Prendersi cura della famiglia è prendersi cura dell’uomo e della società, di Pierangelo Sequeri

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 12 /05 /2019 - 20:42 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito l'Editoriale scritto da mons. Pierangelo Sequeri, Preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, per la newsletter del Family International Monitor su "Prendersi cura della famiglia è prendersi cura dell'uomo e della società" e pubblicato sulla pagina FB dell’Istituto l’11/5/2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Famiglia e affettività.

Il Centro culturale Gli scritti (12/5/2019)

La famiglia, nella sua originaria costituzione di comunità affettiva, generativa e parentale dell’uomo e della donna, istituisce il grembo sociale dell’ordine degli affetti. Le dinamiche sorgive della singolarità individuale, della reciprocità sociale, della cooperazione comunitaria, vengono apprese e ulteriormente elaborate a partire dalla grammatica personale-relazionale iscritta nella costituzione famigliare. 

L’essere umano apprende, nella convivenza e nella rete dei legami famigliari, i fondamentali del legame umano, indisgiungibilmente personale e comunitario, nel quale è generato e al quale è destinato. L’immaginazione della qualità umana delle affezioni – della loro dignità e della loro verità, della loro profondità e della loro giustizia – si iscrive nell’esperienza famigliare legame tra il “far essere” e il “voler bene”.

Nell’esperienza famigliare, l’intrinseca unità della dimensione biologica del legame umano e di quella spirituale della vita personale, plasma l’edificazione del corpo insieme con l’empatia dell’interiorità altrui. La dimensione famigliare appare così il grembo originario della dimensione etico-affettiva in cui l’esistere umano si attende di sperimentare la giustificazione del proprio essere al mondo e la giustizia della propria partecipazione al suo divenire.

L’ordine famigliare instaura al proprio interno anche la giusta articolazione di eros e philia, provvedendo alla istruzione della giusta differenziazione dell’intimità sessuale e della reciprocità parentale (paterna e materna, filiale e fraterna). In tal modo, insegna la loro armonizzazione insieme con la loro diversa perfezione. Il metabolismo di questa grammatica fondamentale è alla radice delle analogie e delle trasformazioni extra-familiari dell’ordine degli affetti, nelle varie forme del legame personale e sociale.

Nello stesso modo, forte della originaria autorevolezza generativa e della competenza affettiva in cui è radicato, e alla cui responsabilità si consegna personalmente e stabilmente, il sistema famigliare introduce alle ragioni etico-affettive – non dispotiche, non arbitrarie, non opportunistiche – del rispetto della legge (nomos) e della condivisione del desiderio (koinonia)

La speciale condizione famigliare di questa iniziazione, che si avvale dell’archetipo del possente legame tra amore e generazione che istituisce la vita e il senso della vita (il credo cristiano è radicato nel riconoscimento della generazione come sorgente dell’amore, in Dio stesso) è indeducibile da ogni altro rapporto. Possiamo – e dobbiamo – compensarne le molteplici vulnerabilità e curarne le ferite, anche gravi. Non sostituirlo

Di nuovo, le nostre possibilità migliori di cura, nella congiuntura drammatica dei suoi passaggi attraverso le ombre, vengono pur sempre dalla disposizione sociale e comunitaria del sistema famigliare medesimo, quando mette a disposizione della comunità la ricchezza delle sue originali risorse etico-affettive. Questa disposizione, a ben vedere, non è altro che l’espressione – la più bella e la più emozionante, forse – dell’originale vocazione umana e comunitaria del sistema famigliare medesimo. Naturalmente, sarebbe contraddittorio – e pertanto controproducente – pensare ad una funzione di prossimità-sussidiarietà dell’ordine famigliare che venga forzato a svolgere il proprio compito umanizzante e socializzante a prezzo della giustizia degli affetti dalla quale esso trae la sua legittimazione e la sua forza. 

La vocazione “antropologica” e “politica” del sistema famigliare appartiene dunque alla sua originale costituzione storica. Una simile considerazione impone pertanto un duplice e simmetrico tema di osservazione e di riflessione.

Da un lato, si tratta di comprendere in quale modo, oggi, la consapevolezza di questa destinazione e di questo protagonismo umanistico e comunitario faccia parte della coscienza diffusa: della cultura famigliare, dei processi educativi, delle politiche istituzionali. Dall’altro, è necessario anche valutare i modi nei quali la comunità civile (e anche religiosa) offrono, a riscontro di questa vocazione umanistica e comunitaria della famiglia, cultura e risorse idonee ad esprimere il fattivo apprezzamento e lo specifico sostegno della collettività. Nell’ambito di questo processo di reciproco riconoscimento e di responsabile restituzione, a che punto sono il diritto, la politica, l’economia, la governance della cittadinanza e la cultura della sussidiarietà?