Il nichilismo si vince con l’Altro, di Bruno Forte

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 03 /08 /2011 - 22:04 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 3/8/2011 un testo di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (4/8/2011)

 

Il Direktorium der Salzburger Hochschulwochen ha assegnato a monsignor Bruno Forte il Theologischer Preis 2011, premio che da qualche anno viene conferito a un autore come riconoscimento alla sua intera opera teologica. Prima di Forte è stato dato a Erich Zenger,Walter Kasper, Johann Baptist Metz, Harding Meyer e Christoph Markschies; per la prima volta, oggi a Salisburgo [3/8/2011], il premio viene conferito a un teologo non di area tedesca. Dopo la “laudatio” tenuta da Elmar Salmann, Forte rifletterà su «La sicurezza, che non ci deluderà mai», testo del quale anticipiamo in queste colonne ampi stralci.

La metafora della luce esprime nella maniera più intensa il principio ispiratore della modernità, l’ambiziosa pretesa della ragione adulta di comprendere e dominare ogni cosa. Secondo questo progetto – che sta alla base dell’Illuminismo in tutte le sue espressioni – comprendere razionalmente il mondo significa rendere l’uomo finalmente libero, padrone del proprio domani, emancipandolo da ogni possibile dipendenza.

L’'emancipazione' è il sogno che pervade i grandi processi di trasformazione storica dell’epoca moderna, nati a partire dal Secolo dei Lumi e dalla Rivoluzione francese, dall’emancipazione delle classi sfruttate e delle razze oppresse a quella dei popoli del cosiddetto Terzo mondo, a quella della donna nella varietà dei contesti culturali e sociali. Il sogno di un’emancipazione totale spinge l’uomo moderno a volere una realtà completamente illu­minata dal concetto, in cui si esprima senza residui la potenza della ragione [...].

Dove la ragione trionfa si alza il sole dell’avvenire: in tal senso si può dire che il tempo della modernità è il tempo della luce. L’ebbrezza dello spirito moderno sta precisamente in questa presun­zione della ragione assoluta di poter vincere ogni oscurità e assorbire ogni differenza...

L’espressione compiuta di questa ebbrezza è l’'ideologia': la modernità, tempo del sogno emancipatorio, è anche il tempo delle visioni totali del mondo, proprie delle ideologie. Esse tendono a imporre la luce della ragione alla realtà tutta intera, fino a stabilire l’equazione fra ideale e reale: è inseguendo questa ambizione che le 'grandi narrazioni' ideologiche puntano ad edificare una 'società senza padri', dove non ci siano rapporti verticali, ritenuti sempre di dipendenza, ma solo orizzontali, di parità e reciprocità.

Il sole della ragione produce libertà e uguaglianza, e proprio così anche fraternità, egualitarismo fondato sull’unicità della luce del pensiero, che governa il mondo e la vita: ' liberté, égalité, fraternité ' sono il frutto radioso del trionfo della ragione.

La critica alla figura del 'padre-padrone' sfocia così nella pretesa della radicale negazione di Dio: come non deve esserci in terra alcuna paternità che crei dipendenza, così non può esservi in cielo alcun Padre di tutti. Non ci sono ' partner' divini, non c’è un altro mondo, c’è solo questa storia, quest’orizzonte: l’unica idea del divino che può restare dinanzi al tribunale della ragione adulta sembra quella di un Dio morto, insensato, inutile.

L’assassinio collettivo del Padre si consuma nella convinzione che l’uomo dovrà gestirsi la vita da solo, costruendo il proprio destino soltanto con le proprie mani: le ideologie moderne, di destra o di sinistra, hanno inseguito la meta ambiziosa di emancipare gli abitatori del tempo in modo così radicale, da renderli da oggetto soggetto esclusivo della loro storia, al tempo stesso origine e meta di tutto ciò che accade.

Non si può negare che questo progetto sia grandioso e che tutti ne siamo in qualche misura eredi: chi vorrebbe vivere in una società che non sia passata attraverso il processo dell’emancipazione? E tuttavia, questo sogno ha prodotto anche effetti satanici: proprio a causa della sua ambizione totale l’ideologia diventa violenta [...].

Ed è precisamente l’esperienza storica della violenza dei totalitarismi ideologici a produrre la crisi e il tramonto delle pretese della ragione moderna. «L’illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso – affermano Max Horkheimer e Theodor W. Adorno all’inizio della loro Dialettica dell’Illuminismo – ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata risplende all’insegna di trionfale sventura» [...].

Il sogno di emancipare il mondo e la vita sembra dunque essersi infranto contro l’inaudita violenza che l’epoca dell’emancipazione ha prodotto, di cui sono segno eloquente le guerre, le pulizie etniche, i forni crematori, la Shoah e tutti i genocidi del secolo XX, fino all’eccidio per fame che ogni giorno si consuma nel mondo. È questo il frutto della ragione adulta? Dove sono i cieli nuovi e le terre nuove che le grandi narrazioni ideologiche avevano promesso?

In reazione alle pretese fallimentari della ragione forte si profila un tempo di naufragio e di caduta: la crisi del senso diventa la caratteristica peculiare dell’inquietudine postmoderna. In questo tempo di «notte del mondo» (Martin Heidegger) ciò che trionfa sembra essere l’indifferenza, la perdita del gusto a cercare le ragioni ultime del vivere e del morire umano. Si profila così l’estremo volto del secolo che volge alla fine: il volto del nichilismo [...]. L’uomo stesso sembra risolversi in una 'passione inutile' (secondo la formula proposta con inquietante anticipo sulla fine dei mondi ideologici da Jean-Paul Sartre).

Orfani delle ideologie, si rischia di essere tutti più fragili, più tentati di chiudersi nella solitudine dei propri egoismi. È per questo che le società post-ideologiche stanno diventando sempre più 'folle di solitudini', in cui ognuno cura il suo interesse particolare secondo una logica esclusivamente egoistica e stru­mentale: di fronte al nulla del senso ultimo, ci si aggrappa all’interesse penultimo, alla cattura del possesso immediato.

È questa la ragione del trionfo del consumismo più sfacciato, della corsa all’edonismo e all’immediatamente fruibile, ma è anche questo il motivo profondo dell’emergere e dell’affermarsi delle logiche settarie, etniche, nazionalistiche o regionalistiche, che si sono diffuse con inquietante virulenza nell’Europa di fine millennio. Quando non si hanno orizzonti grandi di verità, si affoga facilmente nella solitudine egoistica del proprio particolare e la società diventa arcipelago.

Proprio questo processo mostra però come tutti abbiamo bisogno di un padre-madre comune che liberi dalla prigionia della solitudine, che dia un orizzonte per cui sperare e amare: non un orizzonte violento, asfissiante com’era quello dell’ideologia, ma un orizzonte liberante per tutti, rispettoso di tutti.

È il bisogno di una patria comune che dia orizzonti di senso senza esercitare violenza, è «la nostalgia del Totalmente Altro», di cui parla Max Horkheimer. L’attesa si lascia riconoscere nelle inquietudini del presente come una sorta di ricerca del senso perduto. Non si tratta di un’operazione della nostalgia, ma di uno sforzo per ritrovare il senso al di là del naufragio, per riconoscere un orizzonte ultimo su cui misurare il cammino di tutto ciò che è penultimo e fondare eticamente la prassi.

Si assiste a una riscoperta dell’altro, constatando che il prossimo, per il solo fatto d’esistere, può essere ragione del vivere, perché è sfida a uscire da sé, a rischiare l’esodo senza ritorno dell’impegno d’amore per altri.

Sembra affacciarsi una sorta di riscoperta del sacro rispetto a ogni rinuncia nichilista. Si risveglia un bisogno, che potrebbe definirsi genericamente religioso: bisogno di un orizzonte ultimo, di una patria che non siano quelli manipolanti e violenti dell’ideologia. L’Altro – come possibile fondamento delle ragioni del vivere e del vivere insieme – sembra offrirsi come l’oggetto della domanda più vera e profonda aperta dalla crisi del nostro presente, e la nostalgia del Suo volto nascosto sembra delinearsi come quella di un padre-madre che accolga tutti nell’amore e proprio così offra a tutti sicurezza...