L'arte del tappeto? Imita l'arte del Creatore, di Fabrice Hadjadj

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 12 /10 /2015 - 09:14 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 4/10/2015 un articolo di Fabrice Hadjadj. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri articoli di Fabrice Hadjadj, oltre a cliccare sul tag fabrice_hadjadj, cfr. la sotto-sezione Filosofia contemporanea nella sezione Storia e filosofia

Il Centro culturale Gli scritti (12/10/2015)

«Il tempo di imparare a vivere, ed è già troppo tardi», dice il poeta. Molto spesso, è all'età in cui si comincia a fare bilanci che si diventa infine maturi per le scelte professionali della gioventù. E così, oggi sono abbastanza filosofo per rendermi conto che forse sarebbe stato meglio per me essere non professore di filosofia né autore di teatro, ma mercante di tappeti e magari, se non è vietato spingere la propria ambizione così in alto, fabbricante di tappeti.

Quando penso all'arte del tappeto e alla sua diffusione tra gli uomini (un'arte tenuta un tempo in grandissima considerazione nella laguna di Venezia, ma spazzata via dalla rivoluzione industriale) mi viene una stretta al cuore. È quello che ho sempre cercato di fare; anche sul piano del pensiero, il mio modello è il tappeto orientale fatto a mano - «mille nodi ripetuti mille volte su mille fili incrociati».

Come William Morris, credo che in un certo modo le "arti minori" superino di molto le "arti maggiori". Le arti maggiori (e cioè le belle arti) producono opere monumentali che stanno accanto alla nostra vita quotidiana e ci mettono nella posizione di spettatori affascinati: si esce di casa per andare al teatro, si smettono le faccende domestiche o la discussione coi familiari per guardare un film o ascoltare un concerto.

Le "arti minori", spesso ridotte ad arti "decorative" oppure ad "artigianato", producono opere atmosferiche, opere che sposano la nostra vita quotidiana: è la vita stessa il dipinto, e l'arte non ha più altra funzione che provvedere una cornice che ne aumenti la grazia.

È così per un bel mobile di famiglia, con sagomature ed intarsi. Ci si mettono le mutande e i calzini, ma l'atto di mettere o prendere le mutande e i calzini è avvolto da quella poesia silenziosa che un mobile ikea non può dare. Così anche per scarpe fatte su misura da un calzolaio amico: forse saranno un po' meno comode e certamente meno alla moda di un paio di nike, ma si cammina sul suolo della sollecitudine e del saper fare di uomini…

E l'arte del tappeto allora? La pongo leggermente al di sopra della calzoleria (che è certamente essa stessa infinitamente al di sopra dell'alta finanza e delle nanotecnologie). Non soltanto supera alla grande l'iconoclastia delle avanguardie contemporanee - producendo fin dall'inizio capolavori fatti per essere calpestati - ma permette di riorganizzare lo spazio familiare attorno alla bellezza. Un tappeto non è appeso al muro, non occupa spazio: fa spazio, dispone l'ospitalità, e non per una persona soltanto, come il vestito o le scarpe, ma per il calore di una piccola comunità.

Infatti, avere tanto splendore sotto i piedi, tanti motivi fatti per attirare il nostro sguardo ma che al contrario cercano di nascondersi sotto le nostre suole, ci spinge a guardare diversamente il nostro prossimo e ci suggerisce che questi sia ancora più bello. Questo prato addomesticato e radioso eleva i nostri gesti più comuni (prendere un caffè, parlare di tutto e di niente, giocare coi bambini) mentre una moquette sintetica tende a impigliarli nella malinconia... In questo senso, ogni bel tappeto è un tappeto volante.

Ho detto che il tappeto rappresenta per me un modello. In verità, l'arte del tappeto imita l'arte del Creatore. Ogni vero donatore si nasconde dietro il suo dono (altrimenti non è più dono, ma bisogno di vanagloria): Dio crea facendo spazio alle sue creature, uno spazio così generoso che esse possono dimenticarlo facilmente. Si fa discreto come un tappeto che porta e illumina il mondo, mostra le cose e per questo non mostra sé stesso.