi, a lui vai. Non cercare al di fuori di lui per dove giungere a lui. Se egli non avesse voluto essere la via, saremmo sempre fuori strada. Perciò si è fatto la via per dove puoi andare. Non ti dico: Cerca la via. E' la via stessa a farsi incontro a te: Alzati e cammina!17.

6/ La verità è un’attrattiva

(Guida) Ma come avviene l’incontro con la Verità fatta carne ? Da grande conoscitore dell’animo umano Agostino mostra che l’uomo si muove spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio. Domandandosi, allora, che cosa possa ultimamente muovere l’uomo nell’intimo, il santo Vescovo esclama: “Che cosa desidera l’anima più ardentemente della verità ?” Ogni uomo, infatti, porta in sé l’insopprimibile desiderio della verità ultima e definitiva. E ciò che lo vince e avvince è proprio la Verità fatta Persona che attira a sé il mondo.

Questa è l’arte di Dio!

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(Lettore) Quando ascolti nel Vangelo: Nessuno viene a me se non è attratto dal Padre, non pensare di essere attratto per forza. Anche l'amore è una forza che attrae l'anima. Non dobbiamo temere il giudizio di quanti stanno a pesare le parole, ma sono incapaci d'intendere le cose di Dio; i quali, di fronte a questa affermazione del Vangelo, potrebbero dirci: Come posso credere di mia volontà se vengo attratto? Rispondo: Non è gran cosa essere attratti da un impulso volontario, quando anche il piacere riesce ad attrarci. Che significa essere attratti dal piacere? Metti il tuo piacere nel Signore, ed egli soddisferà i desideri del tuo cuore (Sal 36, 4). Esiste anche un piacere del cuore, per cui esso gusta il pane celeste. Che se Virgilio ha potuto dire: "Ciascuno è attratto dal suo piacere" (Virg., Ecl. 2), non dalla necessità ma dal piacere, non dalla costrizione ma dal diletto; a maggior ragione possiamo dire che si sente attratto da Cristo l'uomo che trova il suo diletto nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, in tutto ciò, insomma, che è Cristo. Se i sensi del corpo hanno i loro piaceri, perché l'anima non dovrebbe averli? Se l'anima non avesse i suoi piaceri, il salmista non direbbe: I figli degli uomini si rifugiano all’ombra delle tue ali; s’inebriano per l'abbondanza della tua casa, bevono al torrente delle tue delizie; poiché presso di te è la fonte della vita e nella tua luce noi vediamo la luce (Sal. 35, 8-10). Dammi un cuore che ama, e capirà ciò che dico. Dammi un cuore anelante, un cuore affamato, che si senta pellegrino e assetato in questo deserto, un cuore che sospiri la fonte della patria eterna, ed egli capirà ciò che dico. Certamente, se parlo ad un cuore arido, non potrà capire.

(…) Tu mostri alla pecora un ramo verde, e l’attrai. Mostri delle noci ad un bambino e questo viene attratto: egli corre dove si sente attratto; è attratto da ciò che ama, senza che subisca alcuna costrizione; è il suo cuore che rimane avvinto. Ora se queste cose, che appartengono ai gusti e ai piaceri terreni, esercitano tanta attrattiva su coloro che amano non appena vengono loro mostrate - poiché veramente “ciascuno è attratto dal suo piacere” -, quale attrattiva eserciterà il Cristo rivelato dal Padre? Che cosa desidera l'anima più ardentemente della verità? Di che cosa dovrà l'uomo essere avido, a quale scopo dovrà custodire sano il palato interiore, esercitato il gusto, se non per mangiare e bere la sapienza, la giustizia, la verità, l’eternità?

E dove l’anima potrà essere saziata? Dove si trova il sommo bene, la verità totale, l'abbondanza piena. Qui in terra, anche se ci sostiene l'autentica speranza, è più facile aver fame che esser saziati. Beati - dice infatti il Signore - coloro che hanno fame e sete di giustizia, - cioè che hanno fame e sete qui, in terra - perché saranno saziati (Mt 5, 6). Ma dove saranno saziati? In cielo. (…) Ecco, come esercita la sua attrattiva il Padre: attrae col suo insegnamento, senza costringere nessuno. Ecco come attrae. Saranno tutti ammaestrati da Dio: attrarre è l’arte di Dio18.

7/La verità permane in un luogo

(Guida) Come può permanere nel tempo questa attrattiva vincente di Cristo Verità dell’umano? Non attraverso una illuminazione interiore o un ricordo passato pur glorioso, bensì nel fatto presente della comunità della Chiesa. E’ Lei che, in prima persona, si rivolge al credente di ogni tempo e gli dice: “Non cercare i segni della Verità in un ricordo o in una dottrina, bensì guarda a Me che sono il Corpo vivente di Cristo nella storia”… La contemporaneità e la concretezza della Verità è salvaguardata – oggi - da un incontro vivo con un luogo dove tale Verità fatta carne permane nel tempo come attrattiva ed esperienza di compimento dell’umano più vero. Quell’umano che Agostino non ha mai negato o ridotto in sé stesso.

E del quale ci testimonia ancor oggi la potenza e profondità…

Per questo quest’ultimo passaggio verrà suggellato dal Credo  della Messa dell’Incoronazione di Mozart perché l’omaggio ad Agostino amante della Verità diventa omaggio alla Chiesa presenza attraente nel mondo di oggi della Verità fatta carne!

Una Presenza che testimonia il Divino nella storia. E per questo difende e afferma tutto l’Umano!

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(Lettore + coro) Tu dirai, la benevolenza di un amico nei miei confronti, malgrado non possa vederla, tuttavia la posso ricercare attraverso molti indizi; voi, invece, non potete mostrare con nessun indizio le cose che volete che crediamo nella fede pur senza averle viste. Intanto, non è di poco conto che tu concedi che si debbano credere alcune cose, anche se non si vedono, quando si è in presenza di chiari indizi; già questo, infatti, è sufficiente per concludere che non ogni cosa che non si vede non deve essere creduta. Ed è così completamente screditato quel presupposto per cui si dice che non dobbiamo credere le cose che non vediamo. Però sbagliano di molto quelli che ritengono che noi crediamo in Cristo senza nessun indizio su di Lui. Quali indizi, infatti, sono più chiari delle cose che ora constatiamo che sono state predette nelle Sacre Scritture e si sono realizzate?. Voi, dunque, che escludete l’esistenza di indizi perché dobbiate credere, relativamente a Cristo, quelle cose che non avete viste, considerate quelle che vedete. La Chiesa stessa, con parole di materno amore, vi conforta e dice: “Io, che vedete con meraviglia fruttificare e crescere per tutto il mondo, un tempo non fui quale ora mi ravvisate”. Ma, nel tuo seme saranno benedette tutte le genti. Quando Dio benediceva Abramo, prometteva me: io infatti mi diffondo fra tutte le genti nella benedizione di Cristo. (…)

Guardate me, vi dice la Chiesa; guardate me, che vedete, ancorché non vogliate vedere. Coloro, infatti, che in quei tempi, in terra di Giudea, furono fedeli, appresero direttamente, come realtà presenti, la meravigliosa nascita da una vergine, la passione, la resurrezione, l’ascensione di Cristo, e tutte le cose divine da Lui dette e fatte. Tutto ciò voi non l’avete visto; è per questo che vi rifiutate di credere. Guardate dunque queste cose, prestate attenzione a queste cose, pensate a queste cose che vedete, che non vi sono narrate come fatti del passato, che non vi sono preannunziate come eventi del futuro, ma vi sono mostrate come realtà del presente. Vi pare una cosa vana o insignificante, e ritenete che non sia un miracolo divino o che lo sia ma di poco conto che, nel nome di un crocifisso, accorre tutto il genere umano? Non avete visto ciò che fu predetto e si è avverato della nascita umana di Cristo: Ecco una vergine concepirà e darà alla luce un figlio; ma vedete compiuto ciò che la parola di Dio predisse ad Abramo: Nel tuo seme saranno benedette tutte le genti. (…) Non avete visto ciò che fu predetto e si è avverato della passione di Cristo: Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa; essi mi hanno osservato e guardato; si sono divise le mie vesti e hanno tirato a sorte sulla mia tunica, ma vedete ciò che nello stesso Salmo fu predetto, e che ora appare avverato: Si ricorderanno del Signore e a Lui ritorneranno tutti i confini della terra e lo adoreranno, prostrati davanti a Lui, tutte le stirpi dei popoli, poiché del Signore è il regno ed Egli dominerà sulle genti. (…).

È vero, tutto ciò voi non lo avete visto, ma vedete la sua Chiesa!

Non avete visto ciò che fu predetto e si è avverato dell’ascensione di Cristo: Innalzati, o Dio, sopra i cieli, ma vedete ciò che viene subito dopo: e su tutta la terra sia la tua gloria. Tutto quel che, riguardo a Cristo, è avvenuto ed è passato, voi non lo avete visto, ma queste cose, che sono presenti nella sua Chiesa, non potete dire di non vederle.

Ma, come per gli indizi che si vedono crediamo nelle volontà degli amici che non si vedono, così la Chiesa, che ora si vede, di tutte quelle cose che non si vedono ma che sono mostrate in quegli scritti in cui essa stessa è preannunciata, è segno di quelle passate, profezia di quelle future. (…) Perché, dunque, non dovremmo credere le cose passate e quelle future che non vediamo, quando abbiamo come testimoni delle une e delle altre le cose presenti che vediamo e quando, nei libri dei profeti, tanto quelle passate che quelle presenti e future le sentiamo o le leggiamo preannunciate prima che accadano?

(…) Del resto, anche se riguardo a Cristo e alla Chiesa non vi fossero state tante testimonianze precedenti, chi non dovrebbe sentirsi spinto a credere che la divina chiarezza all’improvviso ha cominciato a risplendere per il genere umano quando vediamo che, abbandonati i falsi dèi e distrutte dappertutto le loro statue, demoliti i templi o destinati ad altri usi ed estirpati tanti vani riti dalla ben radicata consuetudine umana, un solo vero Dio è invocato da tutti? E tutto ciò è accaduto per mezzo di un uomo deriso dagli uomini, catturato, legato, flagellato, schiaffeggiato, vituperato, crocefisso, ucciso. Per diffondere il suo insegnamento scelse come discepoli uomini semplici e senza esperienza, pescatori e pubblicani: essi annunziarono la sua resurrezione e ascensione, affermando di averla vista, e, riempiti di Spirito Santo, fecero risuonare questo messaggio in tutte le lingue, pur senza averle imparate. E tra quanti li ascoltarono alcuni credettero, altri non credettero, opponendosi ferocemente alla loro predicazione. In tal modo, in presenza di credenti capaci di lottare per la verità fino alla morte, non contraccambiando con i mali ma sopportandoli, e di vincere non con l’uccidere ma con il morire, il mondo si è talmente mutato in questa religione, i cuori dei mortali, uomini e donne, piccoli e grandi, dotti e ignoranti, sapienti e stolti, potenti e deboli, nobili e non nobili, di rango elevato e umili, si sono così ben convertiti a questo Vangelo e la Chiesa si è diffusa tra tutte le genti (…).

Quel crocifisso come avrebbe potuto realizzare cose così grandi, se non fosse Dio fattosi uomo?19.


Note al testo

1 POSSIDIO, Vita Augustinii 31, 8-9.

2 AGOSTINO, Confessiones II, 1, 1 – 2, 2.

3 AGOSTINO, Confessiones III, 1, 1 – 3, 6.

4 AGOSTINO, Confessiones III, 4, 7 – 8.

5 AGOSTINO, De utilitae credendi 1, 2.

6 AGOSTINO, Confessiones III, 6, 10.

7 AGOSTINO, De beata vita 1, 4.

8 AGOSTINO, Contra Academicos I, 4, 11-12.

9 AGOSTINO, sermo 141, 1-2.

10 AGOSTINO, De utilitate credendi 8, 20.

11 AGOSTINO, Confessiones VI, 5,7.

12 AGOSTINO, Confessiones X, 21, 31.

13 AGOSTINO, Confessiones X, 23, 33.

14 AGOSTINO, Confessiones X, 24, 35.

15 AGOSTINO, Confessiones X, 27, 38.

16 AGOSTINO, Tractatus in Ioannem 13, 4.

17 AGOSTINO, sermo 141, 4.

18 AGOSTINO, Commento al Vangelo di Giovanni 26, 4-6.

19 AGOSTINO, De fide rerum quae non videntur 3, 5- 7,10.