Quando il comunismo si oppose alla genetica, perché riteneva quella “scienza” borghese, e in nome di Lamarck e contro Darwin e Mendel condusse alla morte Vavilov e il gruppo dei genetisti mendeliani, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Scienza e fede; cfr. su questo stesso sito 1/ Il professor Vavilov è morto. Due volte. Il difficile rapporto tra la scienza e il potere politico nella Russia di ieri e di oggi, di Giovanni Boaga 2/ [Il marxismo sovietico, contro Darwin, scelse Lamarck e mandò a morire i genetisti darwinisti nei Gulag] Il dittatore e la scienza. Quando Stalin riscrisse la genetica, di Franco Prattico.
Il Centro culturale Gli scritti (2/11/2025)

Vavilov nel carcere di Saratov
La mostra “DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica” tenutasi a Palazzo delle Esposizioni nel 2017 è tornata a porre in evidenza la persecuzione comunista degli scienziati di orientamento mendeliano e la loro morte nei Gulag[1], poiché il regime staliniano preferì loro gli studiosi lamarckiani, più consoni all’ideologia marxista di allora:
«Sulla figura di Mendel pesarono, nel Novecento, […] censure ideologiche. Il gene è stabile e mutevole, e fraintendere una di queste due prerogative porta a prendere dei granchi. Negli anni dello stalinismo, Trofim Lysencko rifiuta le idee mendeliane e darwiniane perché la stabilità dell’informazione contenuta nei geni sarebbe in contraddizione con la capacità del comunismo (in sostanza, lamarckiana) di forgiare sia un’umanità nuova, sia prodotti agricoli modificabili a ogni generazione. La genetica viene bollata come “falsa scienza borghese”, i suoi esponenti emigrano o vengono arrestati. Nel 1950 la polizia segreta cecoslovacca chiude il museo Mendel a Brno, distruggendo la serra dove Mendel aveva lavorato. Nel 1959 anche la statua di Mendel viene spostata dalla piazza al cortile del monastero, trasformato in fabbrica. Solo nel 1965, centenario mendeliano, la società di genetica russa ammette il grave errore e riconosce ufficialmente il valore di Mendel. Il museo a Brno viene riaperto, ma solo nel 1990 i monaci rientrano in possesso del monastero. Del resto, nell’Unione Sovietica staliniana chi difendeva la genetica mendeliana rischiava la morte. È il caso del grande agronomo e botanico Nikolaj I. Vavilov, scopritore dei centri di origine di molte piante coltivate e autore della prima grande banca mondiale dei semi, morto di stenti nel 1943 nel campo di prigionia di Saratov»[2].
La scelta del comunismo di allora di optare per la pseudo-scienza lamarckiana di Trofim Lysencko e di perseguitare gli scienziati mendeliani del gruppo di Nikolaj I. Vavilov mostra a suo modo quanto sia pericoloso un uso ideologico della scienza, che porta a snaturare le sue scoperte e la libera discussione scientifica.
In quegli anni il comunismo sovietico incorse nello stesso errore compiuto dalla Chiesa cattolica quando pretese che Galilei insegnasse le sue teorie solo come ipotesi di studio, ma, nel caso sovietico, con conseguenze ancora peggiori, perché non ci si limitò al divieto di insegnamento, ma gli scienziati vennero condotti ad una lenta morte nei Gulag.
[1] Per studi più dettagliati e con bibliografia acclusa sulla persecuzione comunista degli scienziati russi mendeliani, cfr. S. Tagliabue, I rapporti tra scienza e filosofia in URSS, in L. Geymonat (a cura di), Storia del pensiero filosofico e scientifico. Il novecento (3), Milano, Garzanti, 1981, pp. 377-489; G. Bosio, La genetica russa sta ritrovando la sua strada, in “Civilità cattolica” 1956 (3), pp. 43-51; M. Viganò, Il caso Lysenko: un dibattito che continua. Ancora sulla neutralità della scienza, in “Civiltà cattolica” 1977 (3), pp. 222-234. Tagliabue ricorda in particolare come non fu solo Vavilov a pagare con la vita per le sue ricerche scientifiche, ma che anche «alcuni fra i suoi più stretti collaboratori e amici furono arrestati e perirono poi in prigione» (p. 440).
[2] AA VV, DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale Scienze - Palazzo delle Esposizioni, 2017, pp. 45-46.



