Il femminile e il maschile dipendono dall’evoluzione della specie e in particolare dalla generazione legata alla madre e al padre. Non capiamo più il maschile e il femminile perché abbiamo dimenticato Darwin, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 01 /08 /2021 - 15:20 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Famiglia e gender.

Il Centro culturale Gli scritti (1/8/2021)

C’è un motivo per cui non capiamo più il maschile e il femminile e siamo così paurosi di dire che l’essere uomo o donna è originario e decisivo.

C’è un motivo per cui il maschile e il femminile ci sembrano solo dei fatti culturali modificabili a piacimento.

Ciò avviene perché abbiamo dimenticato la paternità e la maternità! Il maschile e il femminile non sono stati “inventati” dall’evoluzione, quasi che essa avesse lavorato sull'uno o sull'altro in sè, ma in relazione all’avvicendarsi delle generazioni: non in sé, ma nella relazione ai figli.

All’origine del maschile e del femminile non c’è un dato culturale, non ci sono le società umane con i loro sistemi di potere e di controllo, bensì quell’evoluzione - che è all'origine e che è stata poi studiata da Darwin, divenendo decisiva per un’interpretazione moderna e scientifica del mondo.

La specie ha evoluto il grembo della donna, perché lei e solo lei portasse il concepito per nove mesi nel proprio grembo. Questo la ha ovviamente differenziata dall’uomo e, complementarmente, ha spinto l’uomo, già a partire dai primati, a doversi occupare in maniera specifica della femmina quando era in cinta, mentre lei doveva custodire e non danneggiare la creatura nei momenti in cui la portava ancora all'interno del proprio grembo. 

Similmente è stata l’evoluzione della specie a far sì che fosse la femmina ad allattare il neonato, con la conseguenza che la donna si è evoluta a trovare energie per stare vicina alla creatura nei primi mesi di vita, in misura maggiore del maschio, quando ancora non esisteva il latte in polvere. Questo dato originario crea una relazione specifica fra la donna e il bambino nei primi mesi di vita.

L’evoluzione della specie ha fatto sì che fosse poi la figura maschile a specializzarsi per intervenire a staccare il bambino dalla madre dopo i primi anni di vita per proiettarlo nel mondo, obbligandolo ad una “dura”, dal punto di vista psicologico, separazione dalla madre.

A motivo della generazione il maschio e la femmina hanno sviluppato metodologie e prospettive diverse di accostamento al mondo.

Questa evidenza è oggi in ombra poiché, per la prima volta nella storia, uomini e donne cercano la loro identità maschile e femminile prescindendo da ciò che Darwin ha scoperto, cancellando, con l’oblio della paternità e della maternità, anche l’evoluzione della specie e definendo quindi tale evidenza come “fenomeno culturale”, quasi che la scienza trattasse di fenomeni “culturali” e tali fossero la gravitazione universale o il secondo principio della termodinamica o la legge dell’evoluzione.

Ciò che è, invece, evidente è che è con un paradigma “culturale” che si pretende di lasciar cadere in oblio quella che è l’evoluzione della specie.

L’evoluzione ci ricorda, invece, che non possiamo definire il maschile e il femminile a prescindere dalla generazione di figli, perché è proprio in vista della generazione che l’ambiente ha selezionato la specie umana, rendendola unica.

Ed, in effetti, è proprio quando ci poniamo dal punto di vista dei nuovi nati che ridiviene immediatamente evidente che, se è giusto che si rispetti ogni posizione “culturale”, d'altro canto si deve prima ancora misurarsi con la legge dell’evoluzione che ha portato al maschile e al femminile.

È per tale legge che è bene che ogni bambino abbia un padre e una madre, perché essi sono stati sviluppati dall'evoluzione in maniera complementare in centinaia di migliaia di anni per il maggior bene della prole.

Non sono state le società patriarcali o matriarcali, monogamiche o poligamiche, a far evolvere il maschile e il femminile, ma la specie. Giusto è rispettare ogni scelta “culturale” dell’individuo, ma giusto è anche non dimenticare come l’evoluzione abbia determinato quello che è il maggior bene della prole.

Soprattutto, torniamo a parlare del femminile e del maschile in relazione alla maternità e alla paternità e ne comprenderemo meglio anche la reciprocità in chiave affettiva.  

Il maschile e il femminile – ed in fondo la persona stessa – non possono essere capiti se non guardando alla storia delle generazioni, agli alberi genealogici, agli ombelichi e ai genitali che l’evoluzione ha modellato. Il dramma dell’uomo contemporaneo è che guarda solo se stesso e i propri coetanei e ha perso il senso dell’agire storico e anzi cosmico, determinato dal succedersi delle generazioni e ancor più dall’evoluzione delle specie.

Il maschile e il femminile non sono la tradizione, ma l'origine. L'espressione "famiglia tradizionale", utilizzata a torto, deve essere sostituita con quella di "famiglia originaria".