1975-79: quei quattro anni che cambiarono la nostra vita, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 10 /10 /2022 - 00:54 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Parrocchia e Giovani.

Il Centro culturale Gli scritti (10/10/2022)

Avevamo fra i quindici e i sedici anni, eppure venimmo subito trattati non in maniera infantile, bensì – potremmo dire a distanza di tanti anni – come “laici maturi”.

A quel tempo celebravamo, non saprei dire neanche perché, la messa al sabato nel saloncino, una messa solo per ragazzi. Arrivò colui che sarebbe diventato il nuovo vice-parroco, ancora diacono, e subito tutto cambiò: “No, la messa non appartiene a qualche gruppo particolare, la messa è di tutto il popolo di Dio. Da sabato prossimo, animeremo la messa del sabato sera in chiesa”.

Litigate, discussioni, proteste, perché ci veniva tolto il nostro piccolo spazio privilegiato, ma aveva ragione lui. Imparammo subito che non si dà cammino di fede senza la centralità della messa domenicale e senza che ci si impegni ad animarla.

Il cammino aveva fin lì riguardato i classici temi che vengono trattati nei gruppi di adolescenti, come l’amicizia, l’affettività, il servizio, dando per scontata la fede. Anche lì, subito, uno “schiaffo” che ci obbligò a crescere. Ricordo quella riunione in cui la domanda rivolta agli apostoli era ormai la nostra: “Ma voi chi dite che io sia?”. Molti di noi avvertirono che non avevamo ancora mai nemmeno affrontato quella domanda – ed eravamo lì già da anni.

 Un salto di qualità avvenne anche nelle esperienze che iniziammo a vivere insieme. Non so come riuscì a convincere molti dei nostri genitori, che allora erano ancora sufficientemente possessivi, a lasciarci andare per 15 giorni in campeggio libero. Si affittava un terreno lontano da luoghi frequentati da persone, dove scorresse vicino acqua potabile, e si piantava un campo fisso, con tanto di cucina e bagno, sotto le tende. Non era tanto una route, alla maniera scout, ma certo vivere completamente immersi nella natura, lontano da tutti, e affrontare insieme il bello e il cattivo tempo, il sole come la pioggia battente. Alfedena, Pian delle Stelle, Ollomont, Presenaio di San Pietro di Cadore: da 18 ragazzi a più di 60 per l’ultimo campo.

Anche lì, la messa quotidiana, con le letture indicate ogni giorno perché ognuno con la sua Bibbia potesse rileggerle e conservarne i testi. E quelle passeggiate lunghissime, dove tutti si doveva arrivare, senza mai lasciare indietro nessuno, aspettandosi in salita e in discesa.

Per un anno intero imparammo a leggere la Scrittura. Leggemmo 1 Tessalonicesi ed Efesini, brano dopo brano, per un anno intero. A 19 anni io conoscevo la Bibbia e la conoscevo bene! L’anno dopo, quando tutti ci aspettavamo che avremmo continuato ad approfondire la Sacra Scrittura, si passò al Concilio: Dei Verbum e Apostolicam actuositatem sul laicato, all’età di 18 anni!

Al contempo, ognuno era tenuto a svolgere un servizio in quella che iniziammo a chiamare la “comunità giovanile dei Protomartiri”: chi iniziò ad essere catechista, chi faceva parte del gruppo liturgico, chi si occupava del servizio agli anziani, chi del canto, chi dell’organizzazione dell’estate.

Imparammo che in parrocchia doveva esserci anche un servizio culturale, di pari dignità con gli altri servizi. Fondammo il CCGP, il Centro Culturale Giovanile Protomartiri - a quel tempo andavano di moda le sigle. Aveva due sale per studiare insieme e vi si trovavamo tutti i quotidiani dei patititi dell’arco costituzionale: io stesso divenni a 17 anni il “bibliotecario” del Centro culturale. Uscirono diversi numeri di un giornale serio - non un giornalino parrocchiale ci diceva allora, ma qualcosa di diverso -, su cui furono invitati a scrivere, su tematiche scelte insieme, personaggi qualificati.

Addirittura, quando arrivammo a compiere i 18 anni, essendoci in vista le elezioni, studiammo la storia dei partiti politici, presentando agli altri del CCGP, ognuno il partito che aveva studiato e la sua storia.

Ai nostri occhi era evidente che la nostra storia di gruppo parrocchiale era come una luce che illuminava non solo il quartiere, ma anche via via le zone vicino.

Alla messa delle 19.00 del sabato sera iniziarono ad affluire giovani delle scuole vicine – il nostro don era anche insegnante di religione al Virgilio – e le persone erano impressionate dal numero di giovani che si incontravamo per la messa, anche se non appartenevano in senso stretto alla “comunità giovanile”, ma venivano lì per essere con noi e per la liturgia.

Il cammino fu bello, ma anche serio, al punto che, dopo il campo di Ollomont, la comunità giovanile venne sciolta. Infatti, il don ci disse: “Non state camminando come cristiani. Siete una comitiva chiusa, di amici che si cercano fra di loro, ma non hanno attenzione a chi si avvicina”. Ricordo ancora le parole precise e vere: “Chi viene qui da noi è convinto per ciò stesso di incontrare dei cristiani e di avere dinanzi a sé gente che cammina nella fede. Invece si trova una qualsiasi comitiva di gente che si potrebbe incontrare ovunque, perché non stiamo cercando la volontà di Dio”.

Ci disse anche: “Ormai vi voglio bene, se volete essere solo una comitiva ci incontriamo nelle case, ma non più in parrocchia, perché faremmo credere di essere cristiani. Solo se volete essere una comunità cristiana possiamo incontrarci qui in parrocchia, perché chi viene ha diritto di incontrare dei cristiani in cammino. La comunità è sciolta. Per chi intende iniziare seriamente a camminare nella fede, ci rivediamo qui fra due settimane e ripartiremo”.

Due settimane dopo c’eravamo tutti e molti di noi avevano capito la lezione. Cinque erano i punti che dovevano costituire la comunità: la formazione nelle riunioni, la celebrazione domenicale comune (al sabato sera), la preghiera personale, il servizio, la direzione spirituale.

Gli anni successivi furono più difficili, ma i frutti continuarono e soprattutto quella messa continuò ad essere un dono per tutti, man mano che i sacerdoti si alternavano. La serie dei campi si allungò, anno dopo anno. Nel tempo si celebrarono i primi matrimoni e due di noi iniziammo la preparazione per divenire preti.

Parlare di quegli anni non è solo “lodare il tempo che fu”, è allora che si costruì quello che è il nostro sguardo sul mondo.