Le Res gestae di Augusto. Delle gesta del divino Augusto attraverso le quali sottomise tutto il mondo al potere del popolo romano, e del denaro che spese per la Repubblica e per il popolo romano, come sta scritto in due stele di bronzo a Roma.

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 24 /07 /2023 - 14:49 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito del Mausoleo di Augusto (https://www.mausoleodiaugusto.it/it/) il testo latino e la traduzione delle Res gestae di Augusto, secondo le integrazioni di Alison E. Cooley, Res Gestae Divi Augusti, traslation and commentari, Cambridge 2009 (https://www.mausoleodiaugusto.it/it/wp-content/uploads/sites/3/2017/04/Il-Mausoleo-di-Augusto-Res-Gestae.pdf). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Storia greca e romana e, in particolare

Il Centro culturale Gli scritti (24/7/2023)

Nel video, scritto da Andrea Lonardo, viene presentata la figura di Augusto e l'importanza delle Res gestae.

RERUM GESTARUM DIVI AUGUSTI, QUIBUS ORBEM TERRA[RUM] IMPERIO POPULI ROM[A]NI SUBIECIT, ET IMPENSARUM, QUAS IN REM PUBLICAM POPULUMQUE ROMANUM FECIT, INCISARUM IN DUABUS AHENEIS PILIS, QUAE SU[N]T ROMAE POSITAE, EXEMPLAR SUB[I]ECTUM[1].

Delle gesta del divino Augusto attraverso le quali sottomise tutto il mondo al potere del popolo romano, e del denaro che spese per la Repubblica e per il popolo romano, come sta scritto in due stele di bronzo a Roma.

 [PARS PRIMA] 1 ANNOS UNDEVIGINTI NATUS EXERCITUM PRIVATO CONSILIO ET PRIVATA IMPENSA COMPARAVI, PER QUEM REM PUBLICAM A DOMINATIONE FACTIONIS OPPRESSAM IN LIBERTATEM VINDICAVI. EO [NOMI]NE SENATUS DECRETIS HONORIF[I]CIS IN ORDINEM SUUM M[E ADLEGIT C. PANSA ET A. HIRT]IO CONSULIBUS, CON[SULA]REM LOCUM S[ENTENTIAE DICENDAE SIMU]L [DANS ET I]MPERIUM MIHI DEDIT. RES PUBLICA, N[E QUID DETRIMENTI CAPERET], A ME PRO PRAETORE SIMUL CUM CONSULIBUS PRO[VIDERE IUSSIT. P]OPULUS AUTEM EODEM ANNO ME CONSULEM, CUM [COS. UTERQU]E INBEL[LOCECI]DISSET, ET TRIUMVIRUM REI PUBLICAE COSTITUEND[AE CREAVIT].

1 All’età di diciannove anni [44 a.C.] per mia iniziativa e con spesa privata assemblai un esercito con il quale vendicai la Repubblica oppressa nella libertà dalla dominazione di una fazione.

In quel nome, essendo consoli Caio [Vibio] Pansa e Aulo Irzio [43 a.C.], il Senato mi incluse nel suo ordine per decreto onorifico, dandomi assieme il rango consolare e l’imperium militare.

La Repubblica mi ordinò di provvedere, essendo io propretore, insieme ai consoli che nessuno potesse portare danno.

Nello stesso anno il Popolo romano mi elesse console e triumviro per riordinare la Repubblica, poiché entrambi i consoli erano stati uccisi in guerra.

2. QUI PARENTEM MEUM [INTERFECER]UN[T EO]S IN EXILIUM EXPULI IUDICIIS LEGITIMIS ULTUS EORUM [FA]CIN[US, E]T POSTEA BELLUM INFERENTIS REI PUBLICAE VICI B[IS A]CIE.

2. Mandai in esilio quelli che trucidarono mio padre punendo il loro delitto con procedimenti legali; e muovendo poi essi guerra alla repubblica li vinsi due volte in battaglia.

3. [B]ELLA TERRA ET MARI C[IVILIA EX]TERNAQUE TOTO IN ORBE TERRARUM S[AEPE GESSI] VICTORQUE OMNIBUS V[ENIAM PETENTIB]US CIVIBUS PEPERCI. EXTE[RNAS] GENTES, QUIBUS TUTO [IGNOSCI POT]UI[T, CO]NSERVARE QUAM EXCIDERE MA[LUI]. MILLIA CIVIUM ROMA[NO]RUM [SUB] SACRAMENTO MEO FUERUNT CIRCITER [QUINGEN]TA. EX QUIBUS DEDU[XI IN COLONI]AS AUT REMISI IN MUNICIPIA SUA STIPEN[DIS EMERI]TIS MILLIA ALIQUANT[O PLURA QU]AM TRECENTA, ET IIS OMNIBUS AGROS A[DSIGNAVI] AUT PECUNIAM PRO P[RAEMIS MIL]ITIAE DEDI. NAVES CEPI SESCEN[TAS PRAETER] EAS, SI QUAE MINORE[S QUAM TRI]REMES FUERUNT.

3. Combattei spesso guerre civili ed esterne in tutto il mondo per terra e per mare; e da vincitore lasciai in vita tutti quei cittadini che implorarono grazia. Preferii conservare i popoli esterni, ai quali si poté perdonare senza pericolo, piuttosto che sterminarli. Quasi cinquecentomila cittadini romani in armi sotto le mie insegne; dei quali inviai più di trecentomila in colonie o rimandai nei loro municipi, compiuto il servizio militare; e a essi (tutti) assegnai terre o donai denaro in premio del servizio. Catturai 600 navi oltre a quelle minori per capacità alle triremi. 4. [BIS]

OVANS TRIUMPHAVI ET TRI[S EGI] CURULIS TRIUMPHOS ET APPELLA[TUS SUM V]ICIENS ET SEMEL IMPERATOR, [DECERNENTE PLU]RIS TRIUMPHOS MIHI SENA[T]U, QU[IBUS OMNIBUS SU]PERSEDI. L[AURUM DE F]ASC[I]BUS DEPOSUI IN CAPI[TOLIO VOTIS, QUAE] QUOQUE BELLO NUNCUPAVERAM [SOL]UTIS. OB RES A [ME AUT PER LEGATOS] MEOS AUSPICIS MEIS TERRA MA[RIQU]E PR[O]SPERE GESTAS QUI[NQUAGIENS ET Q]UINQUIENS DECREVIT SENATUS SUPP[LICA]NDUM ESSE DIS IMMORTALIBUS. DIES A[UTEM, PE]R QUOS EX SENATUS CONSULTO [S]UPPLICATUM EST, FUERE DC[CCLXXXX. IN TRIUMPHIS MEIS] DUCTI SUNT ANTE CURRUM MEUM REGES AUT R[EG]UM LIB[ERI NOVEM. CONSUL F]UERAM TERDECIENS CUM [SCRIBEB]A[M] HAEC, [ET ERAM SE]P[TIMUM ET T]RICEN[SIMU]M TRIBUNICIAE POTESTATIS.

4. Due volte ebbi un’ovazione trionfale e tre volte celebrai trionfi curuli e fui acclamato ventun volte imperator, sebbene il Senato deliberasse un maggior numero di trionfi, che tutti declinai.

Deposi l’alloro dai fasci in Campidoglio, sciogliendo così i voti solenni che avevo pronunciato per ciascuna guerra.

Per le imprese per terra e per mare compiute da me o dai miei legati, sotto i miei auspici, cinquantacinque volte il Senato decretò solenni ringraziamenti agli dèi immortali.

I giorni poi durante i quali per decreto del Senato furono innalzate pubbliche preghiere furono ottocentonovanta.

Nei miei trionfi furono condotti davanti al mio carro nove re o figli di re.

Ero stato console tredici volte quando scrivevo queste memorie ed ero per la trentasettesima volta rivestito della podestà tribunizia.

5. [DIC]TAT[URA]M ET APSENT[I E]T PRAESENT[I MIHI DELATAM ET A POPU]LO ET A SE[NA]TU, [M. MARCE]LLO E[T] L. ARRUNTIO [COS.] NON REC[EPI. NON SUM] DEPRECA[TUS] IN S[UMMA F]RUM[ENTI P]ENURIA CURATIO[N]EM AN[NON]AE. [QU]AM ITA AD[MIN]IST[RAVI, UT]IN[TRA] DIE[S] PAUCOS METU ET PERICLO P[R]AESENTI CIVITATEM UNIV[ERSAM LIBERARIM IMPENSA ET] CURA MEA. CON- SUL[ATUM] QUOQU[E] TUM ANNUUM E[T PERPETUUM MIHI] DELA[TUM NON RECEPI].

5. Non accettai la dittatura che sotto il consolato di Marco Lello e Lucio Arrunzio mi era stata offerta, sia mentre ero assente sia mentre ero presente nell’Urbe, e dal popolo e dal Senato. Non mi sottrassi invece, in una estrema carestia ad accettare la sovrintendenza dell’annona, che ressi in modo tale da liberare in pochi giorni dal timore e dal pericolo l’intera Urbe, a mie spese e con la mia solerzia. Anche il consolato, offertomi allora annuo e a vita, non accettai

6. [CONSULIBUS M.V]INI[CIO ET Q. LUCRETIO]ET POSTEA P. LENTULO ET CN. L[ENTULO ET TERTI]UM [PAULLO FABIO MAXIMO] E[T Q. TUBERONE SENATU POPULOQ]U[EROMANOCONSENTIENTIBUS] UT CU[RATOR LEGUM ET MORUM MAXIMA POTESTATE SOLUS CREARER, NULLUM MAGISTRATUM CONTRA MOREM MAIOREM DELATUM RECEPI. QUAE TUM PER ME GERI SENATUS] V[O]LUIT, PER TRIB[UN]ICI[A]M P[OTESTATEM PERFECI, CUIUS POTES]TATIS CONLEGAM ET [IPS]E ULTRO [QUINQUIENS MIHI A SENA]TU [DE]POPOSCI ET ACCEPI.

6. Sotto il consolato di Vinicio e Lucrezio e poi di Publio Lentulo e Gneo Lentulo e ancora di Fabio Massimo e Tuberone nonostante l’unanime consenso del Senato e del popolo romano affinché io fossi designato unico sovrintendente delle leggi e dei costumi con sommi poteri, non accettai alcuna magistratura conferitami contro il costume degli antenati.

E allora ciò che il Senato volle che fosse da me gestito, lo portai a compimento tramite il potere tribunizio, di cui chiesi ed ottenni dal Senato per più di cinque volte consecutive un collega.

7. [TRI]UMV[I]RUM REI PU[BLICAE C]ON[S]TI[TUENDAE FUI PER CONTINUOS AN]NOS [DECEM. P]RINCEPS S[ENATUS FUI USQUE AD E]UM D[IEM QUO SCRIP]SERAM [HAEC, PER ANNOS] QUADRA[GINTA. PON]TIFEX [MAXIMUS, AUGUR, XVVIR]UM SACRIS FAC[IUNDIS, VIIVIRUM EP]ULON[UM, FRATER ARVALIS, SODALIS TITIUS], FETIALIS FUI.

7. Fui triumviro per riordinare la Repubblica per dieci anni consecutivi. Fui Princeps senatus fino al giorno in cui scrissi queste memorie per 40 anni. E fui pontefice massimo, augure, quindecemviro alle sacre cerimonie, settemviro degli epuloni, fratello arvale, sodale Tizio, feziale.

8. PATRICIORUM NUMERUM AUXI CONSUL QUINTUM IUSSU POPULI ET SENATUS. SENATUM TER LEGI, ET IN CONSULATU SEXTO CENSUM POPULI CONLEGA M. AGRIPPA EGI. LUSTRUM POST ANNUM ALTERUM ET QUADRAGENSIMUM FEC[I], QUO LUSTRO CIVIUM ROMANORUM CENSA SUNT CAPITA QUADRAGIENS CENTUM MILLIA ET SEXAG[I]INTA TRIA MILLIA. TUM [ITERU]M CONSULARI CUM IMPERIO LUSTRUM [S]OLUS FECI C. CENSORINO [ET C.] ASINIO COS. QUO LUSTRO CENSA SUNT CIVIUM ROMANORUM [CAPIT]A QUADRAGIENS CENTUM MILLIA ET DUCENTA TRIGINTA TRIA MI[LLIA. ET TE]RTIUM CONSULARI CUM IMPERIO LUSTRUM CONLEGA TIB. CAE[SARE FILIO] M[EO FECI,] SEX. POMPEIO ET SEX. APPULEIO COS. QUO LUSTRO CE[NSA SUNT]CIV[IUM RO]MANORUM CAPITUM QUADRAGIENS CENTUM MILL[IA ET N]ONGE[NTA TR]IGINTA SEPTEM MILLIA. LEGIBUS NOVI[S] M[E AUCTORE L]ATIS M[ULTA E]XEMPLA MAIORUM EXOLESCENTIA IAM EX NOSTRO [SAECUL]O RED[UXI ET IPSE] MULTA- RUM RER[UM EXE]MPLA IMITANDA POS[TERIS TRADIDI].

8. Durante il mio quinto consolato accrebbi il numero dei patrizi per ordine del popolo e del senato. Tre volte procedetti a un'epurazione del senato.

E durante il sesto consolato feci il censimento della popolazione,[11] avendo come collega Marco Agrippa. Celebrai la cerimonia lustrale dopo quarantadue anni. In questo censimento furono registrati quattromilionisessantatremila cittadini romani.

Poi feci un secondo censimento[12] con potere consolare, senza collega, sotto il consolato di Gaio Censorio e Gaio Asinio, e in questo censimento furono registrati quattromilioni e duecentotrentamila cittadini romani.

E feci un terzo censimento[13] con potere consolare, avendo come collega mio figlio Tiberio Cesare, sotto il consolato di Sesto Pompeio e Sesto Apuleio; in questo censimento furono registrati quattromilioni e novecentotrentasettemila cittadini romani.

Con nuove leggi, proposte su mia iniziativa, rimisi in vigore molti modelli di comportamento degli avi, che ormai nel nostro tempo erano caduti in disuso, e io stesso consegnai ai posteri esempi di molti costumi da imitare.

9. VOTA P[RO SALUTE MEA SUSC]IPI P[ER CON]SULES ET SACERDOTES QU[IN]TO QU[OQUE ANNO SENATUS DECREVIT. EX IIS] VOTIS S[AE]PE FECERUNT VIVO ME [LUDOS ALIQUOTIENS SACERDOTU]M QUATTUOR AMPLISSIMA COLLE[GIA, ALIQUOTIENS CONSULES. PR]IVA[TI]M ETIAM ET MUNICIPATIM UNIVERSI [CIVES UNANIMITE]R CON[TINENTE]R APUD OMNIA PULVINARIA PRO VALE[TU]DIN[E MEA S]UPP[LICAVERUNT].

9. Il Senato decretò che venissero fatti voti per la mia salute dai consoli e dai sacerdoti ogni quattro anni. In seguito a questi voti spesso, durante la mia vita, talvolta i quattro più importanti colleghi sacerdotali, talvolta i consoli allestirono giochi. Anche i cittadini, tutti quanti, sia a titolo personale, sia municipio per municipio, unanimemente, senza interruzione, innalzarono pubbliche preghiere per la mia salute in tutti i templi.

10. NOM[EN ME]UM [SENA]TUS C[ONSULTO INC]LUSUM EST IN SALIARE CARMEN ET SACROSANCTU[S IN PERP]ETUM [UT ESSEM ET, Q]UOAD VIVEREM, TRIBUNICIA POTESTAS MIHI E[SSET, PER LEGE]M ST[ATUTUM EST. PONTIF]EX MAXIMUS NE FIEREM IN VIVI [C]ONLE[GAE MEI L]OCUM, [POPULO ID SACE]RDOTIUM DEFERENTE MIHI, QUOD PATER MEU[S HABUER]AT, R[ECUSAVI. QU]OD SACERDOTIUM ALIQUOD POST ANNOS, EO MOR[T]UO D[EMUM QUI CIVILIS TU]M[TU]M[ULTUS] OCCASIONE OCCUPAVERAT, CUNCTA EX ITALIA [AD COMITIA MEA] CONFLUEN[TE MU]LTITUDINE, QUANTA ROMAE NUN[Q]UAM [FERTUR ANTE I]D TEMP[US FUISSE], RECEP[I] P. SULPICIO C. VALGIO CONSULIBU[S].

10. Il mio nome per Senato consulto fu inserito nel carme Saliare e fu sancito per legge che fossi inviolabile per sempre e che avessi la potestà tribunizia a vita. Rifiutai di diventare pontefice massimo al posto di un mio collega ancora in vita, benché fosse il popolo ad offrirmi questo sacerdozio, che mio padre aveva rivestito.

E questo sacerdozio accettai, qualche anno dopo, sotto il consolato di Publio Sulpicio e Gaio Valgio, morto colui che ne aveva preso possesso approfittando del disordine politico interno, e confluendo ai miei comizi da tutta l’Italia una moltitudine tanto grande quanta mai a Roma si dice vi fosse stata fino a quel momento.

11. ARAM [FORTUNAE] RED[UCIS A]NTE AEDES HONORIS ET VIRTUTIS AD PORTAM CAP[ENAM PRO] RED[ITU ME]O SENATUS CONSACRAVIT, IN QUA PONTI[FICES ET] VIR[GINES VE]STAL[ES ANNI]VERSARIUM SACRIFICIUM FACERE [IUSSIT EO] DI[E QUO, CO]NSUL[IBUS Q. LUC]RETIO ET [M. VI]NIC[I]O, IN URBEM EX [SYRIA REDIERAM, ET DIEM AUGUSTALI]A EX [C]O[GNOMINE] NOS[T]RO APPELLAVIT.

11. Il Senato deliberò al mio ritorno la costruzione dell’altare della Fortuna Reduce, davanti ai templi dell’Onore e della Virtù, presso la porta Capena, e ordinò che su di esso i pontefici e le vergini Vestali celebrassero un sacrificio ogni anno nel giorno in cui, sotto il consolato di Quinto Lucrezio e Marco Vinicio, ero tornato a Roma dalla Siria, e designò quel giorno Augustalia, dal mio soprannome.

12.[EX SENATUS AUCTORITAT]E PARS [PRAETORUM E]T TRIBUNORUM [PLEBIS CUM CONSULE Q.] LU[C]RETIO ET PRINCIPIBUS VIRIS [OB]VIAM MIHI MIS[S]A E[ST IN CAMPAN]IAM, QUI HONOS [AD HO]C TEMPUS NEMINI PRAETER [M]E E[ST DECRETUS. CU]M EX H[ISP]ANIA GAL[LIAQUE, REBU]S IN IIS PROVINCIS PROSP[E]RE [GEST]I[S], R[OMAM REDI], TI. NERONE P. QUI[NTILIO C]O[N]S[ULIBU]S, ARAM [PACIS A]U[G]UST[AE SENATUS PRO] REDI[T]U MEO CONSA[C]RANDAM [CENSUIT] AD CAMPUM [MARTIUM, IN QUA M]AGISTRATUS ET SAC[ER]DOTES [VI]RGINES- [QUE] V[EST]A[LES ANN]IVER[SARIUM SACRIFIC]IUM FACER[E IUSSIT].

12. Per decisione del Senato una parte dei pretori e dei tribuni della plebe con il console Quinto Irzio Lucrezio e con i cittadini più influenti mi fu mandata incontro in Campania, e questo onore non è stato decretato a nessuno tranne che a me. Quando, sotto consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia, dopo aver portato a termine con successo i programmi prestabiliti, il Senato decretò che per il mio ritorno dovesse essere consacrato l’altare della Pace Augusta vicino al Campo Marzio, e ordinò che su di esso i magistrati, i sacerdoti e le vergini Vestali facessero ogni anno un sacrificio.

13. [IANUM] QUIRIN[UM, QUEM CL]AUSSUM ESS[E MAIORES NOSTRI VOLUER]UNT, CUM [P]ER TOTUM I[MPERIUM PO]PULI ROMA[NI TERRA MARIQUE ES]SET PARTA VICTORIIS PAX, CUM PR[IUSQUAM] NASCERER, [A CONDITA] U[RB]E BIS OMNINO CLAUSUM [F]UISSE PRODATUR M[EMORI]AE, TER ME PRINCI]PE SENAT]US CLAUDENDUM ESSE CENSUI[T]. 13. Il tempio di Iano Quirino, che i nostri antenati vollero che venisse chiuso quando fosse stata partorita la pace con la vittoria per tutto l’impero Romano per terra e per il mare, prima che io nascessi, dalla fondazione della città fu chiuso in tutto due volte, sotto il mio principato per tre volte il Senato decretò che dovesse essere chiuso. 14. FILIOS MEOS, QUOS IUV[ENES MI]HI ERIPUIT FOR[TUNA], GAIUM ET LUCIUM CAESARES, HONORIS MEI CAUSASENATUS POPULUSQUEROMANUS ANNUM QUINTUM ET DECIMUM AGENTIS CONSULES DESIGNAVIT, UT [E]UM MAGISTRATUM INIRENT POST QUINQUENNIUM,ETEXEO DIE, QUO DEDUCTI [S]UNT IN FORUM UT INTERESSENT CONSILIIS PUBLICIS DECREVIT SENA[T]US. EQUITES [A]UTEM ROMANI UNIVERSI PRINCIPEM IU- VENTUTIS UTRUMQUE EORUM PARM[IS] ET HASTIS ARGENTEIS DONATUM APPELLAVERUNT.

14. I miei figli, che la sorte mi strappò in giovane età, Gaio e Lucio Cesari, in mio onore il Senato e il popolo romano designarono consoli all’età di quattordici anni, perché rivestissero tale magistratura dopo cinque anni. E il Senato decretò che partecipassero ai dibattiti di interesse pubblico dal giorno in cui furono accompagnati nel Foro. Inoltre i cavalieri romani, tutti quanti, vollero che entrambi avessero il titolo di principi della gioventù e che venissero loro donati scudi e aste d’argento.

[PARS ALTERA]

15. PLEBEI ROMANAE VIRITIM HS TRECENOS NUMERAVI EX TESTAMENTO PATRIS MEI, ET NOMINE MEO HS QUADRINGENOS EX BELLORUM MANIBIIS CONSUL QUINTUM DEDI, ITERUM AUTEM IN CONSULATU DECIMO EX [P]ATRIMONIO MEO HS QUADRINGENOS CONGIARI VIRITIM PERNUMER[A]VI, ET CONSUL UNDECIMUM DUODECIM FRUMENTATIONES FRUMENTO PR[I]VATIM COEMPTO EMENSUS SUM, ET TRIBUNICIA POTESTATE DUODECIMUM QUADRINGENOS NUMMOS TERTIUM VIRITIM DEDI. QUAE MEA CONGIARIA P[E]RVENERUNT AD [HOMI]NUM MILLIA NUNQUAM MINUS QUINQUAGINTA ET DUCENTA. TRIBUNICIAE POTESTATIS DUODEVICENSIMUM, CONSUL XII, TRECENTIS ET VIGINTI MILLIBUS PLEBIS URBANAE SEXAGENOS DENARIOS VIRITIM DEDI. ET COLON[I]S MILITUM MEORUM CONSUL QUINTUM EX MANIBIIS VIRITIM MILLIA NUMMUM SINGULA DEDI. ACCEPERUNT ID TRIUMPHALE CONGIARIUM IN COLONIS HOMINUM CIRCITER CENTUM ET VIGINTI MILLIA. CONSUL TERTIUM DEC[I]MUM SEXAGENOS DENARIOS PLEBEI, QUAE TUM FRUMENTUM PUBLICUM ACCIPIEBA[T], DEDI; EA MILLIA HOMINUM PAULLO PLURA QUAM DUCENTA FUERUNT.

15. Alla plebe di Roma pagai in contanti a testa trecento sesterzi in conformità alle disposizioni testamentarie di mio padre, e a mio nome diedi quattrocento sesterzi a ciascun provenienti dalla vendita del bottino delle guerre, quando ero console per la quinta volta; nuovamente poi, durante il mio decimo consolato, con i miei beni pagai quattrocento sesterzi di congiario a testa, e console per l’undicesima volta calcolai e assegnai dodici distribuzioni di grano, avendo acquistato a mie spese il grano in grande quantità e, quando rivestivo la potestà tribunizia per la dodicesima volta, diedi per la terza volta quattrocento nummi a testa. Questi miei congiari non pervennero mai a meno di duecentocinquantamila uomini. Quando rivestivo la potestà tribunizia per la diciottesima volta ed ero console per la dodicesima volta diedi sessanta denari a testa a trecentoventimila appartenenti alla plebe urbana. E ai coloni che erano stati miei soldati, quando ero console per la quinta volta, distribuii a testa mille nummi dalla vendita del bottino di guerra; nelle colonie ricevettero questo congiario del trionfo circa centoventimila uomini. Console per la tredicesima volta diedi sessanta denari alla plebe che allora riceveva frumento pubblico; furono poco più di duecentomila uomini.

16. PECUNIAM [PR]O AGRIS, QUOS IN CONSULATU MEO QUARTO ET POSTEA CONSULIBUS M. CR[A]SSO ET CN. LENTULO AUGURE ADSIGNAVI MILITIBUS, SOLVI MUNICIPIS. EA [S]U[MMA S]ESTERTIUM CIRCITER SEXSIENS MILLIENS FUIT, QUAM [P]RO ITALICIS PRAEDIS NUMERAVI, ET CI[R]CITER BIS MILL[IE]NS ET SESCENTIENS, QUOD PRO AGRIS PROVINCIALIBUS SOLVI. ID PRIMUS ET [S]OLUS OMNIUM, QUI [D]EDUXERUNT COLONIAS MILITUM IN ITALIA AUT IN PROVINCIS AD MEMORIAM AETATIS MEAE FECI. ET POSTEA, TI. NERONE ET CN. PISONE CONSULIBUS, ITEMQUE C. ANTISTIO ET D. LAELIO COS., ET C. CALVISIO ET L. PASIENO CONSULIBUS, ET L. LE[NT]ULO ET M. MESSALLA CONSULIBUS, ET L. CANINIO ET Q. FABRICIO COS., MILIT[I]BUS, QUOS EMERITEIS STIPENDIS IN SUA MUNICIPI[A DEDUX]I, PRAEM[I]A NUMERATO PERSOLVI. QUAM IN REM SESTERTIUM Q[UATER M]ILLIENS CIR[CITE]R IMPENDI.

16. Pagai ai municipi il risarcimento dei terreni che durante il mio quarto consolato e poi sotto il consolato di Marco Crasso e Gneo Lentulo Augure assegnai ai soldati. E la somma, che pagai in contanti, per le proprietà italiche ammontò a circa seicento milioni di sesterzi e fu di circa duecentosessanta milioni ciò che pagai per i terreni provinciali. E a memoria del mio tempo compii quest’atto per primo e solo fra tutti coloro che fondarono colonie di soldati in Italia o nelle province. E poi sotto il consolato di Tiberio Nerone e Gneo Pisone e nuovamente sotto il consolato di Gaio Antistio e Decimo Lelio e Gneo Calvisio e Lucio Pasieno e di Lucio Lentulo e Marco Messalla e Lucio Caninio e Quinto Fabrizio ai soldati che, terminato il servizio militare, feci ritornare nei loro municipi, pagai premi in denaro contante, e per questa operazione spesi circa quattrocento milioni di sesterzi.

17. QUATER [PE]CUNIA MEA IUVI AERARIUM, ITA UT SESTERTIUM MILLIENS ET QUING[EN]- TIE[N]S AD EOS QUI PRAERANT AERARIO DETULERIM. ET M. LEPIDO ET L. AR[R]UNT[I]O COS. IN AERARIUM MILITARE, QUOD EX CONSILIO N[EO] CO[NS]TITUTUM EST, EX [Q]UO PRAEMIA DARENTUR MILITIBUS, QUI VICENA [AUT PLU]RA STI[PENDI]A EMERUISSENT, HS MILLIENS ET SEPTING[E]NTI[ENS EX PA]- T[RIM]ONIO [M]EO DETULI.

17. Quattro volte aiutai l’erario con denaro mio, sicché consegnai centocinquanta milioni di stesterzi a coloro che sovrintendevano l’erario. E sotto il consolato di Marco Lepido e Lucio Arrunzio trasferii l’erario militare, che fu costituito su mia proposta perché da esso si prelevassero i premi da dare ai soldati che avessero compiuto venti o più anni di servizio, centosettanta milioni di sesterzi prendendoli dal mio patrimonio.

18. [AB ILLO ANNO Q]UO CN. ET P. LENTULI C[ONS]ULES FUERUNT, CUM DEFICERENT [VE]C[T]IG[ALIA, TUM] CENTUM MILLIBUS H[OMI]- NUM TUM PLURIBUS MULTO FRUME[NTARIOS ET N]UMMA[RIO]S T[RIBUTUS EX HORR]EO ET PATR[I]MONIO M[E]O EDIDI.

18. Dall’anno in cui furono consoli Gneo e Publio Lentulo, scarseggiando le risorse dello Stato, feci donazioni in frumento e in denaro ora a centomila persone ora a molte più, attingendo dal mio granaio e dal mio patrimonio.

19. CURIAM ET CONTINENS EI CHALCIDICUM TEMPLUMQUE APOLLINIS IN PALATIO CUM PORTICIBUS, AEDEM DIVI IULI, LUPERCAL, PORTICUM AD CIRCUM FLAMINIUM, QUAM SUM APPELLARI PASSUS EX NOMINE EIUS QUI PRIOREM EODEM IN SOLO FECERAT OCTAVIAM, PULVINAR AD CIRCUM MAXIMUM, AEDES IN CAPITOLIO IOVIS FERETRI ET IOVIS TONANTIS, AEDEM QUIRINI, AEDES MINERVAE ET IUNONIS REGINAE ET IOVIS LIBERTATIS IN AVENTINO, AEDEM LARUM IN SUMMA SACRA VIA, AEDEM DEUM PENATIUM IN VELIA, AEDEM IUVENTATIS, AEDEM MATRIS MAGNAE IN PALATIO FECI.

19. Ho fatto la Curia e ciò che contiene il Calcidico e il Tempio di Apollo sul Palatino con i portici, il tempio del divino Giulio, il Lupercale, il portico nei pressi del circo Flaminio che tollerai che venisse chiamato Ottavio con il nome di quello che aveva fatto il precedente in quello stesso luogo, il Pulvinar al Circo Massimo, i templi sul Campidoglio di Giove Feretro e Giove Tonante, il tempio di Quirino, i templi di Minerva e di Giunone Regina e di Giove Liberatore sull’Aventino, il tempio di Lar sulla sommità della via sacra, il tempio dei Penati sulla Velia, il tempio dei giovani e il tempio alla Grande Madre.

20. CAPITOLIUM ET POMPEIUM THEATRUM UTRUMQUE OPUS IMPENSA GRANDI REFECI SINE ULLA INSCRIPTIONE NOMINIS MEI. RIVOS AQUARUM COMPLURIBUS LOCIS VETUSTATE LABENTES REFECI, ET AQUAM QUAE MARCIA APPELLATUR DUPLICAVI FONTE NOVO IN RIVUM EIUS INMISSO. FORUM IULIUM ET BASILICAM QUAE FUIT INTER AEDEM CASTORIS ET AEDEM SATURNI, COEPTA PROFLIGATAQUE OPERA A PATRE MEO, PERFECI, ET EANDEM BASILICAM CONSUMPTAM INCENDIO, AMPLIATO EIUS SOLO, SUB TITULO NOMINIS FILIORUM M[EORUM I]NCOHAVI, ET, SI VIVUS NON PERFECISSEM, PERFICI AB HEREDIBUS [MEIS IUS]SI. DUO ET OCTOGINTA TEMPLA DEUM IN URBE CONSUL SEX[TU]M EX [AUCTORI]TATE SENATUS REFECI, NULLO PRAETERMISSO QUOD E[O] TEMPORE [REFICI DEBEBA]T. CONSUL SEPTIMUM VIAM FLAMINIAM A[B URBE] ARI[MINUM MUNIVI PONTES]QUE OMNES PRAETER MULVIUM ET MINUCIUM.

20. Restaurai il Campidoglio e il Teatro di Pompeo, l’una e l’altra opera con grande spesa, senza apporvi alcuna iscrizione del mio nome. Restaurai gli acquedotti cadenti per vetustà in parecchi punti, e raddoppiai il volume dell’acqua detta Marcia con l’immissione nel suo condotto di una nuova sorgente. Terminai il Foro Giulio e la basilica fra il Tempio di Castore e il Tempio di Saturno, opere iniziate e quasi ultimate da mio padre, e dopo averne ampliato il suolo, iniziai a ricostruire la medesima basilica, che era stata divorata da un incendio intitolandola al nome dei miei figli, e stabilii che, se non l’avessi terminata io da vivo, fosse terminata dai miei eredi. Console per la sesta volta, restaurai nell’Urbe, per volontà del Senato, ottantadue templi degli dèi, e non ne tralasciai nessuno che in quel tempo dovesse essere restaurato. Console per la settima volta, rifeci la Via Flaminia dall’Urbe a Rimini e tutti i ponti, tranne il Milvio e il Minucio.

21. IN PRIVATO SOLO MARTIS ULTORIS TEMPLUM [F]ORUMQUE AUGUSTUM [EX MA]N[I]BIIS FECI. THEATRUM AD AEDEM APOLLINIS IN SOLO MAGNA EX PARTE A P[R]I[V]ATIS EMPTO FECI, QUOD SUB NOMINE M. MARCELL[I] GENERI MEI ESSET. DON[A E]X MANIBIIS IN CAPITOLIO ET IN AEDE DIVI IU[L]I ET IN AEDE APOLLINIS ET IN AEDE VESTAE ET IN TEMPLO MARTIS ULTORIS CONSACRAVI, QUAE MIHI CONSTIT[U]ERUNT HS CIRCITER MILLIENS. AURI CORONARI PONDO TRIGINTA ET QUINQUE MILLIA MUNICIPIIS ET COLONIS ITALIAE CONFERENTIBUS AD TRIUMPHO[S] MEOS QUINTUM CONSUL REMISI, ET POSTEA, QUOTIENSCUMQUE IMPERATOR A[PPE]LLATUS SUM, AURUM CORONARIUM NON ACCEPI, DECERNENTIBUS MUNICIPII[S] ET COLONIS AEQU[E] BENIGNE ADQUE ANTEA DECREVERANT.

21. Su suolo privato costruii il Tempio di Marte Ultore e il Foro di Augusto col bottino di guerra. Presso il Tempio di Apollo su suolo comprato in gran parte da privati costruii un teatro, che volli fosse intitolato a mio genero, Marco Marcello. Consacrai doni ricavati dal bottino di guerra nel Campidoglio, e nel Tempio del Divo Giulio, e nel Tempio di Apollo, e nel tempio di Vesta, e nel tempio di Marte Ultore: essi mi costarono circa cento milioni di sesterzi. Console per quinta volta, restituii trentacinquemila libbre di oro coronario ai municipi e alle colonie d’Italia che lo donavano per i miei trionfi, e in seguito, tutte le volte che fui proclamato imperator, non accettai l’oro coronario, anche se i municipi e le colonie lo decretavano con la medesima benevolenza con cui lo avevano decretato in precedenza.

22. T[E]R MUNUS GLADIATORIUM DEDI MEO NOMINE ET QUINQUIENS FILIORUM MEORUM AUT N[E]POTUM NOMINE; QUIBUS MUNERIBUS DEPUGNAVERUNT HOMINUM CI[RC]ITER DECEM MILLIA. BIS ATHLETARUM UNDIQUE ACCITORUM SPECTACULU[M] P[O]PULO PRA[EBUI ME]O NOMINE ET TERTIUM NEPO[TIS] MEI NOMINE. LUDOS FECI M[EO NO]M[INE] QUATER, ALIORUM AUTEM M[AGIST]RATUUM VICEM TER ET VICIENS. PRO CONLEGIO XVVIRORUM MAGIS- [TER CON]LEGII COLLEGA M. AGRIPPA LUDOS SAECLARES, C. FURNIO C.SILANO COS. [FECI. C]ONSUL XIII LUDOS MAR[TIA]LES PRIMUS FECI, QUOS POST ID TEMPUS DEINCEP[S] INS[EQUEN]TI[BUS] ANNIS [EX SENATUS CONSULTO ET LEGE FECERUNT CONSULES. VENATION[ES] BEST[IA]RUM AFRICANARUM MEO NOMINE AUT FILIO[RU]M MEORUM ET NEPOTUM IN CIRCO AUT IN FORO AUT IN AMPHITHEATRIS, POPUL[O D]EDI SEXIENS ET VICIENS, QUIBUS CONFECTA SUNT BESTIARUM CIRCITER TRIA M[ILL]IA ET QUINGENTAE.

22. Tre volte allestii uno spettacolo gladiatorio a nome mio e cinque volte a nome dei miei figli o nipoti; e in questi spettacoli combatterono circa diecimila uomini. Due volte a mio nome offrii al popolo spettacolo di atleti fatti venire da ogni parte, e una terza volta a nome di mio nipote. Allestii giochi a mio nome quattro volte, invece al posto di altri magistrati ventitré volte.

In nome del collegio dei quindecemviri, come presidente del collegio, avendo per collega Marco Agrippa, durante il consolato di Gaio Furnio e Gaio Silano, celebrai i Ludi Secolari. Durante il mio tredicesimo consolato celebrai per primo i Ludi di Marte che in seguito e di seguito negli anni successivi, per decreto del Senato e per leggi, furono celebrati dai consoli. Allestii per il popolo ventisei volte, a nome mio o dei miei figli e nipoti, caccie di belve africane, nel circo o nel foro o nell’anfiteatro, nelle quali furono ammazzate circa tremilacinquecento belve.

23. NAVALIS PROELI SPECTACULUM POPULO DE[DI TR]ANS TIBERIM,IN QUO LOCO NUNC NEMUSEST CAESARUM, CAVATO [S]OLO IN LONGITUDINEM MILLE ET OCTINGENTOS PEDES, IN LATITUDINE[M MILLE] E[T] DUCENTI . IN QUO TRIGINTA ROSTRATAE NAVES TRIREMES A[UT BIREM]ES~PLURESAUTEM MINORES INTER SE CONFLIXERUNT. Q[UIBU]S IN CLASSIBUS PUGNAVERUNT PRAETER REMIGES MILLIA HO[MINUM TR]IA CIRCITER.

23. Allestii per il popolo uno spettacolo di combattimento navale al di là del Tevere, nel luogo in cui ora c’è il bosco dei Cesari, scavato il terreno per una lunghezza di milleottocento piedi e per una larghezza di milleduecento; in esso vennero a conflitto trenta navi rostrate triremi o biremi, e, più numerose, di stazza minore; in questa flotta combatterono, a parte i rematori, circa tremila uomini.

24. IN TEMPLIS OMNIUM CIVITATIUM PROV[INCI]AE ASIAE VICTOR ORNAMENTA REPOSUI QUAE SPOLIATIS TEM[PLIS IS] CUM QUO BELLUM GESSERAM PRIVATIM POSSEDERAT. STATUAE [MEA]E PEDESTRES ET EQUESTRES ET IN QUADRIGEIS ARGENTEAE STETERUNT IN URBE XXC CIRCITER, QUAS IPSE SUSTULI, EXQUE EA PECUNIA DONA AUREA IN AEDE APOLLINIS MEO NOMINE ET ILLORUM QUI MIHI STATUARUM HONOREM HABUERUNT POSUI.

24. Nei templi di tutte le città della provincia d’Asia ricollocai, vincitore, gli ornamenti che, spogliati i templi, aveva posseduto a titolo privato colui al quale avevo fatto guerra. Mie statue pedestri ed equestri e su quadrighe, in argento, furono innalzate nell’Urbe in numero di ottanta circa, ma io spontaneamente le rimossi e dal denaro ottenuto ricavai doni d’oro che collocai nel tempio di Apollo a nome mio e di quelli che mi tributarono l’onore delle statue.

[PARS TERTIA]

25. MARE PACAVI A PRAEDONIBUS. EO BELLO SERVORUM, QUI FUGERANT A DOMINIS SUIS ET ARMA CONTRA REM PUBLICAM CEPERANT, TRIGINTA FERE MILLIA CAPTA DOMINIS AD SUPPLICIUM SUMENDUM TRADIDI. IURAVIT IN MEA VERBA TOTA ITALIA SPONTE SUA ET ME BEL[LI] QUO VICI AD ACTIUM DUCEM DEPOPOSCIT. IURAVERUNT IN EADEM VER[BA PROVI]NCIAE GALLIAE, HISPANIAE, AFRICA, SICILIA, SARDINIA. QUI SUB [SIGNIS MEIS TUM] MILITAVERINT, FUERUNT SENATORES PLURES QUAM DCC, IN II[S QUI VEL ANTEA VEL POS]TEA CONSULES FACTI SUNT AD EUM DIEM QUO SCRIPTA SU[NT HAEC LX]X[XIII, SACERDO]TES CIR[C]ITER CLXX.

25. Stabilii la pace sul mare liberandolo dai pirati. In quella guerra catturai circa trentamila schiavi che erano fuggiti dai loro padroni e avevano impugnato le armi contro lo Stato, e li consegnai ai padroni perché infliggessero una pena. Tutta l’Italia giurò spontaneamente fedeltà a me e chiese me come comandante della guerra in cui (poi) vinsi presso Azio; giurarono parimenti fedeltà le province di Gallia, delle Spagne, di Africa, di Sicilia e di Sardegna. I senatori che militarono allora sotto le mie insegne furono più di settecento, tra essi, o prima o dopo, fino al giorno in cui furono scritte queste memorie, ottantatré furono eletti consoli, e circa centosettanta sacerdoti.

26. OMNIUM PROV[INCIARUM POPULI ROMANI], QUIBUS FINITIMAE FUERUNT GENTES QUAE NON P[ARERENT IMPERIO NOS]TRO, FINES AUXI. GALLIAS ET HISPANIAS PROVINCIAS, I[TEM GERMANIAM, QUA INCLU]DIT OCEANUS A GADIBUS AD OSTIUM ALBIS FLUMIN[IS PACAVI, ALPES A RE]GIONE EA QUAE PROXIMA EST HADRIANO MARI [AD TUSCUM PACARI FEC]I NULLI GENTI BELLO PER INIURIAM INLATO. CLA[SSIS M]EAP[ER OCEANUM] AB OSTIO RHENI AD SOLIS ORIENTIS REGIONEM USQUEAD FI[NES CIMBRORU]M NAVIGAVIT, QUO NEQUE TERRA NEQUE MARI QUISQUAM ROMANUS ANTE ID TEMPUS ADIT, CIMBRIQUE ET CHARYDES ET SEMNONES ET EIUSDEM TRACTUSALLI GERMANORUM POPU[L]I PER LEGATOS AMICITIAM MEAM ET POPULI ROMANI PETIERUNT. MEO IUSSU ETAUSPICIO DUCTI SUNT [DUO] EXERCITUS EODEM FERE TEMPORE IN AETHIOPIAM ET IN AR[A]BIAM QUAE APPEL[LATUR] EUDAEMON, [MAGN]AEQUE HOS- [T]IUM GENTIS UTR[IU]SQUE COP[IAE] CAESAE SUNT IN ACIE ET [C]OM[PLUR]A OPPIDA CAPTA. IN AETHIOPIAM USQUE AD OPPIDUM NABATA PERVENT[UM] EST, CUI PROXIMA EST MEROE. IN ARABIAM USQUE IN FINES SABAEORUM PRO[CESS]IT EXERCITUS AD OPPIDUM MARIBA.

26. Allargai i confini di tutte le province del popolo romano, con le quali erano confinanti popolazioni che non erano sottoposte al nostro potere. Pacificai le province delle Gallie e delle Spagne], come anche la Germania nel tratto che confina con l’Oceano, da Cadice alla foce del fiume Elba. Feci sì che fossero pacificate le Alpi, dalla regione che è prossima al mare Adriatico fino al Tirreno, senza aver portato guerra ingiustamente a nessuna popolazione. La mia flotta navigò l’Oceano dalla foce del Reno verso le regioni orientali fino al territorio dei Cimbri, dove né per terra né per mare giunse alcun romano prima di allora, e i Cimbri e i Caridi e i Sennoni e altri popoli germani della medesima regione chiesero per mezzo di ambasciatori l’amicizia mia e del popolo romano. Per mio comando e sotto i miei auspici due eserciti furono condotti, all’incirca nel medesimo tempo, in Etiopia e nell’Arabia detta Felice, e grandissime schiere nemiche di entrambe le popolazioni furono uccise in battaglia e conquistate parecchie città. In Etiopia arrivò fino alla città di Nabata, di cui è vicinissima Meroe. In Arabia l’esercito avanzò fin nel territorio dei Sabei, raggiungendo la città di Mariba.

27. AEGYPTUM IMPERIO POPULI [RO]MANI ADIECI. ARMENIAM MAIOREM, INTERFECTO REGE EIUS ARTAXE, C[U]M POSSEM FACERE PROVINCIAM, MALUI MAIORUM NOSTRORUM EXEMPLO REGN[U]M ID TIGRANI, REGIS ARTAVASDIS FILIO, NEPOTI AUTEM TIGRANIS REGIS, PER T[I. NE]RONEM TRADE[R]E, QUI TUM MIHI PRIVIGNUS ERAT. ET EANDEM GENTEM POSTEA D[E]SCISCENTEM ET REBELLANTEM DOMIT[A]M PER GAIUM FILIUM MEUM REGI ARIOBARZANI, REGIS MEDORUM ARTABA[ZI] FILIO, REGENDAM TRADIDI, ET POST EIUS MORTEM FILIO EIUS, ARTAVASDI. QUO [I]NTERFECTO TIG[RA]NE, QUI ERAT EX REGIO GENERE ARMENIORUM ORIUNDUS, IN ID REGNUM MISI. PROVINCIAS OMNIS, QUAE TRANS HADRIANUM MARE VERGUNT AD ORIEN[TE]M CYRENASQUE, IAM EX PARTE MAGNA REGIBUS EAS POSSIDENTIBUS, ET ANTEA SICILIAM ET SARDINIAM OCCUPATAS BELLO SERVILI RECIPERAVI.

27. Aggiunsi l’Egitto all’impero del popolo romano. Pur potendo fare dell’Armenia maggiore una provincia dopo l’uccisione del suo re Artasse, preferii, sull’esempio dei nostri antenati, affidare quel regno a Tigrane, figlio del re Artavaside e nipote di re Tigrane, per mezzo di Tiberio Nerone, che allora era mio figliastro. E la medesima popolazione che in seguito cercava di staccarsi e si ribellava, domata per mezzo di mio figlio Gaio, affidai da governare al re Ariobarzane, figlio di Artabazo re dei Medi, e dopo la sua morte a suo figlio Artavaside. E dopo che questi fu ucciso, mandai su quel trono Tigrane, discendente della famiglia reale armena. Riconquistai tutte le province che al di là del mare Adriatico sono volte a Oriente, e Cirene, ormai in gran parte possedute da re, precedentemente, la Sicilia e la Sardegna, occupate nel corso della guerra servile.

28. COLONIAS IN AFRICA, SICILIA, [M]ACEDONIA, UTRAQUE HISPANIA,ACHAI[A],ASIA, S[Y]RIA, GALLIA NARBONENSI, PI[SI]DIA MILITUM DEDUXI. ITALIAAUTEM XXVIII[COLO]NIAS, QUAEVIVO ME CELEBERRIMAE ET FREQUENTISSIMAE FUERUNT, ME[A AUCTORITATE] DEDUCTAS HABET.

28. Fondai colonie di soldati in Africa, in Sicilia, in Macedonia, in entrambe le Spagne, in Acaia, in Asia, in Siria, nella Gallia Narbonense, in Pisidia. L’Italia poi possiede, fondate per mia volontà, ventotto colonie, che durante la mia vita furono assai prosperose e popolose.

29. SIGNA MILITARIA COMPLUR[A PER] ALIOS D[U]CES AMI[SSA] DEVICTI[S HOSTIBU]S RE[CIPE]RAVI EX HISPANIA ET [GALLIA ET A DALM]ATEIS. PARTHOS TRIUM EXERCITUM ROMANORUM SPOLIA ET SIGNA RE[DDERE] MIHI SUPPLICESQUE AMICITIAM POPULI ROMANI PETERE COEGI. EA AUTEM SI[GN]A IN PENETRALI, QUOD E[S]T IN TEMPLO MARTIS ULTORIS, REPOSUI.

29. Recuperai dalla Spagna e dalla Gallia e dai Dalmati, dopo aver vinto i nemici, parecchie insegne militari perdute da altri comandanti. Costrinsi i Parti a restituirmi spoglie e insegne di tre eserciti romani e a chiedere supplici l’amicizia del popolo romano. Quelle insegne, poi, riposi nel penetrale che è nel tempio di Marte Ultore.

30. PANNONIORUM GENTES, QUA[S A]NTE ME PRINCIPEM POPULI ROMANI EXERCITUS NUMQUAM ADIT, DEVICTAS PER TI. [N]ERONEM, QUI TUM ERAT PRIVIGNUS ET LEGATUS MEUS, IMPERIO POPULI ROMANI S[UBIE]CI, PROTULIQUE FINES ILLYRICI AD RIPAM FLUMINIS DAN[U]I. CITR[A] QUOD [D]A[COR]U[M TR]AN[S]GRESSUS EXERCITUS MEIS A[U]SP[ICIS VICT]US PROFLIGATUSQUE [ES]T, ET POS[TEA TRAN]S DANUIUM DUCTUS EX[ERCITUS ME]U[S] DA[COR]UM GENTES IM[PERI]A P[OPULI] R[OMANI PERFERRE] COE[GIT].

30. Le popolazioni dei Pannoni, alle quali prima del mio principato l’esercito del popolo romano mai si accostò, sconfitte per mezzo di Tiberio Nerone, che allora era mio figliastro e luogotenente, sottomisi all’impero del popolo romano, estesi i confini dell’Illirico fino alla riva del Danubio. E un esercito di Daci, passati al di qua di esso, sotto i miei auspici fu vinto e sbaragliato, e in seguito il mio esercito, condotto al di là del Danubio, costrinse la popolazione dei Daci a sottostare ai comandi del popolo romano.

31. AD ME EX IN[DIA REGUM LEGATIONES SAEPE] M[ISSAE SUNT NON VISAE ANTE ID T]EM[PUS] APUD QU[EM]Q[UAM] R[OMANORUM DU]CEM. NOSTRAM AMIC[ITIAM APPETIVE]RUN[T] PER LEGAT[OS] B[A]STARN[AE SCYTHAE]QUE ET SARMATARUM QUI SU[NT CITRA FL]UMEN TANAIM [ET] ULTRA REG[ES, ALBA]NORUMQUE REX ET HIBERORUM E[T MEDORUM].

31. Furono inviate spesso a me ambascerie di re dall’India, non viste prima di allora da alcun comandante romano. Chiesero la nostra amicizia per mezzo di ambasciatori i Basrani, gli Sciti e i re dei Sarmati che abitano al di qua e al di là del fiume Tànai, e i re degli Albani, degli Iberi e dei Medi.

32. AD ME SUPPLICES CONFUGERUNT [R]EGES PARTHORUM TIRIDA[TE]S ET POST[EA] PHRAT[ES,] REGIS PHRATIS FILIU[S], MEDORUM AR[TAVASDES, ADIABENORUM A]RTAXARES, BRITANN[O]RUM DUMNOBELLAUNUS ET TIN- [COMMARUS, SUGAMBR]ORUM MAELO, MAR- [C]OMANORUM SUEBORUM [... RUS (Segimerus?)]. AD [ME RE]X PARTHORUM PHRATES, OROD[I]S FILIUS, FILIOS SUOS NEPOT[ESQUE OMNES] MISIT IN ITALIAM NON BELLO SUPERATU[S], SED AMICITIAM NOSTRAM PER [LIBE]ROR[UM] SUORUM PIGNORA PETENS. PLURIMAEQUE ALIAE GENTES EXPER[TAE SUNT P. RO]M. FIDEM ME PRINCIPE, QUIBUS ANTEA CUM POPULO ROMAN[O NULLUM EXTITERA]T LEGATIONUM ET AMICITIAE [C]OMMERCIUM.

32. Presso di me si rifugiarono supplici i re dei Parti Tiridate e poi Fraate, figlio del re Fraate, e Artavaside re dei Medi, Artassare degli Adiabeni, Dumnobellauno e Tincommio dei Britanni, Melone dei Sigambri, Segimero dei Marcomanni Svevi. Presso di me in Italia il re dei Parti Fraate, figlio di Orode, mandò tutti i suoi figli e nipoti, non perché fosse stato vinto in guerra, ma perché ricercava la nostra amicizia con il pegno dei suoi figli. E moltissime altre popolazioni sperimentarono, durante il mio principato, la lealtà del popolo romano, esse che in precedenza non avevano avuto nessun rapporto di ambascerie e di amicizia con il popolo romano.

33. A ME GENTES PARTHORUM ET MEDORU[M PER LEGATOS] PRINCIPES EARUM GENTIUM REGES PET[I]TOS ACCEPERUNT: PAR[THI VONONEM, REGIS PHR]ATIS FILIUM, REGIS ORODIS NEPOTEM, MEDI ARIOBA[RZANEM], REGIS ARTAVAZDIS FILIUM, REGIS ARIOBARZANIS NEPOTEM.

33. Da me le popolazioni dei Parti e dei Medi, che me ne avevano fatto richiesta per mezzo di ambasciatori che erano le persone più ragguardevoli di quelle popolazioni, ricevettero i loro re: i Parti Vonone, figlio del re Fraate e nipote del re Orode; i Medi Ariobarzane, figlio del re Artavasde e nipote del re Ariobarzane.

34. IN CONSULATU SEXTO ET SEPTIMO, POSTQUA[M B]EL[LA CIVIL]IA EXSTINXERAM, PER CONSENSUM UNIVERSORUM [PO]TENS RE[RU]M OM- [N]IUM, REM PUBLICAM EX MEA POTESTATE IN SENAT[US POPULI]QUE R[OM]ANI [A]RBITRIUM TRANSTULI. QUO PRO MERITO MEO SENAT[US CONSULTO AU]GUST[US APPE]LLATUS SUM ET LAUREIS POSTES AEDIUM MEARUM V[ESTITI] PUBL[ICE CORONAQ]UE CIVICA SUPER IANUAM MEAM FIXA EST, [ET CLU]PEUS [AUREUS] IN [C]URIA IULIA POSITUS, QUEM MIHI SENATUM POP[ULUMQ]UE ROM[ANU]M DARE VIRTUTIS CLEMENT[IAEQU]E IUSTITIAE ET PIETA[TIS CAUS]SA TESTATU[M] EST PE[RE]IUS CLUPEI [INSCRIPTION]EM. POST ID TEM[PUS A]UCTORITATE [OMNIBUSPRAESTITI,POTEST]ATISAU[TEMN]IHILO AMPLIU[SHABU]IQUAMCET[ERI,QUIM]IHIQUOQUE IN MA[GIS]TRA[T]U CONLEGAEF[UERUNT].

34. Nel mio sesto e settimo consolato, dopo aver sedato l’insorgere delle guerre civili, assunsi per consenso universale il potere supremo, trasferii dalla mia persona al Senato e al popolo romano il governo della repubblica. Per questo mio atto, in segno di riconoscenza, mi fu dato il titolo di Augusto per delibera del Senato e la porta della mia casa per ordine dello Stato fu ornata con rami d’alloro, e una corona civica fu affissa alla mia porta, e nella Curia Giulia fu posto uno scudo d’oro, la cui iscrizione attestava che il Senato e il popolo romano me lo davano a motivo del mio valore e della mia clemenza, della mia giustizia e della mia pietà. Dopo di che, sovrastai tutti per autorità, ma non ebbi potere più ampio di quelli che mi furono colleghi in ogni magistratura.

35. TERTIUM DEC[I]MUM CONSULATU[M CUM GEREBA]M, SENA[TUS ET E]QUESTER ORDO POPULUSQ[UE] ROMANUS UNIVERSUS [APPELL]AV[IT ME P]AT[REM P]ATRIAE, IDQUE IN VESTIBU[LO A]EDIUM MEARUM INSCRIBENDUM ET IN C[U]RIA [IULIA E]T IN FORO AUG. SUB QUADRIG[I]S, QUAE MIHI EX S.C. POS[IT]AE [SUNT, CENSUIT. CUM SCRI]PSI HAEC, ANNUM AGEBAM SEPTUAGENSU[MUM SEXTUM].

35. Quando rivestivo il tredicesimo consolato, il Senato, l’ordine equestre e tutto il popolo Romano, mi chiamò padre della patria, decretò che questo titolo dovesse venire iscritto sul vestibolo della mia casa, e sulla Curia Iulia e nel Foro di Augusto sotto la quadriga che fu eretta a decisione del Senato, in mio onore. Quando scrissi questo, avevo settantasei anni.

[APPENDIX]

I. SUMMA PECUN[I]AE, QUAM DED[IT VEL IN AERA]RIUM [VEL PLEBEI ROMANAE VEL DI]MISSIS MILITIBUS: DENARIUM SEXIEN[S MILLIENS].

I. Somma di denaro che donò o all’erario o alla plebe romana o ai soldati congedati: seicento milioni di sesterzi.

II. OPERA FECIT NOVA: AEDEM MARTIS, [IOVIS] TON[ANTIS ET FERETRI, APOLLINIS,] DIVI IULI, QUIRINI, MINERVAE, [IUNONIS REGINAE, IOVIS LIBERTATIS,] LARUM, DEUM PENATIUM, IUV[ENTATIS, MATRIS MAGNAE, LUPERCAL, PULVINA]R AD CIRCUM, CURIAM CUM CH[ALCIDICO, FORUM AUGUSTUM, BASILICA]M IULIAM, THEATRUM MARCELLI, [P]OR[TICUM OCTAVIAM, NEMUS TRANS T]IBERIM CAESARUM.

II. Costruì nuove opere: i templi di Marte, di Giove Tonante e Feretrio, di Apollo, del Divo Giulio, di Quirino, di Minerva, di Giunone Regina, di Giove Libertà, dei Lari, degli dèi Penati, della Giovinezza, della Grande Madre, il Lupercale, il palco del Circo, la Curia con Calcidico, il Foro di Augusto, la Basilica Giulia, il Teatro di Marcello, il Portico di Ottavia, il bosco dei Cesari al di là del Tevere.

III. REFECIT CAPITO[LIUM SACRA]SQUE AEDES [NU]M[ERO OCTOGINTA] DUAS, THEA[T]RUM POMPEI, AQU[ARUM R]IV[OS, VI]AM FLAMIN[IAM].

III. Restaurò il Campidoglio e sacri templi in numero di ottantadue, il Teatro di Pompeo, gli acquedotti, la via Flaminia.

IV. IMPENSA P[RAESTITA IN SPEC]TACUL[A] SCA[ENICA ET MUNERA] GLADIATORUM AT[QUE ATHLETAS ET] VENATIONES ET NAUMACHI[AM] ET DONATA PE[C]UNIA [COLONIS MUNICIPIIS OPP]I[DIS] TERRAE MOTU INCENDIOQUE CONSUMPT[IS] A[UT VIRITIM] A[MICIS SENAT]ORIBUSQUE, QUORUM CENSUS EXPLEVIT, IN[N]UMERABILIS.

IV. Spese sostenuta per spettacoli scenici, giochi gladiatori, gare atletiche, caccie e per la naumachia, e quantità di denaro donato a colonie, municipi, città distrutte da terremoti e incendi, o singolarmente ad amici e senatori, di cui completò il censo, enormi.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SUL RES GESTAE DIVI AUGUSTI

T. MOMMSEN, Res Gestae Divi Augusti ex monumentis ancyrano et apolloniensi, Berlin 1865 (2.ed Berlin 1883, con XI tavole). T. MOMMSEN, CIL III, 2, 1873. R. CAGNAT e C. PELTIER, Res gestae divi Augusti d’après la dernière recension avec l’analyse du commentaire de Th. Mommsen, Parigi 1886. E. KORNEMANN, s.v. Monumentum Ancyranum, R.E., 1933, 16, 1, col. 211-231. T. BERYK, Augusti rerum a se gestarum index cum graeca metaphrasi, Göttingen 1873. E. DIEHL, Res gestae divi Augusti, Das Monumentum Ancyranum, fasc. 29-30 dei Kleine Texte fùr Vorlesungen und Übungen, Bonn 1908. W. M. RAMSAY, Monumentum Antiochenum, in «Journal of Roman Studies», VI 1916. R. WIRTZ, Monumentum Ancyranum. Dervollständige Text,Treves 1922. E. G. HARDY, The monumentum Ancyranum, Oxford 1923. D. M. ROBINSON, The Deeds of Augustus as recorded on the Monumentum Antiochenum, Baltimora 1926. W. M. RAMSAY e A. VON PREMERSTEIN, Monumentum Antiochenum (Die neugefundene Aufzeichnung der Res gestae divi Augusti), in «Klio», suppl. XIX, Lipsia 1927. C. BARINI, Monumentum Ancyranum. Res gestae divi Augusti, Milano 1930. J. GAGé, Res gestae divi Augusti ex monumentis Ancyrano et Antiocheno latinis. Ancyrano et Apolloniensi Graecis, Paris 1935. H. VOLKMANN, Res gestae divi Augusti. Das Monumentum Ancyranum, Leipzig 1942. 100 G. PUGLIESE CARRATELLI, Imp. Caesar Augustus: Index rerum a se gestarum, Napoli 1947. E. MALCOVATI, Imperatoris Caesaris Augusti operum fragmenta, 4. ed., Torino 1969. E. S. RAMAGE, The Nature and Purpose of Augustus “Res Gestae”, Historia, 1987, Heft 54. P. ZANKER, Augustus und die Macht der Bilder, München 1987. AA. VV., Res Publica e Princeps, Atti del Convegno internazionale di diritto romano, Copanello 25-27 maggio 1994. W. ECK, Augustus und seine Zeit, München 1998. F. GUIZZI, Augusto. La politica della memoria, Roma 1999. Res gestae, a cura di L. Canali, Milano 2002. G.M. SIDOTI, Comunicazione e potere in un’epoca di decadenza e di trasformazione. Da un’analisi delle Res gestae di Ammiano Marcellino, Roma 2004. Res bene gestae. Ricerche di storia urbana su Roma antica in onore di Eva Margareta Steinby, a cura di A. Leone, D. Palombi, S. Walker, Roma 2007. Res gestae divi Augusti, a cura di O. Rossini, Roma 2009. A. E. COOLEY, Res Gestae Divi Augusti, translation and com., Cambridge 2009. M. MALAVOLTA, Arcani imperii. Lessico politico delle res gestae divi Augusti, Roma 2009. A. FRASCHETTI, Augusto , Bari 2013. Augusto. Catalogo della mostra (Roma, ottobre 2013-febbraio 2014; Parigi, marzo-luglio 2014), a cura di F. Coarelli, Milano 2013.

Note al testo

[1] Il testo è qui presentato secondo le integrazioni di Alison E. Cooley, Res Gestae Divi Augusti, traslation and commentari, Cambridge 2009.