Il magistero dei vescovi “successori degli apostoli” e il magistero dei teologi, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 31 /05 /2022 - 23:45 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Teologia pastorale.

Il Centro culturale Gli scritti (31/5/2022)

Mi colpì quando ascoltai, da giovane studente di teologia, un gesuita che ripeteva che esisteva un magistero dei vescovi ed un diverso magistero dei teologi. Ora quelle parole mi tornano in mente e mi tornano in mente proprio in un periodo di riscoperta della sinodalità e le sento ancora più vere.

Il magistero dei vescovi è legato alla trasmissione della tradizione: essi debbono riportare sempre alla viva vita di Gesù, alla sua persona, essi sono chiamati a riproporne tutta l’ampiezza per l’epoca presente, di modo che non ne se ne perda niente ed ogni fedele la possa accogliere, così come Gesù è, nella sua interezza.

Sono i “successori degli apostoli” e a loro spetta di farsi loro voce, loro eco, eco di coloro che a loro volta sono eco del Signore, eco di coloro che hanno incontrato il Signore Gesù nella ricchezza integrale di tutta la sua persona.

Spetta ai vescovi indicare e anche correggere, se qualcuno si allontanasse dalla pienezza della Parola di Dio.

I teologi, che non sono “successori degli apostoli”, debbono anch’essi rimandare a quella tradizione, perché sono teologi del popolo di Dio e nel popolo di Dio, ma hanno ricevuto in dono un “magistero” che è più libero, possono anche soffermarsi maggiormente su qualche aspetto dell’immenso tesoro della fede, perché spetta a chi presiede di mettere in luce sempre l’insieme. Oppure possono mettere in luce proprio l’insieme se quel determinato periodo corresse il rischio di perdere uno sguardo unitario.

Sono, insomma, più liberi nel loro magistero rispetto a quello dei vescovi, poiché sanno – e sa chi li ascolta e chi li legge – che il magistero pieno spetta ai vescovi.

Quello dei teologi può essere talvolta più provocante, talvolta più incerto, più carico di ipotesi, proprio perché inserito nel contesto di un magistero più grande e più decisivo che è quello episcopale.

Questa forma di magistero “dei teologi” spetta a noi, che abbiamo il secondo grado dell’ordine, quello del presbiterato, ma anche ai laici che possono essere pienamente teologi: siamo teologi – dovremmo esserlo! È bello riscoprire sempre che ruolo ricchissimo di insegnamento, più libero, abbiamo rispetto a chi ha il ministero di essere “successore degli apostoli”.

L’essere chiamati come teologi tante volte, ora qua, ora là, ad annunciare la Parola di Dio, a chiarificare ora questo ora quel tema, a rischiare nel rischiarare questioni dibattute, ad indicare prospettive future di pastorale, ad accompagnare laici e catechisti, è un vero e magnifico “magistero”, anche se è profondamente diverso da quello dei “successori degli apostoli”.