Che cosa si deve propriamente intendere per catechesi dei bambini e dei ragazzi di “ispirazione catecumenale”? (III parte: Alcune riflessioni sull’impasse creata dal “modello” catecumenale), di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 02 /09 /2011 - 16:17 pm | Permalink | Homepage
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Presentiamo sul nostro sito la III parte di uno studio di Andrea Lonardo sull’Iniziazione cristiana. Clicca qui per leggere la I parte, la II parte, la III parte, la IV parte, la V parte, la VI parte, la VII parte, l'VIII parte e la IX parte. Per approfondimenti sull’iniziazione cristiana, vedi su questo stesso sito la sezione Catechesi e pastorale.

Il Centro culturale Gli scritti (2/9/2011)

1/ Il cosiddetto “modello” catecumenale per l’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi e la posizione del Credo e della Preghiera del Signore

Non appena si passa dalla teoria alla concreta esperienza catechistica appaiono evidenti le contraddizioni in cui si cade se si pretende di erigere un presunto “modello catecumenale” per la catechesi dell'iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi già battezzati – diverso è accogliere,  invece, gli stimoli di una più generale ispirazione catecumenale che appunto deve essere precisata.

Si pensi, ad esempio, all'introduzione alla preghiera. Nel catecumenato degli adulti la consegna del Padre nostro segue quella del Credo. Talvolta le sperimentazioni che si richiamano al catecumenato prevedono un'analoga successione: prima il Credo e poi il Pater – ad esempio a distanza di un anno – anche per i bambini, così come avviene per gli adulti.

Ma questo è contro tutta la logica dell'iniziazione cristiana dei bambini ed è contro la loro naturale disposizione a rivolgersi nella preghiera a Dio! La catechesi di bambini già battezzati deve proporre subito la preghiera del Padre nostro così come le altre preghiere cristiane, mentre l'esplicita riflessione sul Credo può essere rimandata.

È un esempio – a nostro avviso estremamente significativo – che segna una differenza che non può essere trascurata e che fa capire come non si possa assolutamente utilizzare il catecumenato come un “modello”.

2/ Un pre-catecumenato per l’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi già battezzati o piuttosto uno “stile” che mostri il fascino del vangelo?

Un secondo esempio che è almeno altrettanto significativo: il catecumenato si struttura a partire da un periodo previo, chiamato pre-catecumenato, che da poi accesso tramite il rito dell'accoglienza al catecumenato vero e proprio.

Nel catecumenato degli adulti questo pre-catecumenato può essere pensato come un momento di primo annunzio nel quale la persona non ancora credente matura una prima adesione alla fede.

Questa impostazione non ha un parallelo nella catechesi dei bambini e dei ragazzi. Per essi l'annunzio non è un momento previo, bensì è lo stile che deve caratterizzare la presentazione di ogni contenuto e di ogni esperienza dell'itinerario. Sia che si parli della creazione, che della confessione, sia che si viva l'esperienza di un ritiro o del servizio, essi debbono percepirne la novità per comprendere che vale la pena essere cristiani.

È invece assolutamente astratto pensare che alla loro età e nella loro condizione di battezzati a questo debba essere dedicato un tempo previo, che verrebbe a cadere introno alla III elementare, cioè a 7 o 8 anni!

Fra l’altro la riproposizione di un pre-catecumenato per i bambini ed i ragazzi già battezzati cui segue un presunto “rito di accoglienza” fa dimenticare – in molte sperimentazioni, come abbiamo già notato, questo è assolutamente evidente – la questione realmente significativa che è quella della capacità della catechesi di generare alla fede cristiana sciogliendo le obiezioni ad essa e mostrandone la verità, la bellezza e la bontà. Di questo ha realmente bisogno la catechesi di bambini e ragazzi.

3/ Quale “storia della salvezza” mettendo in sordina creazione, incarnazione e parusia? 

Una terza questione che proponiamo merita una riflessione ulteriore. L’affermazione che la Parola di Dio deve essere riportata al centro della catechesi non è ovviamente caratteristica di un “modello” catecumenale, ma all’interno di quell’orizzonte si colora di alcune connotazioni particolari.

In talune sperimentazioni la Bibbia non è solo presente – fatto che è ovviamente un bene - ma lo è a partire da schemi che non derivano dal catecumenato bensì da una divulgazione di scelte esegetiche non sempre condivisibili.

Si pensi solo al punto di inizio. La Bibbia non inizia con la Pasqua e nemmeno con la proclamazione del regno e nemmeno con l'incarnazione, bensì con la creazione. Molte delle sperimentazioni, invece, scelgono di iniziare dalla vita di Gesù e dalla sua vita a partire dal battesimo (omettendo il Natale).

È diventato quasi un luogo comune ritenere che si debba partire dal vangelo di Marco – e, quindi, omettere la nascita del Signore (anche se molte delle sperimentazioni, non appena arrivano all'avvento, aprono ovviamente il vangelo di Luca, senza averlo dichiarato in partenza!).

Si potrebbe decidere invece, per essere più fedeli alla Bibbia ed al catecumenato antico, di prendere inizio piuttosto dalla creazione e dal peccato. E proseguire poi con l'elezione del popolo ebraico, sottolineando così che Dio vuole preparare il dono del suo Figlio.

Giunti poi alla persona di Gesù si potrebbe decidere di iniziare dall’incarnazione e non dalla vita pubblica, preferendo Matteo, Luca e Giovanni a Marco.

L'impostazione più seria della questione sembra essere quella proposta da Sofia Cavalletti nel suo volume Il potenziale religioso tra i 6 e i 12 anni. Descrizione di una esperienza, Città Nuova, Roma, 1996. La Cavaletti non si sofferma inizialmente tanto sui singoli episodi della Bibbia, quanto sull'unità della storia della salvezza, come processo rivelativo dell'unico Dio, insistendo all'inizio sulla relazione tra i tre grandi momenti culminanti che si illuminano reciprocamente: creazione, incarnazione e parusia.

Al di fuori di questo schema, la Bibbia diviene un ricettacolo di fatterelli che riguardano questo o quel personaggio, senza che emerga il senso di una storia che ha un inizio, un suo centro ed un suo compimento – storia nella quale il bambino ed i suoi genitori possono situare anche la loro esistenza[1].

(continua)

Note al testo

[1] Sulla “storia della salvezza” nella catechesi in Sofia Cavalletti, vedi su questo stesso sito La storia della salvezza nella catechesi. Rileggendo Sofia Cavalletti, di Andrea Lonardo.