1/ Victor Hugo: «L’Italia s’impersona in Dante Alighieri». La lettera scritta dal romanziere francese nel 1865 2/ Victor Hugo, Sonetto Écrit sur un exemplaire de la "Divina Commedia" (1843)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 01 /11 /2021 - 15:48 pm | Permalink | Homepage
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1/ Victor Hugo: «L’Italia s’impersona in Dante Alighieri». La lettera scritta dal romanziere francese nel 1865

Riprendiamo sul nostro sito una lettera di Victor Hugo che abbiamo ripreso dal sito del Museo del Teatro della Scala con una breve introduzione che la precedeva (https://www.museoscala.org/eventi-e-mostre/eventi/dantedi/). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Letteratura e Dante.

Il Centro culturale Gli scritti (1/11/2021)

La patria e l’anima: l’Italia e Dante nelle parole di Victor Hugo

Il Museo Teatrale alla Scala offre il suo importante contributo presentando la lettera che Victor Hugo scrisse al Sindaco di Firenze nel 1865 in occasione delle celebrazioni per i 600 anni dalla nascita del poeta. Questo documento è presentato da Pierluigi Panza che, con la sua attività di ricerca, ha contribuito al suo recupero tra le carte del Museo, ed è letto in italiano dall’attrice Laura Marinoni. Il pianista Orazio Sciortino esegue tre brani di Franz Liszt ispirati ai due poeti sul pianoforte appartenuto al compositore.

La lettera di Victor Hugo

Hauteville House, 1° maggio 1865.

Signor Gonfaloniere di Firenze, La vostra onorifica lettera mi commuove vivamente. Voi m’invitate ad una nobile festa. Il vostro Comitato Nazionale desidera che la mia voce si faccia sentire in questa solennità: obbedisco. Solennità augusta fra tutte.

Oggi l’Italia si afferma due volte in faccia al mondo: sanziona la sua unità e glorifica il suo poeta. L’unità è la vita di un popolo. L’Italia una è l’Italia. Unificarsi è nascere. Nello scegliere questo anniversario per sanzionare la sua unificazione, sembra che l’Italia voglia nascere lo stesso giorno in cui nacque Dante.

Questa nazione vuol avere lo stesso genetliaco che ha quest’uomo. Niente di più bello. Infatti l’Italia s’impersona in Dante Alighieri. Come lui, essa è valorosa, pensosa, altera, magnanima, atta alla battaglia, atta all’idea; come lui essa amalgama in una sintesi profonda, la poesia e la filosofia, come lui, vuole la libertà; come lei egli ha la grandezza che mette nella sua vita, la bellezza che pone ne l’opera sua.

L’Italia e Dante si confondono in una specie di compenetrazione reciproca, si immedesimano uno nell’altra, risplendono l’uno nell’altra. Essa è augusta come egli è illustre. Hanno lo stesso cuore, la stessa volontà, lo stesso destino. Lei gli rassomiglia in quella temibile forza latente che Dante e l’Italia hanno avuto nella disgrazia.

Lei è regina, egli è genio. Come lui, essa è stata proscritta, come lei, egli è coronato. Come lui, essa esce dall’inferno. Gloria a questa sortita radiosa!

Ahimè! essa ha conosciuto i sette gironi, ha sentito e provato il funesto sminuzzamento, essa è stata un’ombra, una definizione geografica!

Oggi l’Italia è l’Italia come la Francia è la Francia, come l’Inghilterra è l’Inghilterra; è resuscitata sfolgorante ed armata, è uscita dal passato oscuro e tragico, comincia la sua ascesa verso l’avvenire, ed è bello, ed è bene che in quest’ora luminosa, in pieno trionfo, in pieno progresso, in piena luce di civiltà e di gloria, essa si ricordi di quella notte buia durante la quale Dante è stato la sua fiaccola.

La riconoscenza dei grandi popoli verso gli uomini grandi, è un buon esempio, no, non dobbiamo permettere mai che si dica che i popoli sono ingrati, in un dato momento un uomo è stato la coscienza di una nazione; glorificando quest’uomo, la nazione attesta la sua coscienza.

Prende, per così dire, a testimone il suo stesso spirito. Italiani, amate, conservate e rispettate le vostre città illustri e magnifiche, e venerate Dante. Le vostre città sono la patria, Dante l’anima. Sei secoli formano già il piedistallo di Dante, nei vari secoli si compiono le evoluzioni della civiltà, in ogni secolo sorge un genere umano che ha qualcosa di nuovo, e noi possiamo dire che l’immortalità dell’Alighieri è stata affermata già sei volte da sei umanità nuove.

Le umanità a venire continueranno questa glorificazione. Sì, l’Italia ha vissuto nell’Alighieri, umano faro di luce. Una lunga eclissi ha gravato sull’Italia, eclissi durante la quale il mondo ha avuto freddo, ma l’Italia viveva, dico di più, anche in quel buio l’Italia risplendeva, l’Italia è stata nella bara, ma non era morta. Quali segni di vita essa aveva le lettere, la poesia, la scienza, i capolavori; quali splendori d’arte da Dante a Michelangelo, quale immensa e doppia rivelazione della terra e del cielo, fatta in basso da Cristoforo Colombo, in alto da Galileo! è l’Italia, questa morta, che compiva il prodigio.

Ah! Essa viveva ancora! Dal fondo del suo sepolcro protestava con la sua luce. L’Italia è una tomba dalla quale è sorta l’aurora. L’Italia oppressa, incatenata, sepolta, ha creato l’educazione del mondo; bavaglio alla bocca, essa ha trovato modo di far parlare della sua anima, ha svolto le pieghe del suo sudario per render servigio alla civiltà.

Chiunque si possa essere, noi che sappiamo leggere e scrivere, ti veneriamo, madre! Siamo romani con Giovenale, fiorentini con Dante.

L’Italia ha questo di ammirevole, è la terra dei precursori; dappertutto si vede lei, lei è in tutti i momenti della sua storia, ai principii di tutte le epoche. Ella segna incessantemente il tempo del progresso, benedetta sia per questa santa iniziativa! È apostolo ed artista, la barbarie le ripugna, è lei che per prima ha palesato gli eccessi delle pene, al di là della vita e sulla terra, è lei che, a due riprese, ha lanciato il grido d’allarme contro i supplizi prima contro Satana, poi contro Farinata.

C’è un intimo legame tra la Divina Commedia che sopravanza il dogma, ed il Trattato dei Delitti e delle Pene che sopravanza la legge. L’Italia odia il male, essa non danna e non condanna, ha combattuto il mostro sotto la forma di inferno e sotto la forma di patibolo. Dante ha combattuto la prima battaglia, Beccaria la seconda.

E sotto altri aspetti ancora Dante è un precursore. Dante aveva in sé nel tredicesimo secolo l’idea sorta nel diciannovesimo, sapeva che nessuna realizzazione poteva mancare al diritto e alla giustizia, sapeva che la legge dell’evoluzione è legge divina, e voleva l’unità d’Italia.

La sua utopia è ora un fatto compiuto. I sogni dei grandi uomini sono le gestazioni dell’avvenire. L’unità che Gérard Ervot e Rauchlin domandavano per la Germania e che Dante voleva per l’Italia, non è soltanto la vita delle nazioni, ma è il fine dell’umanità. Là dove scompaiono le divisioni, sparisce il male, la schiavitù sta per terminare in America, perché? Perché rinasce l’unità; la guerra tende a spegnersi in Europa, perché? Perché l’unità tende a formarsi. Impressionante parallelismo tra la disfatta del flagello e l’avvento dell’umanità sua.

Una solennità come questa è sintomo magnifico, è la festa di tutti gli uomini celebrata da una nazione in occasione della esaltazione di un genio. Questa festa la Germania la celebra per Schiller, poi l’Inghilterra pe Shakespeare, poi l’Italia per Dante. E l’Europa si unisce alla festa, essa è una comunione sublime, ogni nazione dà alle altre una parte del suo Grande, l’unione dei popoli si va disegnando con la comunione dei popoli.

Il progresso marcerà sempre di più per questa via che è via di luce, e così arriveremo, passo a passo, e senza scosse alla grande realizzazione, così noi, figli della dispersione, entreremo nella concordia, così tutti noi per la sola forza delle cose, per la sola potenza delle idee, arriveremo alla fratellanza, alla pace, all’armonia. Non vi saranno più stranieri, la terra sarà una sola patria.

Questa è la verità suprema, questo il compimento necessario. L’unità degli uomini corrisponde all’unità di Dio.

Con sentimento filiale mi associo alla festa dell’Italia. Ho l’onore di firmarmi signor Gonfaloniere Vostro Umile servo

Victor Hugo

2/ Victor Hugo, Sonetto Écrit sur un exemplaire de la "Divina Commedia" (1843)

Riprendiamo sul nostro sito il Sonetto Écrit sur un exemplaire de la "Divina Commedia" (1843) di Victor Hugo, con la traduzione fattane da Elsa Chaarani Lesourd - Université de Lorraine (Nancy). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Letteratura e Dante.

Il Centro culturale Gli scritti (1/11/2021)

Un soir, dans le chemin je vis passer un homme
Vêtu d'un grand manteau comme un consul de Rome,
Et qui me semblait noir sur la clarté des cieux.
Ce passant s'arrêta, fixant sur moi ses yeux
Brillants, et si profonds, qu'ils en étaient sauvages,
Et me dit: - J'ai d'abord été, dans les vieux âges,
- Une haute montagne emplissant l'horizon ;
- Puis, âme encore aveugle et brisant ma prison,
- Je montai d'un degré dans l'échelle des êtres,
- Je fus un chêne, et j'eus des autels et des prêtres,
- Et je jetai des bruits étranges dans les airs ;
- Puis je fus un lion rêvant dans les déserts,
- Parlant à la nuit sombre avec sa voix grondante ;
- Maintenant, je suis homme, et je m'appelle Dante.

Una sera nel cammino vidi passare un uomo,
Vestito d’un gran mantello come un console di Roma,
E che mi sembrava nero contro il chiaro del cielo.
Quel passante si fermò, fissando su di me gli occhi
Brillanti, e così profondi da apparire selvaggi,
E mi disse : - Io fui dapprima, nei tempi antichi,
Un’alta montagna che empiva l’orizzonte;
Poi anima ancora cieca, spezzai la mia prigione
E salii d’un grado nella scala degli esseri,
Fui una quercia, ed ebbi altari e preti,
E lanciai rumori strani nell’aria;
Poi fui un leone sognante nel deserto,
Che parlava alla notte scura con la voce tonante;
Ora sono uomo e mi chiamo Dante.