Esperienze di inizio estate, sotto il Suo sguardo. Un “grazie” a quanti mettono in movimento migliaia di persone con l’esperienza dei centri estivi nelle nostre parrocchie romane, di Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare di Roma

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 10 /06 /2023 - 23:43 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una riflessione di Paolo Ricciardi, scritta nel giugno 2023. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e oratorio. Cfr., in particolare, Per superare la schizofrenia dell’Iniziazione cristiana: l’oratorio estivo e i bambini della Prima comunione. Si può organizzare un oratorio estivo senza ritrovarsi insieme la domenica a messa?, di Andrea Lonardo.

Il Centro culturale Gli scritti (11/6/2023)

Eccoli qui, puntuali, con la fine della scuola, dopo averci aspettato un anno intero. Ci aspettano dietro l’angolo di un anno forse già faticoso, come sprint finale che vede trasformarsi in pochi giorni i nostri locali esterni e interni, dove tutto si colora di infanzia e di allegria. Eccoli qui, i nostri centri estivi…

Folla di bambini, venti, cinquanta, cento, anche duecento, che si dividono in squadre, di colori diversi, con cappellini, magliette disegnate, foulard…; e, al mattino, padri di tutti i tipi che accompagnano i figli, alcuni in giacca e cravatta, altri più ragazzi dei figli, pronti ad andare al lavoro, in moto, in bici, in macchine che occupano le strade; oppure mamme apprensive che chiacchierano tra loro e tenere nonne che amano fermarsi a guardare.

Un fiume di voci, di cori, di musica, di giochi. Tutto sotto lo sguardo splendido e divertito di Dio. I centri estivi sono una Sua benedizione per le nostre famiglie e rendono le nostre parrocchie più famiglia.

E poi ci sono – e non possono non esserci – loro.

Sono i nostri animatori, per lo più adolescenti, con qualche giovane più grande e – speriamo – più responsabile. I nostri animatori, fino a qualche anno fa anche loro bambini dei centri estivi, attaccati ai loro animatori, in quell’atmosfera particolare che fa legare le persone, con tanto desiderio di affetto, di abbraccio, di essere importanti per qualcuno. Sono gli animatori che hanno fatto i cammini dei gruppi durante l’anno, anche se tra loro spunta ogni estate qualcuno che non veniva da tempo o qualche “amico dell’amico” che vuole fare questo servizio.

I nostri animatori hanno questa grande occasione di incontro, di servizio, di creatività. Li vedi lì, a spiegare i giochi, ad animare una danza, a disegnare un cartellone, a preparare un video, a rincorrere i bambini, a consolarli quando serve, a curare lacrime e ferite quando si sbucciano un ginocchio.

E noi, sacerdoti, viceparroci, parroci, con i loro animatori, li guardiamo felici e preoccupati, sorpresi di vederli già così cresciuti e consapevoli che devono crescere ancora. È un’esplosione di grazia che fa la differenza tra queste esperienze e quelle dei pur validi centri estivi nelle scuole, nei centri sportivi o nei luoghi di lavoro dei genitori.

Perché qui, su tutti, c’è lo sguardo di Dio. E c’è esperienza di comunità.

Ci saranno risate, ci saranno pianti, bambini che non ci stanno a perdere… e poi animatori che ad un certo punto litigano, perché c’è sempre chi lavora e chi “si imbosca”

Ma sempre, sopra tutto, Dio.

E, insieme, vedremo il sorriso e la sorpresa dei familiari che vengono a prendere i bambini, i quali non si vogliono staccare da quegli adolescenti e non vogliono tornare a casa. Almeno, stanchi morti, finalmente dormiranno, mentre la memoria del telefono si riempirà di messaggi, di foto, di video nei gruppi WhatsApp, o in Instagram o in altre app più avanzate che io, nato e ordinato nel secondo millennio, ancora non conosco.

E poi si sveglieranno l’indomani mattina per tornare di nuovo in parrocchia. Sotto lo sguardo del grande Animatore, sotto gli occhi di Dio.

Invece gli animatori, pur avendo lavorato tutto il giorno, fatto verifiche, messo tutto a posto – si spera –, hanno anche la straordinaria energia di uscire pure la sera, di farsi una passeggiata e un gelato. E capiterà di stringere amicizie, sicuramente anche di innamorarsi.

E sempre, sopra tutto, Dio.

Sta a noi, sacerdoti, aiutare ragazzi, bambini e famiglie a sentire il respiro di Dio in quest’inizio di estate. Se non passasse questo, almeno il soffio di un canto, una preghiera, una celebrazione, sarebbe triste aver usato la parrocchia per queste settimane… senza far incontrare Dio.

A me piaceva, ogni tanto, fare il segno di croce sulla fronte dei ragazzi, e far percepire che anche noi stavamo loro dietro, amandoli così com’erano, anche quando cresceva in me la rabbia nel vedere che loro, “i grandi”, erano da vigilare di più rispetto ai piccoli.

In questo anticipo d’estate, grazie ai nostri Centri, scorre un fiume di Grazia per tutta Roma e scorre in noi un grazie immenso a tutti gli infaticabili sacerdoti, alle famiglie, ai bambini e in particolare a loro, i nostri giovanissimi animatori.

+ Paolo Ricciardi
vescovo ausiliare di Roma

Appendice

Ricordo una volta – ero parroco da qualche anno – decidemmo di portare i bambini a villa Borghese, forse anche al Bioparco, ma fermandoci prima un paio d’ore al centro di Roma, perché ci stupiva il fatto che molti di quei bambini non conoscessero alcuni luoghi della nostra città. Li dividemmo in squadre, in piccoli gruppi, e li portammo da piazza Venezia a Fontana di Trevi. Ad un certo punto – per la merenda – ci fermammo davanti all’Università Gregoriana. Ci sedemmo sui gradini dell’Ateneo, per mangiarci un panino e berci un succo di frutta. Io, ovviamente, non ero riconoscibile come prete, in pantaloncini e maglietta. Mi colpì il fatto che – mentre vedevo uscire alcuni studenti in tempo di esame che ci osservavano meravigliati – fosse la prima volta che mi sedevo sui gradini dell’università che mi aveva visto alunno, studente di filosofia, di teologia, di sacra Scrittura. Mi sembrava così strano in quel momento che avessi fatto tutti quegli esami per ritrovarmi in mezzo a quindici bambini a fare merenda. Eppure percepii, forse non allora ma riflettendoci dopo, che tutti quegli studi così importanti e necessari – per cui ringrazierò sempre il Signore – avessero senso anche per quel momento lì, l’essere con quei bambini. Non avrei preferito nulla al mondo di diverso, che essere lì, a sbriciolare la mia teologia nell’attenzione verso quei piccoli, che sbriciolavano i loro panini sugli scalini della Gregoriana.

don Paolo Ricciardi