L’intellighenzia ha decostruito l’idea di discendenza. Ognuno vive solo per se stesso e non vede oltre la propria morte. Il futuro è cancellato, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 14 /03 /2022 - 23:12 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Teologia pastorale.

Il Centro culturale Gli scritti (14/3/2022)

In giro coppie, singoli, gruppi di amici. Genitori con bambini, pochissimi.

Il pensiero occidentale ha decostruito la prospettiva di una discendenza. All’orizzonte c’è solo ed esclusivamente il futuro individuale.

Per chi conosce la Scrittura, cosa potrebbe significare ancora nella mente di un giovane la promessa fatta ad Abramo: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza» (Gen 15,5)? O ancora: «Alla tua discendenza io do questa terra» (Gen 15,18)?

Tutto si deve realizzare nel corso della vita del singolo, nessuno si impegna a costruire una casa per la generazione che verrà. Il denaro viene guadagnato e speso, le vacanze e i viaggi sono la realtà più ricercata, non il futuro dei figli che non nascono più.

Qualsiasi questione è stata resa più interessante della domanda se valga la pena far nascere bambini.

Dai passatempi allo sport, dal gender alle questioni economiche, dai film alle canzoni: di tutto si discute, ma la domanda sui bambini è scomparsa. La domanda se il grembo di una donna e la forza di un uomo si siano evoluti per nuove creature non risuona più nei cuori.

Le riflessioni che vado enunciando non vanno assolutizzate: ci sono, eccome, giovani che avranno figli, più della metà dei giovani li avranno.

Ma è la cultura che ha silenziato al questione. È l’intellighenzia che ha ingannato tutti, facendo credere che qualsiasi argomento sia più decisivo e vitale di questo.

Terribile è anche che la catechesi si sia accodata a questa prospettiva, dichiarando che bisogna preoccuparsi degli adulti in genere e non degli adulti che generano figli. Non solo perché solo chi genera è adulto, perché è adulto solo chi considera la vita delle nuove generazioni meritevole di impegnare la propria.

Ma, ancor più, perché, etichettando come irrilevante la questione dell’educazione delle nuove generazioni, ha contribuito ad escludere la generazione dal novero delle questioni vere dell’esistenza.

Anche per taluni catecheti conta l’uomo come consumatore, come pensatore, come individuo, senza che ci si domandi se la specie umana continuerà ad esistere.

Il futuro dell’uomo individuo guarda ai cinquant’anni o alla pensione, al sabato sera o alle vacanze estive, ai pranzi e alle cene nei locali come al divertimento.

Il futuro del padre è, invece, costituito dalla domanda sul mondo che abiterà il proprio figlio. Per il padre conta certamente l’eternità – il proprio figlio deve vincere la morte – ma prima ancora la domanda sul suo futuro e sulla sua felicità: è una domanda concreta, terrena, vera.

Quando le strade di un quartiere e le stanze di una parrocchia non pullulano più di bambini la vita è finita. Restano gli individui, senza più la promessa di Abramo.