1/ «L’educazione dei giovani e l’assistenza verso chi soffre, la dedizione agli ultimi e la coltivazione delle arti sono espressioni di quella cura per la dignità umana che in ogni tempo dobbiamo sostenere. In vista del bene comune della società siamo collaboratori, ciascuno nel proprio ambito istituzionale». Saluto del Santo Padre Leone XIX al Sindaco di Roma 2/ «Mater omnium Ecclesiarum, Madre di tutte le Chiese. Spesso Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sulla dimensione materna della Chiesa». Celebrazione eucaristica e insediamento sulla Cathedra Romana del Vescovo di Roma Leone XIV 3/ «I Papi passano, la Curia rimane. La Curia è l’istituzione che custodisce e trasmette la memoria storica di una Chiesa, del ministero dei suoi Vescovi. La memoria è un elemento essenziale in un organismo vivente. Non è solo rivolta al passato, ma nutre il presente e orienta al futuro». Discorso del Santo Padre Leone XIV agli Officiali della Curia Romana e dipendenti Della Santa Sede, del Governatorato SCV e del Vicariato di Roma
1/ «L’educazione dei giovani e l’assistenza verso chi soffre, la dedizione agli ultimi e la coltivazione delle arti sono espressioni di quella cura per la dignità umana che in ogni tempo dobbiamo sostenere. In vista del bene comune della società siamo collaboratori, ciascuno nel proprio ambito istituzionale». Saluto del Santo Padre Leone XIX al Sindaco di Roma
Riprendiamo sul nostro sito il Saluto del Santo Padre Leone XIX al Sindaco di Roma in piazza dell'Ara Coeli (ai piedi della scalinata del Campidoglio), 25 maggio 2025. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Laicità ed Ecclesiologia.
Il Centro culturale Gli scritti (27/5/2025)

Signor Sindaco,
Le sono molto grato per l’accoglienza e le parole di saluto che mi ha rivolto. Ringrazio, insieme con Lei, l’Amministrazione civica, nonché le Autorità civili e militari, nel giorno del mio insediamento come Vescovo di Roma.
Iniziando ufficialmente il ministero di Pastore di questa Diocesi, sento la grave ma appassionante responsabilità di servire tutte le sue membra, avendo a cuore anzitutto la fede del popolo di Dio, e quindi il bene comune della società. Per quest’ultima finalità siamo collaboratori, ciascuno nel proprio ambito istituzionale. Appena dopo l’elezione, ricordavo ai fratelli e alle sorelle convenuti in Piazza San Pietro che sono con loro cristiano e per loro vescovo: a titolo speciale, oggi posso dire che per voi e con voi sono romano!
Da due millenni la Chiesa vive il proprio apostolato in Roma annunciando il Vangelo di Cristo e prodigandosi nella carità. L’educazione dei giovani e l’assistenza verso chi soffre, la dedizione agli ultimi e la coltivazione delle arti sono espressioni di quella cura per la dignità umana che in ogni tempo dobbiamo sostenere, specialmente verso i piccoli, i deboli e i poveri. Nell’anno santo del Giubileo, questa sollecitudine si estende ai pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, e si avvale anche dell’impegno profuso dall’Amministrazione Capitolina, per il quale esprimo viva gratitudine.
Signor Sindaco, auspico che Roma, ineguagliabile per la ricchezza del patrimonio storico e artistico, si distingua sempre anche per quei valori di umanità e civiltà che attingono dal Vangelo la loro linfa vitale. Con questi sentimenti, imparto la Benedizione Apostolica su questa Città e su tutti i suoi abitanti.
2/ «Mater omnium Ecclesiarum, Madre di tutte le Chiese. Spesso Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sulla dimensione materna della Chiesa». Celebrazione eucaristica e insediamento sulla Cathedra Romana del Vescovo di Roma Leone XIV
Riprendiamo sul nostro sito l’omelia del Santo Padre Leone XIX nella celebrazione eucaristica per insediamento sulla Cathedra Romana del Vescovo di Roma, 25 maggio 2025. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Ecclesiologia.
Il Centro culturale Gli scritti (27/5/2025)
Rivolgo un caro saluto ai Signori Cardinali presenti, in particolare al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari e a tutti i Vescovi, ai carissimi Sacerdoti – Parroci, Vice-parroci e tutti coloro che a vario titolo cooperano alla cura pastorale nelle nostre comunità –; come pure ai Diaconi, ai Religiosi, alle Religiose, alle Autorità e a tutti voi, carissimi fedeli.
La Chiesa di Roma è erede di una grande storia, radicata nella testimonianza di Pietro, di Paolo e di innumerevoli martiri, e ha una missione unica, ben indicata da ciò che è scritto sulla facciata di questa Cattedrale: essere Mater omnium Ecclesiarum, Madre di tutte le Chiese.
Spesso Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sulla dimensione materna della Chiesa (cfr Esort. Ap. Evangelii gaudium, 46-49.139-141; Catechesi, 13 gennaio 2016) e sulle caratteristiche che le sono proprie: la tenerezza, la disponibilità al sacrificio e quella capacità di ascolto che permette non solo di soccorrere, ma spesso di prevenire i bisogni e le attese, prima ancora che siano espresse. Sono tratti che ci auguriamo crescano ovunque nel popolo di Dio, anche qui, nella nostra grande famiglia diocesana: nei fedeli, nei pastori, in me per primo. Su di essi ci possono aiutare a riflettere le Letture che abbiamo ascoltato.
Negli Atti degli Apostoli (cfr 15,1-2.22-29), in particolare, si narra di come la comunità delle origini ha affrontato la sfida dell’apertura al mondo pagano nell’annuncio del Vangelo. Non è stato un processo facile: ha richiesto tanta pazienza e ascolto reciproco; ciò è avvenuto anzitutto all’interno della comunità di Antiochia, dove i fratelli, dialogando – anche discutendo – sono arrivati a definire insieme la questione. Poi però Paolo e Barnaba sono saliti a Gerusalemme. Non hanno deciso per conto loro: hanno cercato la comunione con la Chiesa madre e vi si sono recati con umiltà.
Lì hanno trovato, ad ascoltarli, Pietro e gli Apostoli. Si è così intavolato il dialogo che finalmente ha portato alla giusta decisione: riconoscendo e considerando la fatica dei neofiti, si è concordato di non imporre loro pesi eccessivi, ma di limitarsi a chiedere l’essenziale (cfr At 15,28-29). Così, quello che poteva sembrare un problema è divenuto per tutti un’occasione per riflettere e per crescere.
Il testo biblico, però, ci dice di più, andando oltre la pur ricca e interessante dinamica umana dell’evento.
Ce lo rivelano le parole che i fratelli di Gerusalemme rivolgono, per lettera, a quelli di Antiochia, comunicando loro le decisioni prese. Essi scrivono: «È parso bene […] allo Spirito Santo e a noi» (cfr At 15,28). Sottolineano, cioè, che nell’intera vicenda l’ascolto più importante, che ha reso possibile tutto il resto, è stato quello della voce di Dio. Ci ricordano, così, che la comunione si costruisce prima di tutto “in ginocchio”, nella preghiera e in un continuo impegno di conversione. Solo in tale tensione, infatti, ciascuno può sentire in sé la voce dello Spirito che grida: «Abbà! Padre!» (Gal 4,6) e di conseguenza ascoltare e comprendere gli altri come fratelli.
Anche il Vangelo ci ribadisce questo messaggio (cfr Gv 14,23-29), dicendoci che nelle scelte della vita non siamo soli. Lo Spirito ci sostiene e ci indica la via da seguire, “insegnandoci” e “ricordandoci” tutto ciò che Gesù ci ha detto (cfr Gv 14,26).
In primo luogo lo Spirito ci insegna le parole del Signore imprimendole profondamente in noi, secondo l’immagine biblica della legge scritta non più su tavole di pietra, ma nei nostri cuori (cfr Ger 31,33); dono che ci aiuta a crescere fino a renderci “lettera di Cristo” (cfr 2Cor 3,3) gli uni per gli altri. Ed è proprio così: noi siamo tanto più capaci di annunciare il Vangelo quanto più ce ne lasciamo conquistare e trasformare, permettendo alla potenza dello Spirito di purificarci nell’intimo, di rendere semplici le nostre parole, onesti e limpidi i nostri desideri, generose le nostre azioni.
E qui entra in gioco l’altro verbo: “ricordare”, cioè tornare a rivolgere l’attenzione del cuore a ciò che abbiamo vissuto e appreso, per penetrarne più profondamente il significato e gustarne la bellezza.
Penso, in proposito, al cammino impegnativo che la Diocesi di Roma sta percorrendo in questi anni, articolato su vari livelli di ascolto: verso il mondo circostante, per accoglierne le sfide, e all’interno delle comunità, per comprendere i bisogni e promuovere sapienti e profetiche iniziative di evangelizzazione e di carità. È un cammino difficile, ancora in corso, che cerca di abbracciare una realtà molto ricca, ma anche molto complessa. È però degno della storia di questa Chiesa, che tante volte ha dimostrato di saper pensare “in grande”, spendendosi senza riserve in progetti coraggiosi, e mettendosi in gioco anche di fronte a scenari nuovi e impegnativi.
Ne è segno il grande lavoro con cui tutta la diocesi, proprio in questi giorni, si sta prodigando per il Giubileo, nell’accoglienza e nella cura dei pellegrini e in innumerevoli altre iniziative. Grazie a tanti sforzi, la città appare a chi vi giunge, a volte da molto lontano, come una grande casa aperta e accogliente, e soprattutto come un focolare di fede.
Da parte mia, esprimo il desiderio e l’impegno di entrare in questo cantiere così vasto mettendomi, per quanto mi sarà possibile, in ascolto di tutti, per apprendere, comprendere e decidere insieme: “cristiano con voi e Vescovo per voi”, come diceva Sant’Agostino (cfr Discorso 340, 1). Vi chiedo di aiutarmi a farlo in uno sforzo comune di preghiera e di carità, ricordando le parole di San Leone Magno: «Tutto il bene da noi compiuto nello svolgimento del nostro ministero è opera di Cristo; e non di noi, che non possiamo nulla senza di lui, ma di lui ci gloriamo, lui da cui deriva tutta l’efficacia del nostro operare» (Serm. 5, de natali ipsius, 4).
A tali parole vorrei unire, concludendo, quelle del Beato Giovanni Paolo I, che il 23 settembre del 1978, con il volto radioso e sereno che già gli era valso l’appellativo di “Papa del sorriso”, così salutava la sua nuova famiglia diocesana: «San Pio X – diceva – entrando patriarca a Venezia, aveva esclamato in San Marco: “Cosa sarebbe di me, Veneziani, se non vi amassi?”. Io dico ai romani qualcosa di simile: posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono» (Omelia in occasione della Presa di Possesso della Cathedra Romana, 23 settembre 1978).
Anch’io vi esprimo tutto il mio affetto, con il desiderio di condividere con voi, nel cammino comune, gioie e dolori, fatiche e speranze. Anch’io vi offro “quel poco che ho e che sono”, e lo affido all’intercessione dei Santi Pietro e Paolo e di tanti altri fratelli e sorelle la cui santità ha illuminato la storia di questa Chiesa e le vie di questa città. La Vergine Maria ci accompagni e interceda per noi.
Parole di Papa Leone XIV pronunciate dalla Loggia centrale della Basilica Lateranense per la Benedizione alla città di Roma al termine della Celebrazione Eucaristica.
La pace sia con voi!
Cari fratelli e sorelle, comunità di Roma, mi fa tanto piacere essere qui con voi stasera, in questo atto liturgico, nel quale abbiamo celebrato il mio insediamento come vostro nuovo Vescovo di Roma. Grazie a tutti voi!
Vivere la nostra fede, specialmente durante questo Anno del Giubileo, cercando la speranza; però cercando di essere noi stessi testimonianza che offre la speranza al mondo. Un mondo che soffre tanto, tanto dolore, per le guerre, la violenza, la povertà! Ma a noi cristiani il Signore chiede di essere sempre questa testimonianza viva. Vivere la nostra fede, sentire nel nostro cuore che Gesù Cristo è presente e sapere che Lui ci accompagna sempre nel nostro cammino.
Grazie a voi per camminare insieme! Camminiamo tutti insieme! Contate sempre su di me, che con voi sono cristiano e per voi Vescovo. Grazie a tutti!
[Benedizione]
Buonasera a tutti! Viviamo con questa gioia, sempre. Grazie.
3/ «I Papi passano, la Curia rimane. La Curia è l’istituzione che custodisce e trasmette la memoria storica di una Chiesa, del ministero dei suoi Vescovi. La memoria è un elemento essenziale in un organismo vivente. Non è solo rivolta al passato, ma nutre il presente e orienta al futuro». Discorso del Santo Padre Leone XIV agli Officiali della Curia Romana e dipendenti Della Santa Sede, del Governatorato SCV e del Vicariato di Roma
Riprendiamo sul nostro sito il discorso del Santo Padre Leone XIV agli Officiali della Curia Romana e dipendenti Della Santa Sede, del Governatorato SCV e del Vicariato di Roma, tenuto in Aula Paolo VI il 24 maggio 2025. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Ecclesiologia.
Il Centro culturale Gli scritti (27/5/2025)
Grazie! Quando gli applausi durano più del discorso, dovrò fare un discorso più lungo! Allora… state attenti! Grazie!
Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo, la pace sia con voi.
Cari fratelli e sorelle!
Sono contento di poter salutare tutti voi, che formate le comunità di lavoro della Curia Romana, del Governatorato e del Vicariato di Roma.
Saluto i Capi dei Dicasteri e gli altri Superiori, i Capi Ufficio e tutti gli Officiali; come pure le Autorità della Città del Vaticano, i dirigenti e i dipendenti. E mi fa molto piacere che siano presenti anche parecchi familiari, approfittando del giorno di sabato.
Questo nostro primo incontro non è certo il momento per fare discorsi programmatici, ma piuttosto è per me l’occasione di dirvi grazie per il servizio che svolgete, questo servizio che io, per così dire, “eredito” dai miei Predecessori. Grazie davvero. Sì, come sapete, io sono arrivato solo due anni fa, quando l’amato Papa Francesco mi ha nominato Prefetto del Dicastero per i Vescovi. Allora ho lasciato la Diocesi di Chiclayo, in Perù, e sono venuto a lavorare qui. Che cambiamento! E adesso poi… Cosa posso dire? Solo quello che Simon Pietro disse a Gesù sul lago di Tiberiade: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17).
I Papi passano, la Curia rimane. Questo vale in ogni Chiesa particolare, per le Curie vescovili. E vale anche per la Curia del Vescovo di Roma. La Curia è l’istituzione che custodisce e trasmette la memoria storica di una Chiesa, del ministero dei suoi Vescovi. Questo è molto importante. La memoria è un elemento essenziale in un organismo vivente. Non è solo rivolta al passato, ma nutre il presente e orienta al futuro. Senza memoria il cammino si smarrisce, perde il senso del percorso.
Ecco, carissimi, questo è il primo pensiero che vorrei condividere con voi: lavorare nella Curia Romana significa contribuire a tenere viva la memoria della Sede Apostolica, nel senso vitale che ho appena accennato, così che il ministero del Papa possa attuarsi nel migliore dei modi. E per analogia questo si può dire anche dei servizi dello Stato della Città del Vaticano.
C’è poi un altro aspetto che desidero richiamare, complementare a quello della memoria, cioè la dimensione missionaria della Chiesa, della Curia e di ogni istituzione legata al ministero petrino. Su questo ha insistito molto Papa Francesco, che, coerentemente con il progetto enunciato nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, ha riformato la Curia Romana nella prospettiva dell’evangelizzazione, con la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium. E questo l’ha fatto ponendosi nella scia dei Predecessori, specialmente di San Paolo VI e San Giovanni Paolo II.
Come penso sappiate, l’esperienza della missione fa parte della mia vita, e non solo in quanto battezzato, come per tutti noi cristiani, ma perché come religioso agostiniano sono stato missionario in Perù, e in mezzo al popolo peruviano è maturata la mia vocazione pastorale. Non potrò mai ringraziare abbastanza il Signore per questo dono! Poi, la chiamata a servire la Chiesa qui nella Curia Romana è stata una nuova missione, che ho condiviso con voi in questi ultimi due anni. E ancora la continuo e la continuerò, finché Dio vorrà, in questo servizio che mi è stato affidato.
Perciò, ripeto a voi quello che ho detto nel mio primo saluto, la sera dell’8 maggio: «Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta ad accogliere […] con le braccia aperte a tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, della nostra presenza, del dialogo e dell’amore». Queste parole erano indirizzate alla Chiesa di Roma. E ora le ripeto pensando alla missione di questa Chiesa verso tutte le Chiese e il mondo intero, di servire la comunione, l’unità, nella carità e nella verità. Il Signore ha dato a Pietro e ai suoi successori questo compito, e tutti voi in modi diversi collaborate per questa grande opera. Ciascuno dà il suo contributo svolgendo il proprio lavoro quotidiano con impegno e anche con fede, perché la fede e la preghiera sono come il sale per i cibi, danno sapore.
Se dunque dobbiamo tutti cooperare alla grande causa dell’unità e dell’amore, cerchiamo di farlo prima di tutto con il nostro comportamento nelle situazioni di ogni giorno, a partire anche dall’ambiente lavorativo. Ognuno può essere costruttore di unità con gli atteggiamenti verso i colleghi, superando le inevitabili incomprensioni con pazienza, con umiltà, mettendosi nei panni degli altri, evitando i pregiudizi, e anche con una buona dose di umorismo, come ci ha insegnato Papa Francesco.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio ancora di cuore! Siamo nel mese di maggio: invochiamo insieme la Vergine Maria, perché benedica la Curia Romana e la Città del Vaticano, e anche le vostre famiglie, specialmente i bambini, gli anziani e le persone malate e sofferenti.
Grazie!
Allora, diciamo insieme: “Ave Maria…”
[Benedizione]
Grazie di nuovo, tanti auguri!