«Questo concetto dell’individuo la cui perfezione è realizzata nella forma del godimento di sé non esiste, non c’è nel fondamento del pensiero su Dio, diversamente che nella metafisica greca. I ragazzi si accorgono che l’autosufficienza è fonte di angoscia e di malinconia ma non sanno dare a questo un nome perché la cultura dice, in modo martellante: essere sé stessi, autonomi, indipendenti. La Trinità contiene questo anticorpo prodigioso rispetto che è racchiusa nella prima parola che definisce Dio, il quale non è sostanza, né assoluto, né identità, ma generazione». Da un’intervista a Pierangelo Sequeri di Andrea Monda e Roberto Cetera

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /07 /2025 - 20:48 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito un brano da un’intervista a Pierangelo Sequeri di Andrea Monda e Roberto Cetera, tratto da L’Osservatore Romano del 6/11/2023: l’intervista recava il titolo «Dio si identifica generando non rispecchiando sé stesso». Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Cristianesimo e teologia.

Il Centro culturale Gli scritti (9/7/2025)

Il Dio che è relazione […] dice qualcosa […] alla Chiesa di oggi che si presenta come sinodale, cioè non autoreferenziale. Oppure questa è una lettura forzata?

Invece è proprio così: autoreferenzialità e perfezione. Il modello che parassitariamente ha consentito all’individualismo di ricevere un apporto non voluto da parte della teologia è una concezione autoreferenziale di Dio, cioè l’idea che la perfezione ha la forma di uno che gode di sé stesso, che è specchio della propria perfezione e al quale niente può essere aggiunto.

Ma Dio è amore, relazione, così ci dice l’ontologia trinitaria.

Torniamo indietro con la memoria e andiamo a vedere come nel primo millennio la Chiesa realizzò un’impresa strepitosa perché, confrontandosi con il monoteismo metafisico dei greci, che non è il nostro, essa ha dato consistenza alla trascendenza di Dio, una cosa che il mito non aiutava a realizzare.

Un’operazione sacrosanta, necessaria ma non sufficiente. Adesso è il momento di riscoprire che Dio, che pure essendo perfetto e al quale non manca niente, non è certamente autoreferenziale. Questo concetto dell’individuo la cui perfezione è realizzata essenzialmente nella forma del godimento di sé non esiste, non è mai esistito, non c’è neppure nel fondamento del pensiero su Dio — non è mai stato per noi un principio, diversamente che nella metafisica greca.

I ragazzi si stanno accorgendo che non è vero, si accorgono sulla loro pelle che l’autosufficienza è fonte di angoscia e di malinconia ma non sanno dargli i nomi perché appunto la cultura dice, in modo martellante: essere sé stessi, autonomi, indipendenti.

La Trinità contiene questo anticorpo prodigioso rispetto all’idea greca che è racchiusa nella prima parola che definisce Dio, il quale non è sostanza, né assoluto, né identità, ma generazione.

Generazione è un vocabolo che è insieme dinamico e affettivo. I padri greci del concilio di Nicea si trovavano di fronte al problema di un Dio che non poteva essere generato, perché se è generato è un gradino inferiore.

E i padri dissero no: qui il generato è nello stesso livello del generante, che è eterno come il generante, cioè c’è una generazione eterna.

E siccome in greco non si può dire una cosa del genere, cambiarono la semantica della lingua greca. Aprirono così una voragine non da poco, ma che adesso potrebbe essere la nostra felicità, perché vorrebbe dire che il principio della creazione assoluta, che per noi è Dio, vive nella generazione, nella vita.

Il principio di tutte le cose, la legge di tutte le cose è un Dio generato e generativo; quindi non solo nessuno si fa da sé, ma nessuno è destinato a godere di sé stesso. Dio per primo. Questa è la cosa bellissima: anche in Dio non c’è un godimento di sé, ma c’è un godimento della generazione, c’è un amore che si fa spirito e unisce i due, ma non c’è un godimento di sé.

Ogni inclinazione a concepire l’assolutezza, la perfezione in termini di autorefenzialità può essere tranquillamente congedata perché è una strada mortifera. Nel caso di Dio perché ci consegna un’immagine di Dio alla quale di ciò che succede a noi non può importare veramente.

Lo ha detto anche Ratzinger, in un’intervista pubblicata sull’«Osservatore Romano»: noi cristiani abbiamo una concezione di Dio che dal punto di vista della filosofia ha anche una sua perfezione, ma per noi è desolante. In questa concezione aristotelica, dice Benedetto XVI, «Dio, l’Eterno, è in sé, non cambia. Sta in sé, non ha relazione ad extra. È una parola molto logica, ma è una parola che ci fa disperare […] Con l’incarnazione, con l’avvento della theotokos, questo è cambiato radicalmente perché Dio ci ha attirato in sé stesso e Dio in sé stesso è relazione e ci fa partecipare nella sua relazione interiore».

Prima dei grandi concili cristologici che dicevano che Gesù è figlio di Dio, il popolo è stato il primo a dire che Maria è la madre di Dio, e questo ci ha fatto capire che quello schema dell’autosufficienza non è il riflesso del principio.

Penso che tutto questo sia così strepitoso che ho voluto recentemente scriverci un libro dal titolo Il Grembo di Dio (Roma, Città Nuova 2023, p. 200), in cui valorizzo questo ragionamento contro l’individualismo. Senza bisogno di mettere tra parentesi il dogma, bisogna parlarne come faceva Gesù, usando la lingua dell’esperienza.

Se noi riuscissimo a educare le generazioni che vengono all’idea che essere generati e generare non solo è bello, ma è anche la forma della realizzazione della qualità personale di ogni identità — perché anche Dio è così — non sarebbe bellissimo?

Dio si identifica generando, non rispecchiando sé stesso, ma generando si autogenera, diventando Padre si identifica come Dio. Diventando Figlio si identifica come Dio. Se riusciamo a dire questo, noi cambiamo non solo la teologia, non solo la Chiesa, ma il mondo.