Il Concilio di Trento. File audio di una lezione tenuta da Andrea Lonardo presso la chiesa di San Girolamo dei Croati a Ripetta

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 31 /03 /2013 - 14:04 pm | Permalink | Homepage
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Mettiamo a disposizione il file audio dell'incontro sul Concilio di Trento, tenuto da Andrea Lonardo presso San Girolamo dei Croati 23/3/2013. Per il programma delle relazioni successive, vedi l'Homepage del sito Gli scritti. Per le relazioni precedenti vai ai link Un'introduzione alla Dei Verbum, Un'introduzione alla Sacrosanctum Concilium. Un'introduzione alla Gaudium et spes e Un'introduzione alla Lumen gentium. Per gli incontri degli anni precedenti, vedi la sezione Roma e le sue basiliche. La relazione su San Filippo Neri è on-line a al link San Filippo Neri: per imparare a conoscerlo.

Il Centro culturale Gli scritti (31/3/2013)

Lezione sul Concilio di Trento

Registrazione audio

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Riproducendo "concilio trento 01 catechesi".



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Visita alla chiesa di San Girolamo dei Croati e brevi cenni sul Mausoleo di Augusto e sull'Ara Pacis

Registrazione audio

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Riproducendo "concilio trento 02 visita".



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Antologia di testi utilizzata nel corso dell'incontro

Ufficio catechistico di Roma www.ucroma.it (cfr. anche www.gliscritti.it )

Il Concilio di Trento
(Chiesa di San Girolamo dei Croati)

Prossimi appuntamenti

313-2013. A 1700 anni dall’Editto di Milano:
libertà di coscienza, arte, Stato e Chiesa dopo la svolta di Costantino.

Lunedì 8 aprile 2013 – ore 21.00-22.30
Santa Maria degli Angeli e dei Martiri: Diocleziano e le persecuzioni dei primi secoli

con Antongiulio Granelli e Gianluca Pilara

Lunedì 15 aprile 2013 – ore 21.00-22.30
Sant’Agnese fuori le Mura: L’avvento di Costantino e l’editto di Milano

con Manlio Simonetti e Umberto Utro

Lunedì 22 aprile 2013 – ore 21.00-22.30
Santa Croce in Gerusalemme: Costantino, la chiesa e la teologia.

con Giulio Maspero e Alessandra Guiglia

Lunedì 29 aprile 2013 – ore 21.00-22.30
Santi Quattro Coronati: Il potere temporale del vescovo di Roma.

con Caterina Papi e Andrea Lonardo

Corso sulla storia della Chiesa di Roma

Sabato 11 maggio 2013 – ore 9.45-12.00
San Lorenzo in Panisperna: Il Catechismo Romano ed i Catechismi di Lutero e Calvino. 

Viaggio di studi in Terra Santa, ORP, guida Andrea Lonardo, 21/30 luglio 2013
Costo dell’itinerario € 1490,00 + € 30,00. Supplemento netto camera singola € 350,00. Iscrizioni entro il 12 aprile
1° giorno ROMA. Partenza in mattinata in aereo da Fiumicino per Tel Aviv. Proseguimento in pullman  per Beer Sheva, visita degli scavi, ed arrivo a Mitzpe Ramon.
2° giorno MITZPE RAMON. Partenza per Avdat e passeggiata a piedi lungo il canyon di En  Avdat. Proseguimento per Ein Ghedi e pranzo. Field School di Ein Ghedi, Qumran,  In serata arrivo a Gerico, Messa e notte a Gerico.
3° giorno GERICO. Messa a Gerico al mattino, partenza per Deserto di Giuda, S. Giorgio  in Koziba. Visita di Gerico, sicomoro, tell Gerico, Palazzo erodiano all'inizio di wadi Kelt, pranzo a Gerico, Bet Shean, cena e notte al Monte delle
Beatitudini
4° giorno MONTE DELLE BEATITUDINI. Messa al Monte delle Beatitudini, Percorso a piedi lungo il Lago di Tiberiade. Visite Tabgha, Primato, Cafarnao. Traversata in battello. Visita di Kursi, Betsaida, Korazim e rientro al Monte delle Beatitudini.
5° giorno MONTE DELLE BEATITUDINI. Partenza per Nazareth (Basilica con gli scavi della  Basilica ed il Museo, Grotta dell’Annunciazione, S. Giuseppe), messa presso i Piccoli Fratelli di Gesù, pranzo, nel pomeriggio Sepphoris e Cana.
6° giorno MONTE DELLE BEATITUDINI. Messa al mattino alle Beatitudini, visita di Tell  Hazor e di Tell Dan, pranzo a Neot Mordekhay, visita di Banyas, visita del castello di Nimrod e ritorno per il Golan. Rientro al Monte delle  Beatitudini.
7° giorno MONTE DELLE BEATITUDINI. Partenza con visita di Nain, Megiddo, Muqhraka (con  messa), pranzo a Sdot Yam, visita di Cesarea, partenza per Gerusalemme (Casa Nova o, comunque, albergo in città vecchia).
8°  giorno GERUSALEMME. Messa al Santo Sepolcro, poi in pullman al Monte degli ulivi con visita del Pater noster, del Dominus flevit, del Getsemani, pranzo a Casa Nova. Pomeriggio, visita della cattedrale di S. Giacomo, del Jerusalem Archeological Park, del quartiere ebraico e del cardo
9°  giorno GERUSALEMME. Visita al Santo Sepolcro, Museo della Torre di David. Pranzo e pomeriggio a Betlemme, con messa
10°  giorno GERUSALEMME. Partenza per Emmaus/Latroun con sosta negli scavi. Proseguimento per l’aeroporto di Tel Aviv e partenza in aereo per Roma Fiumicino.

1/ Il luogo in cui ci troviamo: San Girolamo dei Croati

- l’iconografia di San Girolamo

2/ Giungere al Concilio

1518, Lutero si appella al papa perché convochi un Concilio

1520 nuovamente Lutero si appella ad un Concilio (anche se una bolla lo vietava) (ma già nel 1519, nella disputa con Giovanni Eck, aveva detto che i Concili possono sbagliare e che vale la Sola Scriptura)

1520 Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca
che la spada secolare si muova per convocare un Concilio non era solo la “riforma” morale, ma la giustificazione per la fede (una dottrina nuova e antica)

Dieta di Norimberga: tutti, cattolici e protestanti, chiedono un Concilio “universale, libero, cristiano in paesi tedeschi”

Carlo V vuole il Concilio dinanzi a Clemente VII (1523-1534) ed a Paolo III Farnese (ritratto da Tiziano)

Paolo III acconsente nel 1536

1537-1539 convocazione a Mantova-Vicenza che fallisce (in lotta Caro V e Francesco I) contento Enrico VIII, scontenti i cattolici tedeschi che si assottigliano sempre più 1541 il Cardinale legato Contarini a Ratisbona fallisce sull’eucarestia convocato infine a Trento – che apparteneva all’Impero, ma era vicina all’Italia – nel 1542 ma guerra franco-tedesca nuova convocazione per il 1545: finalmente il 13 dicembre si apre con 31 vescovi, la maggio parte dei quali italiani presiedono Del Monte, Cervini e Pole (aveva pagato con l’esilio l’opposizione all’Atto di Supremazia vescovo di Trento è il cardinale Cristoforo Madruzzo tre gradi:
1/ Congregazione dei teologi
2/ Congregazioni generali, prima presso il palazzo Prato, poi presso la Chiesa rinascimentale di S. Maria Maggiore
3/ Votazione sui documenti ultimati presso la cattedrale romanica di S. Vigilio

3/ Scrittura e Tradizione

SESSIONE IV (8 aprile 1546)

Primo decreto: Si ricevono i libri sacri e le tradizioni apostoliche.

Il sacrosanto, ecumenico e generale Concilio Tridentino, legittimamente riunito nello Spirito santo, sotto la presidenza dei medesimi tre legati della Sede Apostolica, ha sempre presente che, tolti di mezzo gli errori, si conservi nella Chiesa la stessa purezza del Vangelo, quel Vangelo che, promesso un tempo attraverso i profeti nelle scritture sante (l4), il signore nostro Gesù Cristo, figlio di Dio, prima promulgò con la sua bocca, poi comandò che venisse predicato ad ogni creatura (15) per mezzo dei suoi apostoli, quale fonte di ogni verità salvifica e della disciplina dei costumi.

4/ Il Canone e la Vulgata

[sempre dal Primo decreto]
E poiché il Sinodo sa che questa verità e disciplina è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte - che raccolte dagli apostoli dalla bocca dello stesso Cristo e dagli stessi apostoli, sotto l’ispirazione dello Spirito santo, tramandate quasi di mano in mano (16), sono giunte fino a noi, - seguendo l’esempio dei padri ortodossi, con uguale pietà e pari riverenza accoglie e venera tutti i libri, sia dell’antico che del nuovo Testamento, - Dio, infatti, è autore dell’uno e dell’altro ed anche le tradizioni stesse, che riguardano la fede e i costumi, poiché le ritiene dettate dallo stesso Cristo oralmente o dallo Spirito santo
, e conservate con successione continua nella Chiesa cattolica. E perché nessuno possa dubitare quali siano i libri accettati dallo stesso Sinodo come sacri, esso ha creduto opportuno aggiungere a questo decreto l’elenco. Dell’antico Testamento: i cinque di Mosè, e cioè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Ruth; i quattro dei Re; i due dei Paralipomeni; il primo e il secondo di Esdra (che è detto di Neemia); Tobia, Giuditta, Ester, Giobbe; i Salmi di David; i Proverbi, l’Ecclesiaste, il Cantico dei cantici, la Sapienza, l’Ecclesiastico, Isaia, Geremia con Baruch, Ezechiele, Daniele; i dodici Profeti minori, cioè: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia; i due dei Maccabei, primo e secondo.
Del nuovo Testamento
: i quattro Evangeli: secondo Matteo, Marco, Luca, Giovanni; gli Atti degli apostoli, scritti dall’evangelista Luca; le quattordici Lettere dell’Apostolo Paolo: ai Romani, due ai Corinti, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, due a Timoteo, a Tito, a Filemone, agli Ebrei; due dell’apostolo Pietro, tre dell’apostolo Giovanni, una dell’apostolo Giacomo, una dell’apostolo Giuda, e l’Apocalisse dell’apostolo Giovanni.
Se qualcuno, poi, non accetterà come sacri e canonici questi libri, interi con tutte le loro parti, come si è soliti leggerli nella Chiesa cattolica e come si trovano nell’edizione antica della volgata latina e disprezzerà consapevolmente le predette tradizioni, sia anatema
.

Secondo decreto: Si accetta l’edizione volgata della Bibbia e si prescrive il modo ai interpretare la sacra Scrittura ecc.
Lo stesso sacrosanto Sinodo, considerando, inoltre, che la Chiesa di Dio potrebbe ricavare non piccola utilità, se si sapesse quale, fra tutte le edizioni latine dei libri sacri, che sono in uso, debba essere ritenuta autentica, stabilisce e dichiara che questa stessa antica edizione volgata, approvata nella Chiesa dall’uso di tanti secoli, si debba ritenere come autentica nelle pubbliche letture, nelle dispute, nella predicazione e che nessuno osi o presuma respingerla con qualsiasi pretesto.
Inoltre, per reprimere gli ingegni troppo saccenti, dichiara che nessuno, basandosi sulla propria saggezza, negli argomenti di fede e di costumi, che riguardano la dottrina cristiana, piegando la sacra Scrittura secondo i propri modi di vedere, osi interpretarla contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sacre scritture o anche contro l’unanime consenso dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate. Chi contravvenisse sia denunciato dagli ordinari e punito secondo il diritto.

5/ Il peccato originale: certo la grazia è necessaria, ma l’uomo non è totalmente corrotto, né prima della salvezza, né soprattutto dopo

SESSIONE V (I7 giugno 1546)
Decreto sul peccato originale.

Perché la nostra fede cattolica, senza la quale è impossibile piacere a Dio (18), rimossi gli errori, resti integra e pura e perché il popolo cristiano non sia turbato da ogni vento di dottrina (19) dal momento che l’antico, famoso serpente (20), sempre nemico del genere umano, tra i moltissimi mali da cui è sconvolta la Chiesa di Dio in questi nostri tempi, ha suscitato nuovi e vecchi dissidi, anche nei riguardi del peccato originale e dei suoi rimedi il sacrosanto, ecumenico e generale Concilio Tridentino, legittimamente riunito nello Spirito santo, sotto la presidenza degli stessi tre legati della Sede Apostolica, volendo richiamare gli erranti e confermare gli incerti, seguendo le testimonianze delle sacre scritture, dei santi padri, dei concili più venerandi ed il giudizio e il consenso della Chiesa stessa, stabilisce, confessa e dichiara quanto segue sul peccato originale.
1.
Chi non ammette che il primo uomo Adamo, avendo trasgredito nel paradiso il comando di Dio, ha perso subito la santità e la giustizia, nelle quali era stato creato e che è incorso per questo peccato di prevaricazione nell’ira e nell’indignazione di Dio, e, quindi, nella morte, che Dio gli aveva prima minacciato, e, con la morte, nella schiavitù di colui che, in seguito, ebbe il potere della morte e cioè il demonio (21); e che Adamo per quel peccato di prevaricazione fu peggiorato nell’anima e nel corpo: sia anatema.
2.
Chi afferma che la prevaricazione di Adamo nocque a lui solo, e non anche alla sua discendenza; che perdette per sé soltanto, e non anche per noi, la santità e giustizia che aveva ricevuto da Dio; o che egli, inquinato dal peccato di disobbedienza, abbia trasmesso a tutto il genere umano solo la morte e le pene del corpo, e non invece anche il peccato, che è la morte dell’anima: sia anatema. Contraddice infatti all’apostolo, che afferma: Per mezzo di un sol uomo il peccato entrò nel mondo e a causa del peccato la morte, e così la morte si trasmise a tutti gli uomini, perché in lui tutti peccarono (22).
3.
Chi afferma che il peccato di Adamo, uno per la sua origine, trasmesso con la generazione e non per imitazione, che aderisce a tutti, ed è proprio di ciascuno, possa esser tolto con le forze della natura umana, o con altro mezzo, al di fuori dei meriti dell’unico mediatore, il signore nostro Gesù Cristo, che ci ha riconciliati con Dio per mezzo del suo sangue (23), diventato per noi giustizia, santificazione e redenzione (24); o nega che lo stesso merito di Gesù Cristo venga applicato sia agli adulti che ai bambini col sacramento del battesimo, rettamente conferito secondo il modo proprio della Chiesa: sia anatema. Perché non esiste sotto il cielo altro nome dato agli uomini nel quale è stabilito che possiamo essere salvi (25). Da cui l’espressione: Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo (26) e l’altra: Tutti voi che siete stati battezzati, vi siete rivestiti di Cristo (27).
4.
Chi nega che i fanciulli, appena nati debbano esser battezzati, anche se figli di genitori battezzati oppure sostiene che essi sono battezzati per la remissione dei peccati, ma che non contraggono da Adamo alcun peccato originale, che sia necessario purificare col lavacro della rigenerazione per conseguire la vita eterna, e che, quindi, per loro la forma del battesimo per la remissione dei peccati non debba credersi vera, ma falsa sia anatema. Infatti, non si deve intendere in altro modo quello che dice l’apostolo: Per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e col peccato la morte, così la morte si è trasmessa ad ogni uomo perché tutti gli uomini hanno peccato (28), se non nel senso in cui la Chiesa cattolica universale l’ha sempre inteso. Secondo questa norma di fede per tradizione apostolica anche i bambini, che non hanno ancora potuto commettere peccato, vengono veramente battezzati, affinché in essi sia purificato con la rigenerazione quello che contrassero con la generazione. Se, infatti, uno non rinasce per l’acqua e lo Spirito santo, non può entrare nel regno di Dio (29).
5.
Chi nega che per la grazia del signore nostro Gesù Cristo, conferita nel battesimo, sia rimesso il peccato originale, o anche se asserisce che tutto quello che è vero e proprio peccato, non viene tolto, ma solo cancellato o non imputato (30) sia anatema. In quelli infatti che sono rinati a nuova vita Dio non trova nulla di odioso, perché non vi è dannazione per coloro (31) che col battesimo sono stati sepolti con Cristo nella morte (32), i quali non camminano secondo la carne (33), ma spogliandosi dell’uomo vecchio e rivestendosi del nuovo (34), che è stato creato secondo Dio, sono diventati innocenti, immacolati, puri, senza macchia, figli cari a Dio, eredi di Dio e coeredi di Cristo (35); di modo che assolutamente nulla li trattiene dall’ingresso nel cielo. Questo santo Sinodo confessa che tuttavia nei battezzati rimane la concupiscenza o passione. Ma, essendo questa lasciata per la lotta, non può nuocere a quelli che non acconsentono e che le si oppongono virilmente con la grazia di Gesù Cristo. Anzi, chi avrà combattuto secondo le regole, sarà coronato(36).
Il santo Sinodo dichiara che mai la Chiesa cattolica ha inteso che venga chiamato “peccato” la concupiscenza, qualche volta chiamata dall’apostolo peccato (37), per il fatto che nei rinati alla grazia non è un vero e proprio peccato, ma perché ha origine dal peccato e ad esso inclina
. Chi pensasse il contrario sia anatema.
6.
Questo santo Sinodo dichiara tuttavia, che non è sua intenzione comprendere in questo decreto, dove si tratta del peccato originale, la beata ed immacolata vergine Maria, madre di Dio, ma che si debbano osservare a questo riguardo le costituzioni di Papa Sisto IV (38), di felice memoria, sotto pena di incorrere nelle sanzioni in esse contenute che il Sinodo rinnova.

6/ Sulla Sacra Scrittura nella predicazione: essa deve essere fatta conoscere

Secondo decreto: Sulla lettura della S. Scrittura e la predicazione.
1.
Lo stesso sacrosanto Sinodo, aderendo alle pie costituzioni dei sommi pontefici e dei concili approvati, le fa sue; e volendo completarle, perché non avvenga che il tesoro celeste dei libri sacri, che lo Spirito santo ha dato agli uomini con somma liberalità, rimanga trascurato, ha stabilito e ordinato che nelle chiese, in cui vi sia una prebenda o una dotazione, o uno stipendio comunque chiamato destinato ai lettori di sacra teologia, i vescovi, gli arcivescovi, i primati e gli altri ordinari locali obblighino, anche con la sottrazione dei frutti relativi, quelli che hanno questa prebenda, dotazione o stipendio, ad esporre e spiegare la Sacra Scrittura personalmente, se sono idonei, altrimenti per mezzo di un sostituto adatto, da scegliersi dai vescovi, dagli arcivescovi, dai primati e dagli altri ordinari stessi. Per il futuro tale prebenda, dotazione o stipendio non dovrà esser conferito se non a persone adatte, che siano capaci di esplicare tale ufficio da se stessi. Ogni provvista fatta altrimenti sia nulla e invalida.
9. Poiché, tuttavia, alla società cristiana non è meno necessaria la predicazione del Vangelo, che la sua lettura, e questo è il principale ufficio dei vescovi (39), lo stesso santo Sinodo ha stabilito e deciso che tutti i vescovi, arcivescovi, primati, e tutti gli altri prelati di chiese siano tenuti a predicare personalmente il santo Vangelo di Gesù Cristo
se non ne sono legittimamente impediti. 10. Se i vescovi e le altre persone nominate fossero impedite da un legittimo motivo, siano tenuti, conformemente a quanto prescrive il Concilio generale (40), a farsi sostituire da persone adatte per questo ufficio della predicazione. Se qualcuno trascurasse di adempiere ciò, sia sottoposto ad una pena severa.
11.
Anche gli arcipreti, i pievani, e tutti coloro che abbiano cura d’anime nelle parrocchie o altrove, personalmente o per mezzo d’altri se ne fossero legittimamente impediti, almeno nelle domeniche e nelle feste più solenni, nutrano il popolo loro affidato con parole salutari, secondo la propria e la loro capacità, insegnando quelle verità che sono necessarie a tutti per la salvezza e facendo loro conoscere, con una spiegazione breve e facile, i vizi che devono fuggire e le virtù che devono praticare, per evitare la pena eterna e conseguire la gloria celeste. Se poi qualcuno di loro fosse negligente anche se pretendesse di essere esente dalla giurisdizione del vescovo per qualsiasi motivo o anche se le chiese fossero ritenute in qualsiasi modo esenti, o forse annesse o unite a qualche monastero, situato magari fuori diocesi, purché in realtà si trovino nella diocesi, non manchi la provvidenziale sollecitudine dei vescovi, perché non debba avverarsi il detto: I piccoli chiesero il pane e non vi era chi lo spezzasse loro».

i protestanti minacciano le alpi e qualcuno desidererebbe trasferire il Concilio con accesissime discussioni

7/ La giustificazione: la libertà dell’uomo e la sua reale santificazione

2 punti capitali:
1/ la cooperazione della volontà umana alla salvezza (ed il meritum)
2/ l’interna santificazione dell’uomo in opposizione alla semplice dichiarazione di giustizia

SESSIONE VI (13 gennaio 1547) 16 capitoli e 33 canoni
Decreto sulla giustificazione
Proemio

In questi anni è stata divulgata con grave danno per molte anime e per l’unità della Chiesa, una dottrina erronea sulla giustificazione. Perciò questo sacrosanto Concilio Tridentino ecumenico e generale, riunito legittimamente nello Spirito santo, a lode e gloria di Dio onnipotente, per la tranquillità della Chiesa e per la salvezza delle anime, sotto la presidenza dei reverendissimi signori Gianmaria del Monte, cardinale vescovo di Palestrina, Marcello Cervini, cardinale presbitero del titolo di S. Croce in Gerusalemme, cardinali della Santa Chiesa Romana, e legati apostolici de latere, a nome del nostro santissimo padre in Cristo e signore Paolo III, per divina provvidenza Papa, intende esporre a tutti i fedeli cristiani la vera e sana dottrina sulla giustificazione che Gesù Cristo, sole di giustizia (45), autore e perfezionatore della nostra fede (46), ha insegnato che gli apostoli hanno trasmesso e che la Chiesa cattolica, sotto l’ispirazione dello Spirito santo, ha sempre ritenuto. E proibisce assolutamente che, d’ora innanzi, qualcuno osi credere, predicare e insegnare diversamente da quello che col presente decreto si stabilisce e si dichiara.
Capitolo I.
L’impotenza della natura e della legge a giustificare gli uomini.
Prima di tutto il santo Sinodo dichiara che, per una conoscenza esatta e corretta della dottrina della giustificazione, è necessario che ognuno riconosca e confessi che tutti gli uomini, perduta l’innocenza per la prevaricazione di Adamo, fatti immondi (47) e (come dice l’apostolo) per natura figli dell’ira (48), come ha esposto nel decreto sul peccato originale, erano talmente servi del peccato (49) e sotto il potere del diavolo e della morte, che non solo i gentili con le forze della natura, ma neppure i Giudei con l’osservanza della lettera della legge di Mosè potevano esserne liberati
e risollevati, anche se in essi il libero arbitrio non era affatto estinto, ma solo attenuato e indebolito. [seguono altri 15 capitoli]

CANONI SULLA GIUSTIFICAZIONE
1.
Se qualcuno afferma che l’uomo può essere giustificato davanti a Dio dalle sue opere, compiute con le sole forze umane, o con il solo insegnamento della legge, senza la grazia divina meritata da Gesù Cristo: sia anatema.
2.
Se qualcuno afferma che la grazia divina meritata da Gesù Cristo viene data solo perché l’uomo possa più facilmente vivere giustamente e meritare la vita eterna, come se col libero arbitrio, senza la grazia egli possa realizzare l’una e l’altra cosa, benché faticosamente e con difficoltà: sia anatema.
3.
Se qualcuno afferma che l’uomo, senza previa ispirazione ed aiuto dello Spirito santo, può credere, sperare ed amare o pentirsi come si conviene, perché gli venga conferita la grazia della giustificazione: sia anatema.
4.
Se qualcuno dice che il libero arbitrio dell’uomo, mosso ed eccitato da Dio, non coopera in nessun modo esprimendo il proprio assenso a Dio, che lo muove e lo prepara ad ottenere la grazia della giustificazione; e che egli non può dissentire, se lo vuole, ma come cosa senz’anima non opera in nessun modo e si comporta del tutto passivamente: sia anatema.
5.
Se qualcuno afferma che il libero arbitrio dell’uomo dopo il peccato di Adamo è perduto ed estinto; o che esso è cosa di sola apparenza anzi nome senza contenuto e finalmente inganno introdotto nella Chiesa da Satana: sia anatema.
6.
Se qualcuno afferma che non è in potere dell’uomo rendere cattive le sue vie, ma che è Dio che opera il male come il bene, non solo permettendoli, ma anche volendoli in sé e per sé, di modo che possano considerarsi opera sua propria il tradimento di Giuda non meno che la chiamata di Paolo: sia anatema.
7.
Se qualcuno dice che tutte le opere fatte prima della giustificazione, in qualunque modo siano compiute, sono veramente peccati che meritano l’odio di Dio, e che quanto più uno si sforza di disporsi alla grazia tanto più gravemente pecca: sia anatema.
8.
Se qualcuno afferma che il timore dell’inferno, per il quale, dolendoci dei peccati, ci rifugiamo nella misericordia di Dio o ci asteniamo dal male, è peccato e rende peggiori i peccatori:sia anatema.
9.
Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato dalla sola fede, così da intendere che non si richieda nient’altro con cui cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione e che in nessun modo è necessario che egli si prepari e si disponga con un atto della sua volontà: sia anatema.
10.
Se qualcuno dice che gli uomini sono giustificati senza la giustizia del Cristo mediante la quale egli ha meritato per noi, o che essi sono formalmente giusti proprio per essa: sia anatema.
11.
Se qualcuno afferma che gli uomini sono giustificati o per la sola imputazione della giustizia del Cristo, o con la sola remissione dei peccati, senza la grazia e la carità che è diffusa nei loro cuori mediante lo Spirito Santo (159) e inerisce ad essi; o anche che la grazia, con cui siamo giustificati, è solo favore di Dio: sia anatema.
12.
Se qualcuno afferma che la fede giustificante non è altro che la fiducia nella divina misericordia, che rimette i peccati a motivo del Cristo, o che questa fiducia sola giustifica: sia anatema.
13.
Chi afferma che per conseguire la remissione dei peccati è necessario che ogni uomo creda con certezza e senza alcuna esitazione della propria infermità e indisposizione, che i peccati gli sono rimessi: sia anatema.
14.
Se qualcuno afferma che l’uomo è assolto dai peccati e giustificato per il fatto che egli crede con certezza di essere assolto e giustificato, o che nessuno è realmente giustificato, se non colui che crede di essere giustificato, e che l’assoluzione e la giustificazione venga operata per questa sola fede: sia anatema.
15.
Se qualcuno afferma che l’uomo rinato e giustificato è tenuto per fede a credere di essere certamente nel numero dei predestinati: sia anatema.
16.
Se qualcuno dice, con infallibile e assoluta certezza, che egli avrà certamente il grande dono della perseveranza finale (l60) (a meno che non sia venuto a conoscere ciò per una rivelazione speciale): sia anatema.
17.
Se qualcuno afferma che la grazia della giustificazione viene concessa solo ai predestinati alla vita, e che tutti gli altri sono bensì chiamati, ma non ricevono la Grazia, in quanto predestinati al male per divino volere: sia anatema.
18.
Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili ad osservarsi, sia anatema.
19.
Chi afferma che nel Vangelo non si comanda altro, fuorché la fede, che le altre cose sono indifferenti, né comandate, né proibite, ma libere; o che i dieci comandamenti non hanno nulla a che vedere coi cristiani: sia anatema.
20.
Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato e perfetto quanto si voglia non è tenuto ad osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa, ma solo a credere, come se il Vangelo non fosse altro che una semplice e assoluta promessa della vita eterna, non condizionata all’osservanza dei comandamenti: sia anatema.
21.
Se qualcuno afferma che Gesù Cristo è stato dato agli uomini da Dio come redentore, in cui confidare e non anche come legislatore, cui obbedire: sia anatema.
22.
Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato può perseverare nella giustizia ricevuta senza uno speciale aiuto di Dio, o non lo può nemmeno con esso: sia anatema.
23.
Se qualcuno afferma che l’uomo, una volta giustificato, non può più peccare, né perdere la grazia, e che quindi chi cade e pecca, in realtà non mai è stato giustificato; o, al contrario, che si può per tutta la vita evitare ogni peccato, anche veniale, senza uno speciale privilegio di Dio, come la Chiesa ritiene della beata Vergine: sia anatema.
24.
Se qualcuno afferma che la giustizia ricevuta non viene conservata ed anche aumentata dinanzi a Dio con le opere buone, ma che queste sono solo frutto e segno della giustificazione conseguita, e non anche causa del suo aumento: sia anatema.
25.
Se qualcuno afferma che in ogni opera buona il giusto pecca almeno venialmente, o (cosa ancor più intollerabile) mortalmente, e quindi merita le pene eterne, e che non viene condannato solo perché Dio non gli imputa a dannazione quelle opere: sia anatema.
26.
Se qualcuno afferma che i giusti non devono aspettare e sperare da Dio - per la sua misericordia e per tutti i meriti di Gesù Cristo - l’eterna ricompensa in premio delle buone opere che essi hanno compiuto in Dio (161), qualora, agendo bene ed osservando i divini comandamenti, abbiano perseverato fino alla fine: sia anatema.
27.
Se qualcuno afferma che non vi è peccato mortale, se non quello della mancanza di fede, o che la grazia, una volta ricevuta, non può esser perduta con nessun altro peccato, per quanto grave ed enorme, salvo quello della mancanza di fede: sia anatema.
28.
Se qualcuno afferma che, perduta la grazia col peccato, si perde sempre insieme anche la fede, o che la fede che rimane non è vera fede, in quanto non è viva (162), o che colui che ha la fede senza la carità, non è cristiano: sia anatema.
29.
Se qualcuno afferma che chi dopo il battesimo è caduto nel peccato non può risorgere con la grazia di Dio; o che può recuperare la grazia perduta, ma per la sola fede, senza il sacramento della penitenza, come la Santa Chiesa Romana e universale, istruita da Cristo signore e dai suoi apostoli, ha finora creduto, osservato e insegnato: sia anatema.
30.
Se qualcuno afferma che, dopo aver ricevuto la grazia della giustificazione, a qualsiasi peccatore pentito viene rimessa la colpa e cancellato il debito della pena eterna in modo tale che non gli rimanga alcun debito di pena temporale da scontare sia in questo mondo sia nel futuro in purgatorio, prima che possa essergli aperto l’ingresso al regno dei cieli: sia anatema.
31.
Se qualcuno afferma che colui che è giustificato pecca, quando opera bene in vista della eterna ricompensa: sia anatema.
32.
Se qualcuno afferma che le opere buone dell’uomo giustificato sono doni di Dio, così da non essere anche meriti di colui che è giustificato, o che questi con le buone opere da lui compiute per la grazia di Dio e i meriti di Gesù Cristo (di cui è membro vivo), non merita realmente un aumento di grazia, la vita eterna e il conseguimento della stessa vita eterna (posto che muoia in grazia) ed anche l’aumento della gloria: sia anatema.
33.
Se qualcuno afferma che con questa dottrina cattolica della giustificazione, espressa dal santo Sinodo col presente decreto, si riduce in qualche modo la gloria di Dio o i meriti di Gesù Cristo nostro signore, e non piuttosto si manifesta la verità della nostra fede e infine la gloria di Dio e di Gesù Cristo: sia anatema.

8/ La residenza dei vescovi ed i decreti di riforma

Decreto sulla residenza dei vescovi e degli altri chierici inferiori (e divieto di avere più di un vescovado nella stessa persona)
Capitolo I.

Lo stesso sacrosanto Sinodo, sotto la presidenza degli stessi legati della Sede Apostolica, volendo accingersi a ristabilire la disciplina ecclesiastica assai rilassata e a correggere i corrotti costumi del clero e del popolo cristiano, ha creduto di incominciare da quelli che sono a capo delle chiese più importanti: “l’onesta di chi presiede, infatti, è la salvezza dei sudditi” (l63).
Confidando quindi che, per la misericordia del Signore e Dio nostro e per la provvida diligenza del vicario in terra dello stesso Dio, possa senz’altro avvenire che, secondo le venerande prescrizioni dei beati padri (164), al governo delle chiese (peso che gli angeli stessi temerebbero) vengano assunte persone assolutamente degne, la cui vita precedente in ogni loro età, dagli anni della fanciullezza a quelli più maturi, passata lodevolmente negli esercizi della disciplina ecclesiastica, renda loro testimonianza
: questo santo Sinodo ammonisce e vuole che siano ammoniti tutti quelli che per qualsiasi motivo e titolo sono a capo di chiese patriarcali, primaziali, metropolitane e cattedrali, perché vegliando su sé stessi e su tutto il gregge sul quale lo Spirito santo li ha costituiti per pascere la Chiesa del Signore, che egli si è acquistato col suo sangue (165), siano vigilanti, come comanda l’apostolo (166), lavorino con ogni zelo e assolvano il loro ministero.
Sappiano poi, che non potranno adempierlo in nessun modo se, come mercenari, abbandoneranno i greggi loro affidati
(167), e non attenderanno alla custodia delle loro pecore, del cui sangue il giudice supremo chiederà conto alle loro mani (168). È certissimo infatti che non sarà accettata alcuna scusa per il pastore se il lupo ne divora le pecore e egli non se ne accorge.
E tuttavia, poiché in questo tempo si trovano molti (cosa davvero dolorosa) che, immemori anche della propria salvezza, anteponendo le cose terrene alle celesti e le umane alle divine, se ne vanno in giro per le corti, o (abbandonato il gregge e trascurata la custodia delle pecore loro affidate) sono immersi nella cura degli interessi temporali: è sembrato bene al sacrosanto Concilio rinnovare gli antichi canoni (169) (che per effetto dei tempi e la trascuratezza degli uomini sono andati quasi in disuso) promulgati contro i non residenti, cosa che esso fa in virtù del presente decreto ed inoltre, per ottenere più efficacemente la residenza e la riforma dei costumi nella Chiesa, decide di stabilire e sancire nel modo che segue:
Se qualcuno, cessando il legittimo impedimento o i giusti e ragionevoli motivi, dimorando fuori della sua diocesi per sei mesi continui sarà assente da una Chiesa patriarcale, primaziale, metropolitana, o cattedrale, a lui affidata con qualsiasi titolo, causa, motivo, qualsiasi dignità, grado e preminenza egli abbia,
ipso iure incorra nella pena di una quarta parte dei frutti di un anno, da destinarsi dal superiore ecclesiastico alla manutenzione della Chiesa e ai poveri del luogo. Se poi l’assenza si prolunga per altri sei mesi, perda per ciò stesso un’altra quarta parte dei frutti da destinarsi allo stesso scopo.

- tifo petecchiale, nel 1547 si sposta il Concilio a Bologna

- nel frattempo l’imperatore attacca la Lega di Smalcalda

1551 il Concilio torna a Trento con papa Giulio III

9/ Il valore permanente dei Sacramenti

VII-XI sessione (1547)
SESSIONE VII (3 marzo 1547)
Primo decreto: I sacramenti
Introduzione.

A completamento della salutare dottrina della giustificazione, promulgata nella precedente sessione col consenso unanime di tutti i padri, è sembrato naturale trattare dei santissimi sacramenti della Chiesa, attraverso i quali qualsiasi vera giustizia ha inizio o viene aumentata, se già iniziata, o è recuperata, se perduta.
Perciò il sacrosanto Concilio Tridentino generale ed ecumenico legittimamente riunito nello Spirito santo, sotto la presidenza degli stessi legati della Sede Apostolica, per eliminare gli errori ed estirpare le eresie che in questa nostra età o sono state riesumate, contro gli stessi santissimi sacramenti, da eresie già condannate a suo tempo dai nostri padri, o sono state inventate de novo
, le quali sono in contrasto con la purezza della Chiesa cattolica e nuocciono grandemente alla salvezza delle anime: attenendosi alla dottrina delle sacre scritture, alle tradizioni apostoliche e all’unanime pensiero degli altri concili e dei padri (172), ha creduto bene di stabilire e di proporre i presenti canoni, ripromettendosi di pubblicare in seguito (con l’aiuto dello Spirito santo) gli altri che mancano al completamento dell’esposizione iniziata.

CANONI SUI SACRAMENTI, IN GENERE
1.
Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono stati istituiti tutti da Gesù Cristo, nostro signore, o che sono più o meno di sette, e cioè: il battesimo, la confermazione, l’eucaristia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio, o anche che qualcuno di questi sette non è veramente e propriamente un sacramento: sia anatema.
2.
Se qualcuno afferma che questi stessi sacramenti della nuova legge non differiscono da quelli della legge antica, se non perché sono diverse le cerimonie e i riti esterni: sia anatema.
3.
Se qualcuno afferma che questi sette sacramenti sono talmente uguali fra di loro, che per nessun motivo uno è più degno dell’altro: sia anatema (173).
4.
Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono necessari alla salvezza, ma superflui, e che senza di essi, o senza il desiderio di essi, gli uomini con la sola fede ottengono da Dio la grazia della giustificazione (174), anche se non sono tutti necessari a ciascuno: sia anatema. 5. Se qualcuno afferma che questi sacramenti sono stati istituiti solo per nutrire la fede: sia anatema. 34
6.
Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non contengono la grazia che significano, o che non conferiscono la stessa grazia a quelli che non frappongono ostacolo, quasi che essi siano solo segni esteriori della grazia o della giustizia già ricevuta mediante la fede, o note distintive della fede cristiana, per cui si distinguono nel mondo i fedeli dagli infedeli: sia anatema.
7.
Se qualcuno afferma che con questi sacramenti non sempre e non a tutti, per quanto sta in Dio, viene data la grazia, anche se li ricevono nel modo dovuto, ma che viene data solo qualche volta e ad alcuni: sia anatema.
8.
Se qualcuno afferma che con i sacramenti della nuova legge la grazia non viene conferita ex opere operato, ma che è sufficiente la sola fede nella divina promessa per conseguire la grazia: sia anatema.
9.
Se qualcuno afferma che nei tre sacramenti del battesimo, della confermazione e dell’ordine non viene impresso nell’anima il carattere, cioè un segno spirituale ed indelebile, così che essi non possono essere ripetuti: sia anatema (l75).
10.
Se qualcuno afferma che tutti i cristiani hanno il potere di annunciare la parola e di amministrare tutti i sacramenti: sia anatema.
11.
Se qualcuno afferma che nei ministri, quando conferiscono i sacramenti, non si richiede l’intenzione di fare almeno quello che fa la Chiesa: sia anatema (l76).
12.
Se qualcuno afferma che il ministro, quando si trova in peccato mortale - ancorché compia tutto ciò che è essenziale a celebrare e a conferire il sacramento - non celebra e non conferisce il sacramento: sia anatema (177).
13.
Se qualcuno afferma che i riti tramandati e approvati dalla Chiesa cattolica, soliti ad essere usati nell’amministrazione solenne dei sacramenti, possano essere disprezzati o tralasciati a discrezione senza peccato da chi amministra il sacramento, o cambiati da qualsivoglia pastore di chiese con altri nuovi riti: sia anatema.

10/ L’Eucarestia e la transustanziazione

SESSIONE XIII (11 ottobre 1551)
Decreto sul santissimo sacramento dell’eucaristia.

Il sacrosanto Concilio ecumenico e generale Tridentino, legittimamente riunito nello Spirito santo, sotto la presidenza dello stesso legato e degli stessi nunzi della Sede Apostolica, benché non senza una particolare guida e ammaestramento dello Spirito santo si sia raccolto per esporre, cioè, la vera e antica dottrina della fede e dei sacramenti e rimediare a tutte le eresie e agli altri gravissimi mali, da cui la Chiesa di Dio è ora miseramente travagliata e divisa in molte e diverse parti, questo, tuttavia, fin da principio si prefisse in modo particolare: strappare dalle radici la zizzania degli abominevoli errori e degli scismi, che il nemico in questi nostri tempi procellosi ha sovraseminato (201) sulla dottrina della fede, sull’uso e sul culto della sacrosanta eucaristia, che, d’altra parte, il nostro Salvatore ha lasciato nella sua Chiesa come segno di unita e di amore, con cui volle che tutti i cristiani fosse congiunti ed uniti fra loro.
Quindi lo stesso sacrosanto Sinodo intende proporre su questo venerabile e divino sacramento dell’eucaristia, la sana, pura dottrina che la Chiesa cattolica, istruita dallo stesso Gesù Cristo, nostro signore, e dagli apostoli, e sotto l’influsso dello Spirito santo, che le suggerisce (202) di giorno in giorno ogni verità, ha sempre ritenuto e riterrà fino alla fine del mondo. Esso, quindi, proibisce a tutti i fedeli cristiani di osare in seguito, di credere, insegnare o predicare diversamente da come è stato spiegato e definito da questo presente decreto.
Capitolo I.
Della presenza reale del signore nostro Gesù Cristo nel santissimo sacramento dell’eucaristia.
Prima di tutto questo santo Sinodo insegna e professa chiaramente e semplicemente che nel divino sacramento della santa Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino, è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente, sotto l’apparenza di quelle cose sensibili, il nostro signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo
.
Non sono, infatti, in contrasto fra loro questo due cose: che lo stesso nostro Salvatore sieda sempre nei cieli alla destra del Padre, secondo il modo naturale di esistere, e che, tuttavia, presente in molti altri luoghi, sia presso di noi con la sua sostanza, sacramentalmente, con quel modo di esistenza, che, anche se difficilmente possiamo esprimere a parole, possiamo, tuttavia, comprendere con la nostra mente, illuminata dalla fede, essere possibile a Dio (203), e che anzi dobbiamo credere fermissimamente. Questo, infatti, tutti i nostri padri, che vissero nella vera Chiesa di Cristo, e che hanno trattato di questo santissimo sacramento, hanno professato chiarissimamente: che il nostro Redentore ha istituito questo meraviglioso sacramento nell’ultima cena, quando, dopo la benedizione del pane e del vino, affermò con parole esplicite e chiare di dare ad essi il proprio corpo e il proprio sangue.
Queste parole, riportate dai santi evangelisti (204), e ripetute poi da S. Paolo (205), hanno per sé quel significato proprio e chiarissimo, secondo cui sono state comprese dai padri, è pertanto sommamente indegno che esse vengano distorte da alcuni uomini rissosi e corrotti a immagini fittizie e immaginarie, con le quali è negata la verità della carne e del sangue di Cristo, contro il senso generale della Chiesa
, la quale come colonna e sostegno della verità (206), ha detestato come sataniche queste costruzioni fantastiche, escogitate da uomini empi, riconoscendo con animo sempre grato e memore questo preziosissimo dono di Cristo.

Capitolo II.
Del modo come è stato istituito questo santissimo sacramento.

Il Signore, quindi, nell’imminenza di tornare da questo mondo al Padre, istituì questo sacramento. In esso ha effuso le ricchezze del suo amore verso gli uomini, rendendo memorabili i suoi prodigi (207), e ci ha comandato (208) di onorare, nel riceverlo, la sua memoria e di annunziare la sua morte, fino a che egli venga (209) a giudicare il mondo. Egli volle che questo sacramento fosse ricevuto come cibo spirituale delle anime, perché ne siano alimentate e rafforzate, vivendo della vita di colui, che disse: Chi mangia me, anche lui vive per mezzo mio (210) e come antidoto, con cui liberarsi dalle colpe d’ogni giorno ed essere preservati dai peccati mortali.
Volle, inoltre, che esso fosse pegno della nostra gloria futura e della gioia eterna; e quindi simbolo di quell’unico corpo, di cui egli è il capo (211), e a cui volle che noi fossimo congiunti, come membra, dal vincolo strettissimo della fede, della speranza e della carità, perché tutti professassimo la stessa verità, e non vi fossero scismi fra noi (212).

Capitolo III.
Eccellenza della santissima eucaristia sugli altri sacramenti.

La santissima eucaristia ha questo di comune con gli altri sacramenti: che è simbolo di una cosa sacra e forma visibile della grazia invisibile (213).
Tuttavia in essa vi è questo di eccellente e di singolare: che gli altri sacramenti hanno il potere di santificare solo quando uno li riceve, mentre nell’eucaristia vi è l’autore della santità già prima dell’uso
. Difatti gli apostoli non avevano ancora ricevuto l’eucaristia dalla mano del Signore (214) e già Egli affermava che quello che Egli dava era il suo corpo. Sempre vi è stata nella Chiesa di Dio questa fede, che, cioè, subito dopo la consacrazione, vi sia, sotto l’apparenza del pane e del vino, il vero corpo di nostro Signore e il suo vero sangue, insieme con la sua anima e divinità.
In forza delle parole, il corpo è sotto la specie del pane e il sangue sotto la specie del vino; ma lo stesso corpo sotto la specie del vino, e il sangue sotto quella del pane, e l’anima sotto l’una e l’altra specie, in forza di quella naturale unione e concomitanza, per cui le parti di Cristo Signore, che ormai è risorto dai morti e non muore più (215), sono unite fra loro; ed inoltre la divinità per quella sua ammirabile unione ipostatica col corpo e con l’anima.
È quindi verissimo che sotto una sola specie si contiene tanto, quanto sotto l’una e l’altra. Cristo, infatti, è tutto e intero sotto la specie del pane e sotto qualsiasi parte di questa specie; e similmente è tutto sotto la specie del vino e sotto le sue parti.

Capitolo IV.
La transustanziazione.

Poiché, poi, Cristo, nostro redentore, disse che era veramente il suo corpo ciò che dava sotto la specie del pane (216), perciò fu sempre persuasione, nella Chiesa di Dio, - e lo dichiara ora di nuovo questo santo Concilio - che con la consacrazione del pane e del vino si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo, nostro signore (217), e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo sangue. Questa trasformazione, quindi, in modo adatto e proprio è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione.

Capitolo V.
Del culto e della venerazione dovuti a questo santissimo sacramento.
Non vi è, dunque, alcun dubbio che tutti i fedeli cristiani secondo l’uso sempre ritenuto nella Chiesa cattolica, debbano rendere a questo santissimo sacramento nella loro venerazione il culto di latria, dovuto al vero Dio
.
Non è, infatti, meno degno di adorazione, per il fatto che sia stato istituito da Cristo signore per essere ricevuto. Crediamo, infatti, che è presente in esso lo stesso Dio, di cui l’eterno Padre, introducendolo nel mondo, dice: E lo adorino tutti i suoi angeli (218); che i magi, prostrandosi, adorarono (219), che la scrittura attesta essere stato adorato in Galilea dagli apostoli (220). Dichiara, inoltre, il santo Concilio, che con pensiero molto pio e religioso è stato introdotto nella Chiesa di Dio l’uso di celebrare ogni anno con singolare venerazione e solennità e con una particolare festività questo nobilissimo e venerabile sacramento, e di portarlo con riverenza ed onore per le vie e per i luoghi pubblici, nelle processioni (221). È giustissimo, infatti, che siano stabiliti alcuni giorni festivi, in cui tutti i cristiani manifestino con cerimonie particolari e straordinarie il loro animo grato e memore verso il comune Signore e Redentore, per un beneficio così ineffabile e divino, con cui viene ricordata la sua vittoria e il suo trionfo sulla morte. Ed era necessario che la verità trionfasse talmente sulla menzogna e sull’eresia, perché i suoi avversari, posti dinanzi a tanto splendore e a tanta letizia della Chiesa universale, o vengano meno, disfatti e vinti, o presi e confusi dalla vergogna, si ricredano.

Capitolo VI.
Della conservazione del sacramento della santa eucaristia e del dovere di portarlo agli infermi.
L’uso di conservare la santa eucaristia in un tabernacolo è così antico che fu conosciuto anche ai tempi del Concilio di Nicea
(222).
Che poi la stessa santa eucaristia venga portata agli infermi, e che a questo scopo venga diligentemente conservata nelle chiese
, oltre che esser sommamente giusto e ragionevole, è anche comandato da molti concili (223) ed è stato predicato con antichissima consuetudine dalla Chiesa cattolica.
Questo santo Sinodo, perciò, stabilisce che quest’uso del tutto salutare e necessario debba esser conservato.

cfr. anche Decreti su Confermazione, Confessione e Estrema Unzione

11/ Il salvacondotto ed il fallimento dei propositi di unione

Salvacondotto dato ai protestanti tedeschi dal sacro Concilio di Trento.
Il sacrosanto Concilio generale di Trento, legittimamente riunito nello Spirito santo, sotto la presidenza dello stesso legato e degli stessi nunzi della Santa Sede, concede - per quanto spetta ad esso - la pubblica fede e la piena sicurezza che chiamano “Salvacondotto” - a tutte e singole quelle persone, sia ecclesiastiche che secolari, di tutta la Germania, di qualsiasi grado, stato, condizione e qualità esse siano, le quali vorranno venire a questo Concilio ecumenico e generale, perché possano con tutta libertà conferire, proporre e trattare di quegli argomenti che devono esser trattati nello stesso Concilio; perché possano liberamente e con tranquillità venire allo stesso Concilio ecumenico e rimanere e dimorare in esso, proporre, sia per iscritto, che oralmente, tutti quegli articoli che vorranno, e discutere con i Padri o con quelli che saranno stati scelti dallo stesso Sinodo e disputare, senza usare modi ingiuriosi ed offensivi; e che, inoltre, quando essi crederanno, possano tornarsene via.
Concediamo questo salvacondotto con tutte e singole le clausole e i decreti necessari ed opportuni, anche se essi dovessero essere espressi in modo speciale e non con espressioni generiche, e che si intendono come espressi.
È sembrato bene, inoltre, al santo Sinodo che se essi per loro maggiore libertà e sicurezza, desiderassero che vengano scelti dei giudici, sia per i delitti già perpetrati che per quelli che possano esser commessi da loro in futuro, li nominino pure a loro gradimento, anche se gli stessi delitti fossero enormemente grandi e riguardassero l’eresia.

- naufraga l’unione... 1552 l’imperatore sotto attacco fugge da Innsbruck

sospensione del Concilio

1555 papa Marcello II (Cervini)

poi subito, sempre 1555, papa Paolo IV (Carafa) 1555-1559

Pio IV (1559-1565)

nel frattempo era emersa sempre più anche la questione calvinista, prima sotto Enrico II (morto nel 1559) e poi sotto Caterina de’ Medici

il Concilio riprende nel 1562

ormai erano presenti 113 vescovi

12/ L’Eucarestia è sacrificio

SESSIONE XXII (17 settembre 1562)
Dottrina e canoni sul santissimo sacrificio della Messa.

[...]
Capitolo I

Poiché sotto l’antico testamento (secondo la testimonianza dell’apostolo Paolo (332) per l’insufficienza del sacerdozio levitico, non vi era perfezione, fu necessario - e tale fu la disposizione di Dio, padre delle misericordie, - che sorgesse un altro sacerdote secondo l’ordine di Melchisedech, e cioè il signore nostro Gesù Cristo, che potesse condurre ad ogni perfezione tutti quelli che avrebbero dovuto essere santificati. Questo Dio e Signore nostro, dunque, anche se una sola volta (333) si sarebbe immolato sull’altare della croce, attraverso la morte, a Dio Padre, per compiere una redenzione eterna; perché, tuttavia, il suo sacerdozio non avrebbe dovuto tramontare con la morte, nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito (334), per lasciare alla Chiesa, sua amata sposa, un sacrificio visibile (come esige l’umana natura), con cui venisse significato quello cruento che avrebbe offerto una sola volta sulla croce, prolungandone la memoria fino alla fine del mondo, e la cui efficacia salutare fosse applicata alla remissione di quelle colpe che ogni giorno commettiamo; egli, dunque, dicendosi costituito sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech (335), offrì a Dio padre il suo corpo e il suo sangue sotto le specie del pane e del vino, e lo diede, perché lo prendessero, agli apostoli (che in quel momento costituiva sacerdoti del nuovo testamento) sotto i simboli delle stesse cose (del pane, cioè, e del vino), e comandò ad essi e ai loro successori nel sacerdozio che l’offrissero, con queste parole: Fate questo in memoria di me (336), ecc., come sempre le ha intese ed ha insegnato la Chiesa cattolica.
Celebrata, infatti, l’antica Pasqua, - che la moltitudine dei figli di Israele immolava in ricordo dell’uscita dall’Egitto -, istituì la nuova Pasqua, e cioè se stesso, da immolarsi dalla Chiesa per mezzo dei suoi sacerdoti sotto segni visibili, in memoria del suo passaggio da questo mondo al Padre, quando ci redense con l’effusione del suo sangue, ci strappò al potere delle tenebre e ci trasferì nel suo regno (337).
Ed è questa quell’offerta pura, che non può essere contaminata da nessuna indegnità o malizia di chi la offre; che il Signore per mezzo di Malachia (338) predisse che sarebbe stata offerta in ogni luogo, pura, al suo nome che sarebbe stato grande fra le genti; e a cui non oscuramente sembra alludere l’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinti, quando dice (339): che non possono divenire partecipi della mensa del Signore, quelli che si sono contaminati, partecipando alla mensa dei demoni. E per “mensa” nell’uno e nell’altro luogo intende (certamente) l’altare. Questa, finalmente, è quella che al tempo della natura e della legge, era raffigurata con le diverse varietà dei sacrifici: essa che raccoglie in sé tutti i beni significati da quei sacrifici, come perfezionamento e compimento di tutti essi.

Capitolo II
E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si immolò una sola volta cruentemente sull’altare della croce, il santo Sinodo insegna che questo sacrificio è veramente propiziatorio, e che per mezzo di esso – se di vero cuore e con retta fede, con timore e riverenza ci avviciniamo a Dio contriti e pentiti – noi possiamo ottenere misericordia e trovare grazia in un aiuto propizio (340).
Placato, infatti, da questa offerta, il Signore, concedendo la grazia e il dono della penitenza, perdona i peccati e le colpe anche gravi. Si tratta, infatti, della stessa, identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per mezzo dei sacerdoti, egli che un giorno si offrì sulla croce. Diverso è solo il modo di offrirsi. E i frutti di quella oblazione (di quella cruenta) vengono percepiti abbondantemente per mezzo di questa, incruenta, tanto si è lontani dal pericolo che con questa si deroghi a quella.
È per questo motivo che giustamente, secondo la tradizione degli apostoli, essa viene offerta non solo per i peccati, le pene, le soddisfazioni ed altre necessità dei fedeli viventi, ma anche per i fedeli defunti in Cristo, non ancora del tutto purificati.

Capitolo IV
E poiché le cose sante devono essere trattate santamente, e questo è il sacrificio più santo, la Chiesa cattolica, perché esso potesse essere offerto e ricevuto degnamente e con riverenza, ha stabilito da molti secoli il sacro canone
(343), talmente puro da ogni errore, da non contenere niente, che non profumi estremamente di santità e di pietà, e non innalzi a Dio la mente di quelli che lo offrono, formato com’è dalle parole stesse del Signore, da quanto hanno trasmesso gli apostoli e istituito piamente anche i santi pontefici.

Capitolo V
E perché la natura umana è tale, che non facilmente viene tratta alla meditazione delle cose divine senza piccoli accorgimenti esteriori, per questa ragione la Chiesa, pia madre, ha stabilito alcuni riti, che cioè, qualche tratto nella messa, sia pronunziato a voce bassa, qualche altro a voce più alta. Ha stabilito, similmente, delle cerimonie, come le benedizioni mistiche; usa i lumi, gli incensi, le vesti e molti altri elementi trasmessi dall’insegnamento e dalla tradizione apostolica, con cui venga messa in evidenza la maestà di un sacrificio così grande, e le menti dei fedeli siano attratte da questi segni visibili della religione e della pietà, alla contemplazione delle altissime cose, che sono nascoste in questo sacrificio.

CANONI SUL SANTISSIMO SACRIFICIO DELLA MESSA

1. Se qualcuno dirà che nella messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto non significa altro se non che Cristo ci viene dato a mangiare, sia anatema.
2.
Se qualcuno dirà che con quelle parole: Fate questo in memoria di me (347), Cristo non ha costituito i suoi apostoli sacerdoti o che non li ha ordinati perché essi e gli altri sacerdoti offrissero il suo corpo e il suo sangue, sia anatema.
3.
Se qualcuno dirà che il sacrificio della messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o la semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non si deve offrire per i vivi e per i morti, per i peccati, per le pene, per le soddisfazioni, e per altre necessità, sia anatema.
4.
Se qualcuno dirà che col sacrificio della messa si bestemmia contro il sacrificio di Cristo consumato sulla croce; o che con esso si deroga all’onore di esso, sia anatema.
5.
Chi dirà che celebrare messe in onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la Chiesa intende, è un’impostura, sia anatema.
6.
Se qualcuno dirà che il canone della messa contiene degli errori, e che, quindi, bisogna abolirlo, sia anatema.
7.
Se qualcuno dirà che le cerimonie, le vesti e gli altri segni esterni, di cui si serve la Chiesa cattolica nella celebrazione delle messe, siano piuttosto elementi adatti a favorire l’empietà, che manifestazioni di pietà, sia anatema.
8.
Se qualcuno dirà che le messe, nelle quali solo il sacerdote si comunica sacramentalmente, sono illecite e, quindi, da abrogarsi, sia anatema.
9.
Se qualcuno dirà che il rito della Chiesa Romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da riprovarsi; o che la messa debba essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell’offrire il calice non debba esser mischiata l’acqua col vino, perché ciò sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia anatema.

Decreto sulla richiesta di concessione del calice.
Lo stesso sacrosanto Sinodo nella precedente sessione si riservò di esaminare e di definire, all’occasione, in altro tempo, due articoli, proposti in altra circostanza ed allora non ancora discussi; e cioè: ‘Se le ragioni da cui fu indotta la santa Chiesa cattolica per dare la comunione ai laici, e ai sacerdoti non celebranti, sotto la sola specie del pane, debbano ritenersi tali, da non potersi permettere a nessuno, per nessun motivo, l’uso del calice’; e ‘Se dovendosi per motivi giusti e conformi alla cristiana carità concedere l’uso del calice ad una nazione o ad un regno, debba concedersi sotto alcune condizioni, e quali siano queste condizioni’.
Ora, quindi, volendo che si provveda nel migliore modo possibile alla salvezza di quelli, per cui il calice viene richiesto, ha stabilito che tutta la faccenda venga rimessa al nostro santissimo signore il Papa
, come in realtà fa col presente decreto. Egli con la sua singolare prudenza, faccia quello che crederà utile alla cristianità, e salutare a quelli che chiedono l’uso del calice.

- il Concilio in lite
muoiono i due legati Gonzaga e Seripando
nominato legato pontificio il Morone

a Innsbruck dall’imperatore, ottenendo il suo assenso

13/ Il sacerdozio è un Sacramento

XXIII-XXIV sessione (1563)
SESSIONE XXIII (15 luglio 1563)
Dottrina vera e cattolica sul sacramento dell’ordine a condanna degli errori del nostro tempo.

Capitolo I
Il sacrificio e il sacerdozio per divino ordinamento sono talmente congiunti che l’uno e l’altro sono esistiti sotto ogni legge. E poiché nel nuovo Testamento la Chiesa cattolica ha ricevuto dalla istituzione stessa del Signore il santo visibile sacrificio dell’eucaristia, bisogna anche confessare che vi è in essa anche il nuovo e visibile sacerdozio, in cui è stato trasferito l’antico
(354).
Che poi questo sia stato istituito dallo stesso Signore e salvatore nostro, e che agli apostoli e ai loro successori nel sacerdozio sia stato trasmesso il potere di consacrare, di offrire e di dispensare il suo corpo e il suo sangue; ed inoltre di rimettere o di non rimettere i peccati, lo mostra la Sacra Scrittura e lo ha sempre insegnato la tradizione della Chiesa cattolica.

Capitolo III
Poiché dalla testimonianza della scrittura, dalla tradizione apostolica e dal consenso unanime dei padri appare chiaro che con la sacra ordinazione - che si compie con parole e segni esteriori - viene comunicata la grazia, nessuno deve dubitare che l’ordine è realmente e propriamente uno dei sette sacramenti della Chiesa. Dice, infatti, l’apostolo: Io ti esorto che tu voglia rianimare la grazia di Dio, che è in te con l’imposizione delle mie mani. Non ci ha dato, infatti, Dio lo spirito del timore, ma della virtù, dell’amore e della sobrietà (356).

Capitolo IV
Poiché, poi, nel sacramento dell’ordine, come nel battesimo e nella cresima, viene impresso il carattere, che non può essere né cancellato, né tolto, giustamente il santo Sinodo condanna l’opinione di quelli che asseriscono che i sacerdoti del nuovo Testamento hanno solo un potere temporaneo, e che quelli che una volta sono stati regolarmente ordinati, possono tornare di nuovo laici, se non esercitano il ministero della Parola di Dio
.
Se qualcuno afferma che tutti i cristiani, senza distinzione, sono sacerdoti del nuovo Testamento, o che tutti godono fra di essi di uno stesso potere spirituale, allora costui non sembra far altro che sconvolgere la gerarchia ecclesiastica, che è come un esercito schierato a battaglia (357); proprio come se, diversamente da quanto insegna il beato Paolo (358), fossero tutti apostoli, tutti profeti, tutti evangelisti, tutti pastori, tutti dottori.
Perciò il santo Sinodo dichiara che - oltre agli altri gradi ecclesiastici - appartengono a questo ordine gerarchico specialmente i vescovi, successori degli apostoli, che sono posti (come afferma lo stesso apostolo) dallo Spirito santo a reggere la Chiesa di Dio
(359); sono superiori ai sacerdoti; possono conferire il sacramento della cresima, ordinare i ministri della Chiesa e compiere le molte altre funzioni, di cui gli altri di ordine inferiore non hanno alcun potere.
Insegna, inoltre, il santo Concilio, che nella ordinazione dei vescovi, dei sacerdoti e degli altri ordini non si richieda così necessariamente il consenso, o la chiamata o l’autorità del popolo o di qualsiasi potestà o autorità secolare, da render nulla, senza di esse, l’ordinazione. Anzi, quelli che, chiamati e costituiti solo dal popolo o dal potere e dall’autorità secolare si appressano ad esercitare questi ministeri, e quelli che se li arrogano di propria temerità, sono tutti non ministri della Chiesa, ma ladri e rapinatori, che non sono entrati dalla porta (360).
Queste sono le cose che in generale è sembrato bene al santo Sinodo insegnare ai fedeli cristiani sul sacramento dell’ordine. Ed ha stabilito di condannare quanto contrasta con questi insegnamenti con canoni determinati e propri come segue, affinché tutti, con l’aiuto di Dio, attenendosi alla regola della fede, in mezzo alle tenebre di tanti errori, più facilmente possano conoscere e tenere la verità cattolica.

CANONI SUL SACRAMENTO DELL’ORDINE
1.
Se qualcuno dirà che nel nuovo Testamento non vi è un sacerdozio visibile ed esteriore, o che non vi è alcun potere di consacrare e di offrire il vero corpo e sangue del Signore, di rimettere o di ritenere i peccati, ma il solo ufficio e il nudo ministero di predicare il vangelo, o che quelli che non predicano non sono sacerdoti, sia anatema.
2.
Se qualcuno dirà che oltre al sacerdozio non vi sono nella Chiesa cattolica altri ordini, maggiori e minori, attraverso i quali, come per gradi si tenda al sacerdozio, sia anatema.
3.
Se qualcuno dirà che l’ordine, cioè la sacra ordinazione, non è un sacramento in senso vero e proprio, istituito da Cristo signore, o che è un’invenzione umana fatta da uomini ignoranti di cose ecclesiastiche, o che è solo un rito per eleggere i ministri della Parola di Dio e dei sacramenti, sia anatema.
4.
Se qualcuno dirà che con la sacra ordinazione non viene dato lo Spirito santo, e che quindi, inutilmente il vescovo dice: Ricevi lo Spirito santo, o che con essa non si imprime il carattere o che chi sia stato una volta sacerdote, possa di nuovo diventare laico, sia anatema.
5.
Se qualcuno dirà che la sacra unzione, che la Chiesa usa fare nella santa ordinazione, non solo non è necessaria, ma che si deve disprezzare e che è dannosa, come tutte le altre cerimonie dell’ordine, sia anatema.
6.
Se qualcuno dice che nella Chiesa cattolica non vi è una gerarchia istituita per disposizione divina, e formata di vescovi, sacerdoti e ministri, sia anatema.
7.
Se qualcuno dirà che i vescovi non sono superiori ai sacerdoti, o che non hanno il potere di confermare e di ordinare, o che quello che hanno è comune ad essi con i sacerdoti, o che gli ordini da loro conferiti senza il consenso o la chiamata del popolo o dell’autorità secolare, sono invalidi; o che quelli, che non sono stati né regolarmente ordinati né mandati dall’autorità ecclesiastica e canonica, ma vengono da altri, sono legittimi ministri della parola e dei sacramenti, sia anatema.
8.
Se qualcuno dirà che i vescovi, assunti per autorità del Romano Pontefice, non sono vescovi legittimi e veri, ma invenzione umana, sia anatema. Decreto di riforma.

14/ Ulteriori decreti di riforma ed istituzione dei seminari diocesani

Decreto di riforma.
Lo stesso sacrosanto Concilio Tridentino, proseguendo la materia della riforma, stabilisce e ordina che, al presente, si debbano stabilire le cose che seguono.

Canone I
Poiché con precetto divino
(361) è stato comandato a tutti quelli cui è stata affidata la cura delle anime, di conoscere le proprie pecore, di offrire per esse il sacrificio, di pascerle con la predicazione della Parola divina, con l’amministrazione dei sacramenti e con l’esempio di ogni opera buona; di aver una cura paterna per i poveri e per gli altri bisognosi e di attendere a tutti gli altri doveri pastorali, - cose tutte che non possono essere fatte e compiute da quelli che non vigilano sul proprio gregge e non lo assistono, ma lo abbandonano come mercenari (362) - il sacrosanto Sinodo li ammonisce e li esorta, perché, memori dei divini precetti e divenuti esempi del gregge (363), lo pascano e lo reggano nella saggezza e nella verità.
[...]

Canone XVIII
Gli adolescenti, se non sono ben formati, sono inclini a seguire i piaceri del mondo (373) e se non sono orientati, fin dai teneri anni, alla pietà e alla religione prima che cattive abitudini si impadroniscano completamente dell’uomo, non sono capaci di perseverare completamente nella disciplina ecclesiastica, senza un aiuto grandissimo e singolarissimo di Dio onnipotente. Per questo il santo Sinodo stabilisce che le singole chiese cattedrali, metropolitane, e le altre maggiori di queste, in proporzione delle loro facoltà e della grandezza della diocesi, siano obbligate a mantenere, educare religiosamente ed istruire nella disciplina ecclesiastica un certo numero di fanciulli della stessa città e diocesi, o, se non fossero abbastanza numerosi, della provincia, in un collegio scelto dal vescovo vicino alle stesse chiese o in altro luogo adatto.
Siano ammessi in questo collegio quelli che hanno almeno dodici anni e sono nati da legittimo matrimonio, che abbiano imparato a leggere e a scrivere e la cui indole e volontà dia speranza che essi sono disposti ad essere sempre a servizio della Chiesa. Il Concilio intende che vengano scelti specialmente i figli dei poveri, senza escludere i figli dei ricchi, purché si mantengano da sé e mostrino inclinazione a servire con zelo Dio e la Chiesa.
Il vescovo dividerà questi fanciulli in tante classi quante a lui sembrerà, secondo il loro numero, la loro età, il progresso nella disciplina ecclesiastica. E quando gli sembrerà opportuno, ne destinerà una parte al servizio delle chiese, una parte ne lascerà nel collegio perché siano istruiti, sostituendo altri al posto di quelli che sono stati formati, di modo che questo collegio sia un perpetuo seminario di ministri di Dio.
Perché, poi, possano essere istruiti più facilmente nella disciplina ecclesiastica, prenderanno subito la tonsura e indosseranno sempre la veste clericale; impareranno la grammatica, il canto, il computo ecclesiastico e le altre conoscenze utili; attenderanno con ogni attenzione allo studio della Sacra Scrittura, dei libri ecclesiastici, delle omelie dei santi, al modo di amministrare i sacramenti, - specie per ascoltare le confessioni, - e impareranno le regole dei riti e delle cerimonie.
Il vescovo procuri che ogni giorno assistano al sacrificio della messa; che almeno ogni mese si confessino, e secondo il giudizio del confessore, ricevano il corpo del nostro signore Gesù Cristo e che nei giorni festivi servano in cattedrale e nelle altre chiese del luogo: cose tutte, insieme ad altre opportune e necessarie a questo riguardo, che i singoli vescovi stabiliranno col consiglio dei due canonici più anziani e di maggior criterio, che essi eleggeranno come lo Spirito santo suggerirà loro
. Questo consiglio si darà da fare con visite frequenti perché tali prescrizioni vengano osservate.
Essi puniranno severamente i caratteri difficili e incorreggibili e quelli che propagano cattivi costumi. Se necessario, li cacceranno, toglieranno ogni impedimento e porranno ogni cura nel realizzare qualsiasi cosa che sembri possa essere adatta a conservare e far fiorire una istituzione così pia e così santa.
Per costruire l’edificio del collegio, per dare un compenso ai professori e al personale, per mantenere la gioventù e per altre spese, oltre ai mezzi che in alcune chiese e luoghi sono destinati all’educazione e al mantenimento dei fanciulli, che il vescovo avrà cura di devolvere a favore di questo seminario -, saranno necessari dei redditi fissi
. Per questo, gli stessi vescovi, col consiglio di due membri del capitolo, di cui uno eletto dal vescovo e l’altro dal capitolo e similmente di due membri del clero della città, la cui elezione spetti per uno al vescovo e per l’altro al clero, detrarranno una parte delle rendite della mensa vescovile, del capitolo, di qualsiasi dignità, personato, ufficio, prebenda, porzione, abbazia e priorato, di qualsiasi ordine, - anche regolare -, qualità o condizione essi fossero; ed inoltre degli ospedali che vengono dati in titolo o in amministrazione, secondo la costituzione del Concilio di Vienne Quia contingit (374), di ogni beneficio, anche regolare, di qualsiasi diritto di patronato o esente o di nessuna diocesi o annesso ad altre chiese, monasteri, ospedali, o a qualsiasi altro luogo pio, anche esente.

15/ Decreti sul matrimonio, di riforma, sul Purgatorio e sul culto dei Santi e le immagini

- non è valido un matrimonio senza due testimoni

XXV sessione (1563)
SESSIONE XXV (3-4 dicembre 1563)
Decreto sul purgatorio.
Poiché la Chiesa cattolica, istruita dallo Spirito santo, conforme alle sacre scritture e all’antica tradizione, ha insegnato nei sacri concili, e recentissimamente in questo Concilio ecumenico
(403), che il purgatorio esiste e che le anime lì tenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in modo particolarissimo col santo sacrificio dell’altare, il santo Sinodo comanda ai vescovi che con diligenza facciano in modo che la sana dottrina sul purgatorio, quale è stata trasmessa dai santi padri e dai sacri concili (404), sia creduta, ritenuta, insegnata e predicata dappertutto.
Nelle prediche rivolte al popolo meno istruito, si evitino le questioni più difficili e più sottili, che non servono all’edificazione
, e da cui, per lo più, non c’è alcun frutto per la pietà. Così pure non permettano che si diffondano e si trattino dottrine incerte o che possano presentare apparenze di falsità. Proibiscano, inoltre, come scandali e inciampi per i fedeli, quelle questioni che servono (solo) ad una certa curiosità e superstizione e sanno di speculazione.
I vescovi, inoltre, abbiano cura che i suffragi dei fedeli viventi e cioè i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine ed altre opere pie, che si sogliono fare dai fedeli per altri fedeli defunti, siano fatti con pietà e devozione secondo l’uso della Chiesa e che quei suffragi che secondo le fondazioni dei testatori o per altro motivo devono essere fatti per essi, vengano soddisfatti dai sacerdoti, dai ministri della Chiesa e dagli altri che ne avessero l’obbligo, non sommariamente e distrattamente, ma diligentemente e con accuratezza.

Della invocazione, della venerazione e delle reliquie dei santi e delle sacre immagini.
Il santo Sinodo comanda a tutti i vescovi e a quelli che hanno l’ufficio e l’incarico di insegnare, che - conforme all’uso della Chiesa cattolica e apostolica, tramandato fin dai primi tempi della religione cristiana, al consenso dei santi padri e ai decreti dei sacri concili, - prima di tutto istruiscano diligentemente i fedeli sull’intercessione dei santi, sulla loro invocazione, sull’onore dovuto alle reliquie, e sull’uso legittimo delle immagini
, insegnando che i santi, regnando con Cristo, offrono a Dio le loro orazioni per gli uomini; che è cosa buona ed utile invocarli supplichevolmente e ricorrere alle loro orazioni, alla loro potenza e al loro aiuto, per impetrare da Dio i benefici, per mezzo del suo figlio Gesù Cristo, nostro signore, che è l’unico redentore e salvatore nostro; e che quelli, i quali affermano che i santi - che godono in cielo l’eterna felicità - non devono invocarsi o che essi non pregano per gli uomini o che l’invocarli, perché preghino anche per ciascuno di noi, debba dirsi idolatria, o che ciò è in disaccordo con la Parola di Dio e si oppone all’onore del solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo (405); o che è sciocco rivolgere le nostre suppliche con la voce o con la mente a quelli che regnano nel cielo, pensano empiamente.
Insegnino ancora diligentemente che i santi corpi dei martiri e degli altri che vivono con Cristo - un tempo membra vive di Cristo stesso e tempio dello Spirito santo (406) -, e che da lui saranno risuscitati per la vita eterna e glorificati, devono essere venerati dai fedeli, quei corpi, cioè, per mezzo dei quali vengono concessi da Dio agli uomini molti benefici. Perciò quelli che affermano che alle reliquie dei santi non si debba alcuna venerazione ed alcun onore; che esse ed altri resti sacri inutilmente vengono onorati dai fedeli; o che invano si frequentano i luoghi della loro memoria per ottenere il loro aiuto, sono assolutamente da condannarsi, come già da tempo la Chiesa li ha condannati e li condanna ancora.
Inoltre le immagini di Cristo, della Vergine madre di Dio e degli altri santi devono essere tenute e conservate nelle chiese; ad esse si deve attribuire il dovuto onore e la venerazione: non certo perché si crede che vi sia in esse una qualche divinità o virtù, per cui debbano essere venerate; o perché si debba chiedere ad esse qualche cosa, o riporre fiducia nelle immagini, come un tempo facevano i pagani, che riponevano la loro speranza negli idoli
(407), ma perché l’onore loro attribuito si riferisce ai prototipi, che esse rappresentano. Attraverso le immagini, dunque, che noi baciamo e dinanzi alle quali ci scopriamo e ci prostriamo, noi adoriamo Cristo e veneriamo i santi, di cui esse mostrano la somiglianza. Cosa già sancita dai decreti dei concili - specie da quelli del secondo Concilio di Nicea - contro gli avversari delle sacre immagini (408).
Questo, poi, cerchino di insegnare diligentemente i vescovi: che attraverso la storia dei misteri della nostra redenzione, espressa con le pitture e con altre immagini, il popolo viene istruito e confermato nel ricordare gli articoli di fede e nella loro assidua meditazione. Ed inoltre, che da tutte le sacre immagini si trae grande frutto, non solo perché vengono ricordati al popolo i benefici e i doni che gli sono stati fatti da Cristo, ma anche perché nei santi sono posti sotto gli occhi dei fedeli le meraviglie e gli esempi salutari di Dio
, così che ne ringrazino Dio, cerchino di regolare la loro vita e i loro costumi secondo l’imitazione dei santi, siano spinti ad adorare ed amare Dio e ad esercitare la pietà. Se qualcuno insegnerà o crederà il contrario di questi decreti, sia anatema.
Se poi, contro queste sante e salutari pratiche, fossero invalsi degli abusi, il santo Sinodo desidera ardentemente che essi siano senz’altro tolti di mezzo. Pertanto non sia esposta nessuna immagine che esprima false dottrine e sia per i semplici occasione di pericolosi errori.
Se avverrà che qualche volta debbano rappresentarsi e raffigurarsi le storie e i racconti della Sacra Scrittura - questo infatti giova al popolo, poco istruito - si insegni ad esso che non per questo viene raffigurata la divinità, quasi che essa possa esser vista con questi occhi corporei o possa esprimersi con colori ed immagini.
Nella invocazione dei santi, inoltre, nella venerazione delle reliquie e nell’uso sacro delle immagini sia bandita ogni superstizione, sia eliminata ogni turpe ricerca di denaro e sia evitata ogni licenza, in modo da non dipingere o adornare le immagini con procace bellezza. Così pure, i fedeli non approfittino delle celebrazioni dei santi e della visita alle reliquie per darsi all’abuso del mangiare e del bere, quasi che le feste dei santi debbano celebrarsi col lusso e la libertà morale
.
Da ultimo, in queste cose sia usata dai vescovi tanta diligenza e tanta cura, che niente appaia disordinato, niente fuori posto e rumoroso, niente profano, niente meno onesto: alla casa di Dio, infatti, si addice la santità (409).
E perché queste disposizioni vengano osservate più fedelmente, questo santo Sinodo stabilisce che non è lecito a nessuno porre o far porre un’immagine inconsueta in un luogo o in una Chiesa, per quanto esente, se non è stata prima approvata dal vescovo; né ammettere nuovi miracoli, o accogliere nuove reliquie, se non dopo il giudizio e l’approvazione dello stesso vescovo. Questi, poi, non appena sia venuto a sapere qualche cosa su qualcuno di questi fatti, consultati i teologi ed altre pie persone, faccia quello che crederà conforme alla verità e alla pietà. Se infine si presentasse qualche abuso dubbio o difficile da estirpare o se sorgesse addirittura qualche questione di una certa gravità intorno a questi problemi, il vescovo, prima di decidere aspetti l’opinione del metropolita e dei vescovi della regione nel Concilio provinciale. Comunque, le cose siano fatte in modo tale, da non stabilire nulla di nuovo o di inconsueto nella Chiesa, senza aver prima consultato il santissimo Pontefice Romano.

- dicembre 1563 termina il Concilio

1564 Pio IV nomina una Commissione cardinalizia per l’autentica interpretazione dei decreti

San Carlo Borromeo ne diviene il modello... continua con i catechismi, il Breviario, il Messale, la nuova versione della Vulgata, ecc.

-per tre secoli farà testo in assoluto
una lacuna: la dottrina della Chiesa