Giubileo dei giovani. Mons. Lonardo: “Dalla GMG del 2000 al Giubileo del 2025, i giovani non hanno smesso di cercare Dio”. Un’intervista ad Andrea Lonardo di Filippo Passantino

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 02 /08 /2025 - 17:03 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un’intervista ad Andrea Lonardo di Filippo Passantino, pubblicato sull’Agenzia di stampa SIR il 2/8/2025 (https://www.agensir.it/italia/2025/08/02/giubileo-dei-giovani-mons-lonardo-dal-2000-a-oggi-i-giovani-non-hanno-smesso-di-cercare-dio/). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Giovani e Cristianesimo.

Il Centro culturale Gli scritti (2/8/2025)


Giubileo dei giovani 2025: alcuni giovani pellegrini nella parrocchia di San Tommaso Moro

Parroco e testimone della GMG del 2000 a Tor Vergata, accoglie alcuni dei ragazzi arrivati a Roma, offrendo ospitalità e accompagnamento spirituale nella parrocchia di San Tommaso Moro.

Lo si può trovare nella parrocchia di cui è parroco, San Tommaso Moro, a Roma, ad accogliere gruppi di ragazzi arrivati da alcune parti d’Italia per il Giubileo dei Giovani e a pregare con loro. Mons. Andrea Lonardo, teologo e direttore dell’Ufficio della Cultura della diocesi di Roma, dal 1° settembre, è stato testimone diretto della Giornata Mondiale della Gioventù del 2000, sempre a Tor Vergata, in cui Giovanni Paolo II definì i giovani “sentinelle del mattino”. Allora era già parroco, in periferia. A lui abbiamo chiesto un confronto tra quell’evento epocale e il Giubileo in corso, e un pensiero sui giovani di oggi.

Don Andrea, qual è la sua impressione su questo Giubileo dei Giovani?

Al tempo della GMG del 2000, in tanti affermavano allora che la fede era morta, che ormai il secolarismo era penetrato irresistibilmente nel cuore degli uomini. Per questo fu veramente un evento - e addirittura uno sconvolgimento delle prospettive -, scoprire a Tor Vergata quel segno che diceva chiaramente che non era così, che la lettura sociologica di tanti non era corretta. Io ricordo che ero in un quartiere periferico di Roma, già parroco, e lo stupore di tanti che non si attendevano quel fatto evidente e commentavano: “Non è possibile che siano così tanti!”. Ci fu uno stupore vero e tanta gioia - e poi anche un po’ di tristezza quando se ne andarono. Perché mancava a tutti quella marea di giovani.
Poi si è scoperto, a partire dal 2001 che le religioni sono forti nel mondo e che chi parla di secolarismo non capisce l’immigrazione, non comprende che i popoli giovani sono interessatissimi alla religione. Questo è, fra l’altro, il grande problema dell’Europa
.
Per capire il Giubileo dei giovani si deve oggi considerare non solo questo nuovo interesse mondiale per le religioni, ma anche che questo evento non è paragonabile a quello, perché non è una GMG. Questo va detto, chiaramente non è una Giornata mondiale, tant’è vero, ad esempio, che gli adolescenti sono già venuti a Roma per il loro Giubileo.
Però, anche questo evento sarà un segno grande che c’è un vero interesse nell’uomo di oggi non solo per il cristianesimo, ma per la ricerca di Dio.

Giovanni Paolo II, 25 anni fa, definì i giovani “sentinelle del mattino”. È ancora una definizione valida?

Secondo me, vale la pena innanzitutto riflettere sull’importanza di tale affermazione. “Sentinella del mattino” è in qualche modo una espressione creata proprio da Giovanni Paolo II, ma essa risente del linguaggio biblico, in particolare del profeta Isaia che racconta di una sentinella a cui viene chiesto a che punto è la notte: sta arrivando il mattino, oppure non arriva?
Diciamo che l’Occidente è abituato all’idea di una sentinella che in realtà, come in Aspettando Godot, sa che non arriverà mai niente.
In fondo, l’Occidente può essere rappresentato con l’immagine di Kafka che immaginò un uomo che sta come dinanzi ad una porta che non si apre mai, che bussa perché si apra e che alla fine, in punto di morte, quando essa finalmente si schiude, si sentirà dire: “No, questa porta non si aprirà mai, è stata posta qui solo perché tu vi dovessi bussare”. È la porta, insomma, del non senso, che ritroviamo anche in Guccini nella canzone Shomèr ma mi-llailah?(Sentinella a che punto è la notte?).
Invece, in realtà, i giovani di allora, come i giovani di oggi, credono in un mattino che arriva, che deve arrivare.

Qual è la loro grande aspirazione?

Un “mattino” che, secondo me, non è l’utopia. Essi, cioè, non credono in un mondo che sarà giusto. E diffidano di chi, in maniera non autentica, gli fa false promesse. Perché essi sanno che la vita è difficile.
Qui bisogna stare molto attenti a chiarire cos’è il mattino. Quando si promette ai giovani che non ci sarà più nessun problema sociale, che non ci sarà più la guerra, che non avranno mai il peccato nel cuore, che sarà vinta umanamente la morte, queste promesse sono una menzogna.
Loro sanno, invece, benissimo che se uno gli promette che tutto andrà bene, come si diceva ai tempi del Covid, non è vero.
Eppure loro, secondo me, sanno bene che c’è una nobiltà profonda nel cuore dell’uomo, nel cuore di ogni uomo, nel loro cuore.
Non è un mattino che si afferma come utopia. Ma proprio il fatto che l’uomo riconosca il male vuol dire che è buono, che è nobile. È come se il giovane, oggi, amasse quelle persone che gli sanno indicare la loro capacità di riconoscere il male.
Secondo me, i giovani oggi sanno questo, cioè sanno che c’è una vera lotta nei cuori, che non c’è cuore, compreso il loro, in cui non si combatta una lotta. E sanno e intuiscono in qualche modo che è vero che Dio può venire in aiuto, che hanno bisogno della grazia che non viene da loro stessi, ma da un dono più grande. In questo senso sono veramente sentinelle di un mattino.

Quali speranze i ragazzi porteranno via da Tor Vergata?

Innanzitutto viviamola bene! Ma fin da ora possiamo dire, pensando anche alla GMG del 2000, che come allora un giovane oggi ha paura che la sua speranza sia una cosa piccola, che il rischio della fede sia di finire in fondo ad un “buco” piccolo, ristretto.
I ragazzi da un lato vivono tante cose “piccole”, consumistiche, virtuali da quattro soldi, e ne sono nauseati, piccoli divertimenti e piccole occasioni di distrazione. Ma sono bersagliati anche dall’accusa che la fede è una cosa “piccola”; che sta morendo, che in fondo interessa pochi.
Ecco ciò che anche questo Giubileo certamente donerà loro è di vedere che la fede è “grande”, perché potranno vedere la cattolicità, l’universalità.
Intuiranno attraverso un’esperienza del genere che non è vera la visione della fede come di cosas ristretta che gli viene propinata.
Scopriranno una “totalità” che non sono abituati a vedere dalla cultura e dai maestri di corto respiro del nostro tempo.
E faranno di questo anche un dono a noi grandi, perché anche il nostro mondo si stupirà di vederli e, prima di tutti, si stupiranno Roma e l’Italia. E tanti si interrogheranno se veramente stanno capendo il mondo, come credono di saper fare, mentre così non è.

Quale impatto avrà Leone XIV su questi ragazzi? È il suo primo vero incontro con i giovani…

È vero, è il primo incontro e, secondo me, c’è una grande attesa da parte di tutti e – non lo dimentichiamo - anche da parte sua.
Mi ha colpito un’espressione recente in cui il Papa ha detto: “Una cultura senza verità diventa strumento dei potenti. Anziché, liberare le coscienze, le confonde e le distrae secondo gli interessi del mercato, della moda o del successo mondano”.
Io credo che i giovani vogliano vedere il Papa “nuovo”, ma siano colpiti ancor più dal fatto che esista il “Papa”, cioè che egli esista da 2000 anni.
È la figura stessa del Papa a interessarli, prima che questo o quel Papa. Quella figura ricorda loro che esiste una continuità, che Roma è eterna e che questo è il grande mistero vero, il grande dono di Cristo, di Paolo e Pietro, di Pietro e Paolo come secondi fondatori di Roma dopo Romolo e Remo.
Perché Roma, da un lato, ricorda a tutti che tutte le cose passano, ricorda che tutto è passeggero. Si pensi alle rovine della grande Roma imperiale: non sono rimaste che pietre sparse a terra. È ben per questo che a Roma si dice: “Morto un papa se ne fa un altro”. Non è cinismo, è la forza anti-imperialista di Roma che è modernissima, più moderna di tante città europee e del mondo, perché ricorda a tutti i potenti e le intelligenze del presente che passeranno, che seppure credono di essere importanti fra qualche decennio saranno dimenticati.
Ma i giovani a Roma intuiranno, al contempo, che se tutto passa, qualcosa invece resta ed è eterno e che è bello che si sia una “città eterna”. L’eternità è iscritta nel cuore anche di questi giovani ed essi si domandano cosa resta, quanto il tempo passa e seppellisce l’effimero.
Ecco io credo che loro vengano qui non solo per incontrare “Leone XIV”, anche perché ancora non lo conoscono bene. Essi vengono qui per incontrare il “Papa”. Sanno bene che a Roma l’imperatore non esiste più, che Augusto è ormai un solo nome, ma scopriranno ancor più che esiste una figura che, da duemila anni, continua a essere un punto di riferimento per il mondo intero.
E continua ad esserlo non perché è di una qualità diversa, non perché ha doti speciali, ma perché è testimone di Cristo e ricorda a tutti che esiste una Parola che non passa.