Libia: Ritrovati in una fossa comune i resti di 34 cristiani etiopi trucidati dai jihadisti

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 27 /01 /2019 - 15:14 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dall’agenzia di stampa Fides una nota pubblicata il 5/1/2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione La libertà religiosa e la persecuzione delle minoranze.

Il Centro culturale Gli scritti (27/1/2019)

Le autorità del governo di accordo nazionale della Libia hanno reso noto il ritrovamento di una fossa comune contenente i resti di 34 cristiani etiopi trucidati nel 2015 da jihadisti affiliati allo Stato Islamico (Daesh).

La fossa comune, secondo quanto riferito nei giorni scorsi dal dipartimento di investigazione criminale del ministero degli interni, è stata individuata in un terreno non lontano dalla città costiera di Sirte, in un’area che nel 2015 era sotto il controllo dei gruppi armati jihadisti. Le autorità libiche – riferiscono le fonti ufficiali nazionali – hanno fatto sapere che i resti mortali dei cristiani trucidati da Daesh saranno rimpatriati in Etiopia, una volta ottemperate le dovute procedure legali nazionali e internazionali.

Nell’aprile 2015, un video diffuso da Furqan Media – accreditatosi a quel tempo come network mediatico di riferimento dello Stato Islamico – aveva mostrato due diversi gruppi di prigionieri presentati come cristiani etiopi mentre venivano massacrati per decapitazione e con colpi di arma da fuoco alla nuca su una spiaggia deserta della Libia. Il video, accompagnato dai soliti slogan contro la “nazione della croce” e corredato con immagini di distruzioni di chiese, icone e tombe cristiane, ripeteva che nelle terre controllate dallo Stato Islamico non ci sarebbe stata salvezza per i cristiani che non si convertivano all’islam o non accettavano di pagare la “tassa di protezione”.

Nel video – particolare eloquente – le vittime venivano presentate come appartenenti alla “ostile Chiesa etiope”. I cristiani massacrati erano poveri emigranti etiopi appartenenti alle moltitudini di uomini e donne che si spostavano in Libia per provare a trovare lavoro o per tentare di raggiungere l’Europa, imbarcandosi sui barconi gestiti dalle reti criminali degli scafisti trafficanti di uomini.

La Chiesa ortodossa etiope Tewahedo è stata vincolata giurisdizionalmente al Patriarcato copto di Alessandria d’Egitto fino al 1959, anno in cui è stata riconosciuta come Chiesa autocefala dal Patriarca copto Cirillo VI.

Anche la Chiesa copta è stata negli ultimi anni bersaglio delle stragi e degli attentati dei jihadisti di Daesh, che la colpiscono anche perché la identificano come entità ecclesiale vicina alle istituzioni politiche dell’Egitto guidato dal Presidente Abdel Fattah al Sisi. Tra gennaio e febbraio del 2015, pochi mesi prima della strage dei cristiani etiopi, anche 20 egiziani copti e un loro compagno di lavoro ghanese erano stati sgozzati dai jihadisti su una spiaggia libica non lontana da Sirte.

“Colpisce” aveva dichiarato dopo le stragi di cristiani in Libia Anba Antonios Aziz Mina, Vescovo copto cattolico – oggi emerito – di Guizeh “che la Chiesa etiope venga definita ‘Chiesa ostile’… evidentemente questi strani jihadisti seguono anche i risvolti politici degli incontri tra le Chiese. Ma nel grande dolore” aggiungeva in quell’occasione all’Agenzia Fides Anba Antonios “continuiamo a guardare a queste vicende con lo sguardo della fede. La filiera dei martiri non è finita, e accompagnerà tutta la storia, fino alla fine. I cristiani non cercano il martirio, vogliono vivere nella pace e nella letizia. Ma se il martirio arriva, è un conforto vedere che può essere accettato con la stessa pace con cui lo hanno accettato i copti trucidati in Libia, che pronunciavano il nome di Cristo e a Lui si affidavano mentre venivano sgozzati. La Chiesa non si è mai lamentata del martirio, ma ha sempre celebrato i martiri come coloro in cui, proprio mentre vengono uccisi, risplende la vittoria di Cristo”.

Anche i resti degli egiziani copti decapitati in Libia insieme al loro compagno di lavoro ghanese erano stati individuati alla fine di settembre 2017 in una fossa comune sulla costa libica, non lontano dalla città di Sirte. I loro corpi erano stati rinvenuti con le mani legate dietro alla schiena, vestiti con le stesse tute color arancione che i carnefici jihadisti facevano indossare alle vittime delle loro macabre esecuzioni, sempre filmate e diffuse via internet.

Oggi un sacrario-museo presso la cattedrale dedicata ai “Martiri di Libia” e eretta nel villaggio egiziano di Our, nella regione di Samalut, custodisce come reliquie anche le monete trovate nelle tasche dei corpi degi egiziani martirizzati e le loro scarpe, insieme a alcuni documenti di identità e ai registri di lavoro su cui due di loro segnavano le attività lavorative compiute giorno per giorno.