San Giuseppe Artigiano a Forlì: presentazione del ciclo pittorico di Franco Vignazia (Chiesa di San Giuseppe Artigiano, viale Spazzoli 181, Forlì), con interviste a Franco Vignazia e a don Carlo Guardagli

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /08 /2021 - 23:37 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito i testi apparsi nell’inserto speciale pubblicato per l’inaugurazione del ciclo di Franco Vignazia per la parrocchia di San Giuseppe Artigiano a Forlì su Il Momento del 21/2/2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Arte e fede e Liturgia.

Il Centro culturale Gli scritti (22/8/2021)

N.B. di Andrea Lonardo

Non una singola opera, ma l’intero ciclo della storia della salvezza è rappresentato nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano a Forlì. Come abbiamo mostrato in Lonardo, La Parola si è fatta carne e non libro, San Paolo, è questa la tradizione della Chiesa che ha una sua esegesi ed una sua cristologia, data non semplicemente dagli studi sui singoli libri biblici e non semplicemente dal Simbolo di fede, ma da una comprensione unitaria dell’AT e del NT che sottolinea la tipologia nel rapporto AT-NT e che elabora, attraverso la cristologia dell’Anno liturgico, i diversi “misteri” di Cristo per presentarli ai principianti, siano essi bambini che catecumeni. L’opera di Vignazia, voluta da don Carlio Guardagli, è coraggiosa, perché pone nuovamente alla contemplazione dei credenti non singoli frammenti della fede, bensì il disegno di Dio nella sua interezza.

1/ La Storia della Salvezza. Intervista al parroco don Carlo Guardagli (R.B.)

[…]

L’imponente ciclo pittorico, realizzato in acrilico su muro, racconta la storia della Salvezza dalla creazione alla vita di Gesù, con un’attenzione particolare alla figura di San Giuseppe, punto d’unione tra Antico e Nuovo Testamento.

"Dal Dio Creatore “Tam pater nemo” che ci genera continuamente - spiega don Carlo Guardagli, parroco di San Giuseppe Artigiano - la storia si focalizza sulla figura di Giuseppe, presenza discreta ma forte e decisa che veglia, osserva e custodisce ciò che gli è stato affidato. Una figura molto moderna - prosegue - che oggi va ripresa e rivalutata per focalizzarci su un tema delicato come quello della paternità".

Com'è nata l'idea?

Sono parroco qui da 12 anni. Nei primi 10 - racconta don Carlo - assieme ai miei collaboratori ci siamo occupati della sistemazione degli spazi esterni; poi ci siamo detti che era venuto il momento di abbellire anche l'interno. I lavori sono cominciati circa due anni e mezzo fa, e oggi siamo davvero orgogliosi della nostra piccola 'Cappella Sistina', illuminata dalla luce che, dall’alto, valorizza le varie scene.

Da dove provengono i fondi per la sua realizzazione?

Dalle offerte dei parrocchiani. I costi, in parte già coperti, sono stati importanti per le impalcature, la fresatura del muro, i materiali. Ma alla fine ne è valsa davvero la pena: la grande opera affascina i bambini che qui vengono a fare catechismo, e richiama già tanti visitatori, anche da fuori città. (R.B.)

2/ Un’ascesi che passa dalla pittura. L’artista Franco Vignazia racconta il lavoro svolto nella chiesa di San Giuseppe Artigiano. Un’intervista di Laura Bertozzi

Il racconto per immagini che, sulle pareti della chiesa forlivese di S. Giuseppe Artigiano, abbraccia Primo e Secondo Testamento è stato per l'artista Franco Vignazia un percorso artistico e spirituale durato due anni e mezzo. A fronte di uno studio tecnico e scritturale approfondito, il pittore racconta il viaggio sfociato nella grande opera.

Quali sono i suoi modelli artistici di riferimento?

Molti riconoscono nella mia opera delle affinità con l'artista brasiliano Claudio Pastro, ma il mio stile guarda soprattutto all'arte romanica spagnola. La mia arte è, poi, caratterizzata dalla ricerca del racconto: è nello sviluppo narrativo che prendono forma idee ed espressioni psicologiche.

Quali letture hanno accompagnato il lavoro?

Sia in fase preparatoria, sia durante la realizzazione della pittura parietale il mio riferimento è sempre stata la Bibbia. I dipinti di San Giuseppe Artigiano sono stati per me non solo un lavoro artistico, ma anche un percorso di ascesi che mi ha portato a scoprire nuovi aspetti della Scrittura.

Può fare un esempio?

Nell'episodio di Noè che maledice il figlio Cam, prevedendo una sua futura schiavitù, ho letto un messaggio di grande attualità. L’allontanamento dal Padre, anche oggi, rischia di incatenarci in tanti tipi di schiavitù.

Ha incontrato difficoltà tecniche?

La grandezza della pittura è sicuramente una sfida, ma lo è stato ancora di più riuscire a proporzionare il racconto in modo da farlo "parlare", rendendo fluido e unitario il passaggio dal Primo al Secondo Testamento.

Quali commenti sull'opera le sono rimasti più impressi?

Quello di un bambino che ha paragonato i dipinti a un cartone animato, perché significa che ha ritrovato nelle immagini vita e movimento. Oppure un anziano che mi ha detto di sentirsi in compagnia ora che le pitture ornano la chiesa, o ancora il riconoscimento di una forte cifra di "familiarità" in questa narrazione.

Com'è cambiata la sua fede?

È ancora presto per dirlo. Eppure percepisco come una grazia la meraviglia e lo stupore che mi vengono riconsegnati ora che l'opera non è più solo mia. Un'altra crescita è stata quella di fare i conti con la pretesa di autonomia, che tocca tutti noi a periodi alterni. Salvo poi tornare ad affidarsi a Dio e dirgli di sì con gratitudine.

3/ San Giuseppe Artigiano: la presentazione del ciclo pittorico

I dipinti realizzati nella chiesa dedicata a San Giuseppe Artigiano nascono con l’intento di raccontare la presenza del Padre all'inizio della Storia - nella Genesi - e la vita di Giuseppe, padre putativo di Gesù - Nuovo Testamento - in alcuni "quadri".

In questa modalità, lo spazio della chiesa "parla" anche nei tempi in cui non si svolgono le azioni liturgiche che caratterizzano il luogo.

Il racconto in immagini, una sorta di catechesi a colori dipinta sulle pareti, si ispira a due linee fondamentali: da un lato, la presenza di Dio Creatore e Padre nostro, e la figura del Padre, letta attraverso gli uomini che Dio stesso ha scelto per far nascere un Suo Popolo, raccontata attraverso alcune scene dell'Antico Testamento; dall'altro la storia di Giuseppe attraverso il racconto del Vangelo.

Giuseppe, nell'economia del racconto è il punto di unione tra Antico e Nuovo Testamento.

La sua immagine campeggia nella parte destra dell'abside (foto A). È il momento in cui l'Angelo inviato da Dio gli svela che la concezione che prende forma in Maria è opera del Creatore. L’immagine della santa Vergine appare al suo fianco, mentre Ella sta filando il filo della storia nel Suo ventre; lo Spirito Santo comunica al suo orecchio la straordinaria concezione. Sopra la scena è rappresentato il sacrificio di Abramo, che offre suo figlio Isacco a Javhè, che glielo ha chiesto; iI gesto di Abramo viene bloccato dall'Angelo che indica al Patriarca un montone, la vittima data da Dio in sostituzione del figlio Isacco.

Esso è la prefigurazione di Gesù, offerto in nostra sostituzione per salvarci dalla Morte eterna. Anche quello di Giuseppe è un sacrificio: egli sacrifica la propria paternità carnale per un destino più grande. Sarà padre perché sposo della donna destinata ad essere il tramite della Salvezza.

Dall'altro lato dell’abside (foto B), al cui centro sta la Croce, nella parte superiore, la mano di Dio esce come una fiamma dal Cielo a glorificare Gesù, mentre lo Spirito Santo scende ad indicarlo. «Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto» (Matteo 3,13-17). Gesù è indicato dal Padre come Figlio, durante il battesimo operato da Giovanni il Battista sulle rive del Giordano.

La scena sottostante racconta come siamo fatti partecipi della paternità di Dio. Gesù, dalla Croce, si rivolge a Giovanni e a sua madre. Maria. "Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua". (Giovanni 19,18-30)

È l’attimo in cui siamo affidati a Maria come suoi figli, quindi fratelli di Gesù e figli di Dio! È la nascita della Chiesa prima della Pentecoste.

Ai piedi della Croce, la Chiesa trionfante, con tanti Santi dei nostri giorni (San Giovanni Paolo II, San Giovanni Bosco, Santa Teresa di Calcutta, Santa Bakhita, beato Rolando Rivi, Josè Sanchez del Rio...) e persone della nostra comunità che hanno raggiunto la casa del Padre e sono in comunione con noi, che siamo ancora in cammino.

Il racconto inizia sul lato della porta della Chiesa, alla destra di chi entra (foto C);

Sopra all'entrata è rappresentata la Creazione (particolare 1): lo Spirito del Signore aleggia sulle acque mentre le acque, fecondate dalla forza creatrice, sono la culla della Vita che si propaga sulla Terra. Sulle zolle di terra separate dalle acque, salgono rettili, uccelli e mammiferi, mentre le acque pullulano di vita.

Proseguendo verso sinistra, è raffigurata la Creazione dell'Uomo (particolare 2). Dio soffia la vita in Adamo plasmato dalla polvere.

La seconda immagine rappresenta già l'evolversi del rapporto tra Dio e l'Uomo (foto D).

L’uomo e la Donna, Eva, hanno tradito la fiducia e l'amore del loro Padre per inseguire le lusinghe del Serpente, (particolare 3) che guarda i due nel loro stato ormai mortale, dall'alto dell'Albero del Bene e del Male.

Adamo ed Eva cacciati da Eden affrontano la nuova situazione con l’opportunità data loro da Dio: contribuire a proseguire la Creazione attraverso la maternità e il lavoro (particolare 4).

Quella che nell'Antico Testamento appare come una maledizione, alla luce della futura salvezza portata attraverso la Croce (raffigurata qui come Albero della Vita, in cima al colle, alle spalle della famiglia, (particolare 5), diventa occasione di costruzione di una umanità nuova.

La famiglia diventa questo nuovo germe, ma il cuore è ferito dal Peccato Originale e Caino, fattosi uomo, non comprende la predilezione di Dio verso Abele e lo uccide (particolare 6), secondo la logica che ciò che non si comprende e non asseconda i piani va eliminato.

La generazione di Caino, che segue questi eventi, risulta agli occhi del Padre del Cielo un errore da cancellare. L’umanità viene distratta dal Diluvio, dal quale si salva solo Noè e la sua famiglia, più una coppia per ogni specie di animale che vive sulla Terra.

Terminato il Diluvio ed approdata l'Arca sul monte Ararat, Dio stende attraverso il Cielo il suo segno di riappacificazione tra Lui e i figli salvati dalle acque (particolare 7). Noè conduce sulla terraferma il brano di umanità salvata e gli animali, che daranno vita come ad una nuova creazione.

Dopo aver piantato la vigna, anch'essa salvata dal Diluvio, Noè si procura il vino e si ubriaca. Cam, uno dei figli, lo vede, nudo e in stato di ebbrezza, all'interno della tenda.

Chiamati i fratelli, si prende gioco del padre e deridendolo non ne riconosce più né autorità né dignità. Sem e Jafet, gli altri figli, coprono il padre senza soffermarsi a guardarne le nudità (particolare 8).

Al risveglio. Noè viene a conoscenza dell'insulto fattogli da Cam, lo caccia e lo maledice, predicendogli che il non aver riconosciuto l'autorità paterna, quasi a voler disconoscere la paternità, porterà lui e la sua stirpe ad essere schiavo di ogni nazione straniera che incontrerà.

Dio non desiste dal richiamare gli uomini, suoi prediletti fra tutte le creature, al loro Destino. Nella terra di Ur, sceglie un uomo, Abram, per continuare a realizzare il suo Progetto di Salvezza attraverso un Popolo nuovo (particolare 9).

La mano di Dio (particolare 10) indica la chiamata: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò”.

Abramo risponde alla esortazione di Dio ed esce attendendo la parola del Signore.

Alle Querce di Mamre dove egli ha piantato il campo, avviene l’incontro con tre forestieri, nei quali Abramo riconosce il Signore (particolare 11).

Questi promette ancora una volta ad Abramo una discendenza numerosa come i granelli di sabbia del mare e le stelle del cielo.

Sara, alle spalle di Abramo, ride della promessa: sia lei che il marito sono troppo vecchi per generare figli (particolare 12). Ma Iddio mantiene la parola: l’immagine mostra Sara che ha appena partorito il figlio Isacco, mentre il padre Abramo lo solleva verso il cielo e lo proclama suo figlio (particolare 13).

Sara stringe il seno, ancora incredula che da quel seno sterile possa stillare il latte che nutre quel figlio. Più in alto, nel deserto, la schiava Agar guarda con stupore e gratitudine l'Angelo inviato da Dio a soccorrere il figlio Ismaele (particolare 14).

Per volontà di Sara, che permaneva nella sua sterilità, Abramo aveva giaciuto con Agar per poter avere un figlio che adempisse alla promessa di Dio.

Una volta partorito Isacco, preoccupata per la presenza del figlio primogenito Ismaele, Sara aveva costretto Abramo a scacciare la schiava. Quando ormai il bambino pareva in pericolo di vita per la mancanza d'acqua, Dio interviene per garantirgli una lunga vita e una discendenza numerosa. Dio non si dimentica delle sue creature.

Al vertice della composizione si incammina una carovana di cammelli, con Rebecca promessa sposa di Isacco (particolare 15).

È la predestinata a portare a termine il disegno di Dio sul popolo eletto.

Dall'unione fra Isacco e Rebecca nascono i gemelli Esaù e Giacobbe, il prediletto di Rebecca (particolare 16).

La storia della salvezza passa attraverso la preferenza caparbia di una donna.

Esaù vende per un piatto di lenticchie la primogenitura, e dietro il suggerimento e la spinta di Rebecca ottiene dal padre Isacco la benedizione (particolare 17).

La scena della benedizione è racchiusa tra tralci di vite e polloni di ulivo.

"La tua sposa sarà come vite feconda; i tuoi figli come germogli d'olivo davanti alla tua mensa".

Tra le fronde alcune colombe e una serpe ricordano la raccomandazione di Gesù.

Il ciclo continua con la storia di Giacobbe, l’incontro con l’angelo e la lotta intrapresa con Dio che cambia il nome a Giacobbe, chiamandolo Israele.

L’immagine successiva mostra ancora una volta la caduta dell'umanità di fronte alle seduzioni del Maligno: i figli di Giacobbe, gelosi del fratello Giuseppe prediletto dal padre, lo gettano in una cisterna per farlo morire (particolare 18). Le braccia di Giuseppe, spalancate come Gesù sulla Croce, aiutano la lettura di questo episodio.

Giuseppe, uscito dalla cisterna e venduto come schiavo, si troverà alla destra del Faraone e avrà modo di salvare i fratelli e il padre Israele/Giacobbe dalla morte. La scena (particolare 19) rappresenta Giuseppe che riabbraccia il padre, mentre i fratelli intorno, increduli, godono del suo perdono: “Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita... Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio, ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone…”.

Dall’altro lato della chiesa, partendo dalla sinistra per chi entra. Dio crea la Donna dalla costola di Adamo (particolare 20). A questa immagine segue la rappresentazione di alcune figure femminili della storia del Popolo di Israele, prefigurazione di Maria: Rut, Ester e Giuditta (particolare 21).

Sono tre donne che Salveranno il loro popolo con modalità diverse, preparando l'avvento di Maria. Al culmine della traiettoria della colomba, che raffigura lo Spirito Santo, seduta su un trono (particolare 22) la Vergine riceve l’annuncio dall'Angelo in ginocchio. Il saluto l’avvolge sotto forma di un cartiglio.

Dietro, intento al suo lavoro di falegname, appare Giuseppe (particolare 23).

Immediatamente dopo, seguendo una stradina tortuosa, Maria raggiunge Elisabetta e, col vestito color della luce, danza il Magnificat assieme alla cugina (particolare 24).

Sotto, in primo piano, è raffigurato lo sposalizio di Maria e Giuseppe (particolare 25), seguito dall'andata verso Betlemme, dal rifiuto all'accoglienza nell'albergo e, infine, dalla Nascita nella grotta: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

Campeggia sulla parete il racconto della nascita del Salvatore, in una grotta-stalla (particolare 26) dalla forma simile a una pagnotta (in ebraico Beit Lehem, letteralmente “Casa del Pane”).

La luce dorata e calda che riempie l'ambiente, dove Giuseppe protegge con un manto azzurro la Nascita del Santo Bambino, dona calore al mondo attorno.

Essa richiama a sé i più semplici, i più umili personaggi della regione: un pastore inginocchiato con gli occhi pieni di meraviglia e stupore testimonia a noi tutti l'atteggiamento più vantaggioso di fronte all'avvenimento; un pastore/arciere che giunge in fretta e in silenzio al luogo dove la gioia e la speranza si fanno carne, con lo sguardo identico a quello, innocente, degli agnelli e delle pecore che conduce.

Poi, come in una strip o in una miniatura da Libro d'ore, si susseguono gli avvenimenti che hanno come spettatore/protagonista Giuseppe, il falegname di Nazareth.

Egli, padre putativo di Gesù ma non per questo meno padre di ogni padre umano, introduce il Figlio alla vita: alla vita sociale, religiosa, umana, come ogni buon padre.

Il primo momento fondamentale in cui Giuseppe introduce il Figlio nella profonda traccia del Popolo eletto è quello della circoncisione: Gesù viene segnato come appartenente ad Israele e per questo versa primo sangue per l’Uomo (particolare27).

Successivamente, Giuseppe e Maria portano Gesù al Tempio dove Simeone ed Anna, la vecchia che ha dedicato la vita all'attesa del Messia, riconoscono in quel bimbo il Salvatore promesso dal Padre (particolare 28).

Gesù non è venuto solo per Israele: i Magi che giungono da lontani paesi riconoscono in Lui il Salvatore. È la manifestazione della Salvezza a tutte le genti!

Ma la sua venuta divide il cuore dell’uomo: Giuseppe guarda a questo Bambino con una domanda: chi sei? Cosa posso fare io davanti a Te che sei Mistero?

Mentre un altro uomo, Erode, vede nello stesso Bambino colui che rovinerà i suoi piani, il suo potere; ordina quindi la strage dei piccoli nati in quegli anni per colpire il santo Bambino (particolare 29 – figura H).

Il padre di Gesù però lo porrà in salvo, permettendogli di fare le "...opere del Padre" (ad esemplificazione dell'azione divina, quattro immagini raccontano l'incontro di Gesù con la vedova che piange il figlio morto, quello con l'adultera destinata alla lapidazione, quello con il lebbroso e la richiesta di perdono per i carnefici ..."perché non sanno quello che fanno") ...fino alla fine, fino al dies natalis, il giorno della vera nascita che vede Giuseppe tra Gesù e Maria, sua sposa e madre straordinaria di quel Figlio che è venuto a sconfiggere la Morte (particolare 30).

4/ Franco Vignazia. Biografia

Franco Vignazia è nato a Bogliasco, in provincia di Genova, nel 1951.

Risiede a Forlì, dove svolge l'attività di pittore, scultore e illustratore.

Ha preso parte, negli anni, a molte esposizioni personali e rassegne artistiche, in città e su tutto il territorio nazionale. Ha insegnato alla scuola media "Palmezzano" di Forlì (Istituto Comprensivo 2).

A Forlì si è occupato della realizzazione della Via Crucis che decora la chiesa di Santa Maria in Carpena e delle sculture e dipinti della chiesa di Santa Maria Lauretana a Busecchio.

Ha inoltre progettato sculture e dipinti per la chiesa di San Giovanni Battista in Coriano. Sua ultima fatica è il ciclo di pitture parietali della chiesa di San Giuseppe Artigiano. È stato anche autore della Via Crucis per il santuario di Nostra Signora a Copacabana, in Brasile, e del trittico realizzato per la Holy Family High School di Broomfield, a Denver, in Colorado. Si dedica anche all'illustrazione di libri di catechesi e collane educational, per case editrici quali Jaca Book, Edizioni Paoline e Piemme Edizioni.